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Dal Diario di Fulov Fuori, nel buio, si sentiva un coyote latrare, mi avvicinai alla finestra per scorgere la sagoma della bestia, inutilmente, se ne stava ben rintanato il vigliacco! Rabbrividendo per il freddo intenso tornai vicino al fuoco, avevo bisogno di riscaldarmi e di mettere qualcosa di buono nello stomaco, avevo passato l’intera giornata a cavallo nella prateria. Mentre l’acqua bolliva, mi versai un goccio di torcibudella, il freddo mi passò di colpo; di nuovo sentii il verso del coyote, più vicino questa volta, istintivamente portai la mano alla colt… “maledetto coyote” pensai e sputai nel fuoco sperando di non centrare la pentola che gorgogliava … dalla cassetta del cibo prelevai due grosse manciate di pasta che gettai nella pentola, era una pasta speciale che avevo trovato nell’emporio di Joe lo zoppo, vera pasta italiana: “italian macaroni” era scritto sull’etichetta . Mentre la pasta cuoceva cominciai a preparare il sugo, aprii una scatoletta di carne di manzo facendo leva con il coltello che usavo per scuoiare i bisonti, con lo stesso sistema aprii anche una scatola di pomodori, versai tutto nella padella che era sul fuoco, intanto cominciai a girare la pasta, pregustando la meritata pappata che avrei fatto di li a poco. Un nuovo ululato mi fece trasalire, di nuovo quel bastardo di un cane selvatico… impugnai una delle racchette da neve appesa alla parete della capanna e scolai la pasta, la versai nella padella e cominciai a mescolare il tutto, aggiungendo dell’olio, del peperoncino messicano e un bel pizzico di origano che avevo trovato sull’altipiano. La pasta cominciava a colorarsi di un bel rosso bruno, era un colore che mi piaceva, mi faceva pensare alla sottana di Mary la Rossa che ballava il can can nel Saloon di El Paso… sono sempre stato un sentimentale… ma non era il momento di distrarsi, la cena finalmente era pronta! Misi il piatto in tavola, spostando la sella e gli stivali, stappai una bottiglia di quel vino che avevo rubat… preso a Durango e mi sedetti con l’acquolina in bocca, pronto a divorare quel piattone di pasta che avevo preparato. Ancora una volta senti l’ululato di quella bestia, vicinissimo, “figlio di un cane” urlai e mi alzai di scatto brandendo ‘Matilda’ la mia sei colpi nella sinistra e un forchetta, ancora immacolata, nella destra… mi girai, le bavette emanavano un profumo invitante… decisi di ignorare quel rognoso sacco di pulci che aveva deciso di rovinarmi la cena, riposi la pistola nel fodero, mi calcai ben bene il cappello in testa e mi tuffai, letteralmente , sulle mie bavette del cow boy!! |
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