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Il palloncino magico

Post n°5 pubblicato il 07 Ottobre 2010 da nuraghin45

IL PALLONCINO MAGICO

Seconda parte

Ad un tratto grandi uccelli si misero a volare davanti a loro, ma quando il cane si mise ad abbaiare, si dileguarono lanciando alte grida stridule.

Le grosse zampe dell'elefante riuscirono a guadare un torrente dalle acque spumeggianti e gelide che trascinavano rami e tronchi. Dovettero camminare ancora per sette giorni ed infine i tre giunsero alla base della rocca. Sollevarono lo sguardo e videro che il sole si nascondeva dietro le possenti muraglie e calava lentamente tingendo le torri di rosso.
I tre erano felici d'esser riusciti a seguire il percorso esatto per giungere alla meta, nonostante i numerosi ostacoli, ma ora provavano una grande inquietudine guardando quella tetra fortezza che forse era diventata una tomba per coloro che avevano cercato di penetrarvi.
L'enorme portale era socchiuso e l'elefante lo spinse appoggiandovi la testa. La porta s'aprì con un fortissimo cigolio e ai nostri tre amici apparve un cortile spazioso e vuoto.
Erano troppo stanchi per procedere nella ricerca e decisero di riposarsi per quella notte. Avevano con sé ancora molte provviste e, dopo aver cenato, s'addormentarono nel vasto salone del castello. L'indomani mattina iniziarono ad esplorare il sotterraneo. Avrebbero cercato di scoprire tutti i passaggi nelle due ricognizioni consentite. Dopo aver trovato la giusta strada sarebbero riusciti nell'impresa, la terza volta. L'elefante era troppo grosso per poterli seguire. Lui sarebbe rimasto ad aspettarli e, in caso di bisogno, li avrebbe aiutati in qualche modo.

Per primo andò avanti il cane. Con il suo fiuto non avrebbe avuto difficoltà a ritrovare la via del ritorno. La principessa lo seguì stando attenta a non inciampare sul pavimento sconnesso. Ben presto s'accorse che l'impresa era pressoché disperata. Alle pareti stavano appesi grandi specchi che confondevano ancora di più, e i corridoi si diramavano continuamente a destra e a sinistra creando incertezza e disorientamento. A tratti s'udivano strani e paurosi rumori che venivano ampliati e distorti dal complesso dei cunicoli.
La fanciulla teneva in mano una torcia per illuminare il percorso e temeva d'incontrare trappole o botole aperte sul pavimento. Dovette camminare sulla sabbia, su un ponticello traballante, su uno strettissimo palo sospeso nel vuoto, su migliaia di biglie, sul ghiaccio sdrucciolevole; dovette attraversare bassi, lunghi e stretti cunicoli dove mancava anche l'aria, dovette calarsi in profondi pozzi, ed infine si trovò davanti ad una stanza allagata.

Il percorso finiva lì. Non era quella la strada per arrivare al palloncino. Ora bisognava tornare indietro. Risalì i pozzi, riattraversò i cunicoli, ripassò sul ghiaccio, sulle biglie, sul palo, sul ponticello, sulla sabbia, e poi si trovò di nuovo tra gli specchi e i corridoi. Il cane procedeva sicuro ma ad un certo punto si fermò disorientato. Un forte odore di fumo proveniva non si sapeva da dove e la povera bestia non era più in grado di ritrovare la via. I due iniziarono a vagare senza capire più niente e si ritrovarono sempre nello stesso luogo. Il tempo passava e anche l'elefante cominciava a preoccuparsi. Allora s'avvicinò all'ingresso e si mise a lanciare lunghi barriti. Il cane rizzò le orecchie e sentì distintamente il lontano richiamo. Allora iniziò a camminare nella direzione di quel suono e s'accorse che, secondo la strada presa, il barrito diveniva più forte o più debole. Infine capì qual era il giusto percorso e, dopo tanto girare e camminare, i due trovarono l'uscita.

La stanchezza era tanta che quella notte dormirono tutti e tre profondamente. L'indomani mattina la principessa stava per proporre d'abbandonare l'impresa, ma poi guardò gli occhi dell'elefante e non ebbe più il coraggio di dire nulla. Bisognava tentare, almeno un'altra volta.
Ma ora non si sarebbe più fidata del fiuto del cane, avrebbe cercato un sistema più sicuro per orientarsi nel labirinto. Pensa che ti pensa, capì che solo lasciando delle tracce avrebbe avuto la certezza di non sbagliare. Ma come fare queste tracce? Occorreva della vernice e un pennello per disegnare delle frecce nei luoghi attraversati. Frugò dappertutto nel castello, ma trovò soltanto dei grossi barattoli di marmellata alla fragola. Vide che si poteva usare per segnare le pareti e decise di portarne con sé una buona provvista, insieme con un cucchiaio. I due erano pronti per compiere il secondo tentativo. Questa volta cambiarono strada e si trovarono ad arrampicarsi su ripidissime scale, a scivolare lungo scoscesi pendii, ad attraversare corridoi che si facevano sempre più stretti, a dover saltare delle barriere. Ad ogni svolta la fanciulla lasciava una traccia con la marmellata, assicurandosi che fosse ben evidente. Alla fine i due amici si trovarono davanti ad un'inferriata chiusa. Al di là c'era una grande sala con un tavolo di legno sul quale erano appoggiati numerosi scrigni. Forse erano arrivati al palloncino magico, ma come fare per entrare? La principessa avvicinò la torcia alla porta e vide un cartello. Si mise a leggere:

- Il palloncino, lo vedi, è qua
ma non puoi averlo senza pensar.
La porta s'apre una volta l'anno,
solo i sapienti questo lo sanno.
Solo in un dì s'apre la porta,
nella nottata che è la più corta.

La fanciulla fu felice per essere giunta nel luogo dove si trovava il palloncino, ma s'arrabbiò perché l'inferriata era chiusa. Provò e riprovò a scuotere quel pesante cancello, ma non si mosse neppure di un millimetro. Pareva inchiodato alle pareti. Rilesse il messaggio, ma non lo capì. Forse non era abbastanza sapiente da conoscere la risposta. Che cosa significava "nella nottata che è più corta"? Forse le notti non avevano tutte la stessa lunghezza? Lei non le aveva mai misurate, e le pareva che fossero proprio tutte uguali. E i giorni non erano forse tutti uguali? Non ci capiva più niente. Il tempo passava ma la porta non si apriva. Dal fondo della sala, ad un tratto, udì una voce.

- Fanciulla! Fanciulla! Non andar via! Salvami!

La principessa non credeva alle sue orecchie. Guardò meglio nell'oscurità e vide un vecchio con una grande barba bianca che avanzava lentamente. Alla fine egli giunse all'inferriata e continuò con voce tremolante:

- Io sono l'ultima persona che ha cercato di prendere il palloncino magico, ma la porta si è richiusa al mio terzo tentativo, prima che io potessi uscire. Molti altri erano entrati prima di me, ma si sono persi nel labirinto e di loro non si sa più nulla. Se vuoi impossessarti del palloncino magico, dovrai tornare qui nel solstizio d'estate. In quel giorno la porta s'aprirà, ed io potrò uscire da questo posto maledetto. Però tu dovrai venire da sola, senza il tuo cane. Per ritrovare la via d'uscita potrai servirti del filo di Arianna.

Nel sentire quelle parole la principessa si confuse tutta. Non aveva capito quasi niente. Che cosa voleva dire "solstizio"? E che cosa era il Filo di Arianna? Provava vergogna nel chiedere spiegazioni, perché una principessa non poteva essere così ignorante, ma alla fine capì che se voleva raggiungere il suo scopo doveva servirsi della sapienza del vecchio. L'uomo sorrise quando sentì le sue domande e rispose:

- Il solstizio d'estate è il 21 giugno, ed è il giorno più lungo dell'anno. Io ho tenuto scrupolosamente il conto del tempo che passava e mancano ancora sette giorni al solstizio. Tu conta sette giorni da oggi e poi ritorna qui. Per essere più sicura ogni mattina traccia un segno con un coltello affilato sopra un ramo. Quando avrai tracciato sette segni, saprai che è giunto il giorno fatidico. Mi raccomando, non dimenticarti. Ora risponderò alla tua seconda domanda. Il Filo di Arianna è un semplice gomitolo che tu srotolerai man mano che avanzerai nel labirinto. Al ritorno l'arrotolerai e così arriverai, senza sbagliare, al punto di partenza.

 

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