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BACHECA * Morte perinatale, intrauterina: Avvisi associazione, attività svolte, novità e tutto quello che riguarda queste meravigliose stelle.
GIORNATA DEL RICORDO
Il 15 0ttobre - ore 19.00
accendiamo una candela, per ricordare i nostri bambini, quelle stelle che hanno fatto parte della nostra vita e che occupano parte del nostro cuore tutti i giorni.
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Dr. Herbert Heidegger Nel presente testo si evitano intenzionalmente dettagli di carattere medico INTRODUZIONE DEFINIZIONE INCIDENZA La bibliografia indica un’incidenza dell’1%. CAUSE LA NASCITA Il 90% dei bambini morti nel grembo materno verrebbero espulsi spontaneamente entro le due settimane successive al decesso. Oggi tuttavia è prassi affermata indurre il parto subito dopo la diagnosi. Spesso è la donna a chiedere di partorire il prima possibile. Attendere qualche giorno prima di avviare il parto consente ai genitori di “rendersi conto” della morte del bambino. In seguito allo shock iniziale, molte donne hanno la sensazione di volersi “liberare” del bambino prima possibile. Anche a loro va comunque dato il tempo di riflettere, di abituarsi all’idea. Questo sarà fondamentale per l’elaborazione della perdita. L’ideale sarebbe un parto per vie naturali, ma per molte donne è insopportabile l’idea di mettere al mondo il loro bambino già morto. In questa fase è fondamentale la massima cautela, dimostrare sensibilità e offrire assistenza. ”Bisogna aiutare a nascere chi ha già lasciato questa vita” (Mehl, G.: Zeite Nr. 3/1986, Pag. 42). ANALGESIA DURANTE IL PARTO E’ opinione comune voler risparmiare il dolore del parto alla donna costretta a mettere al mondo un bambino morto. La preferita fra le tecniche di analgesia è l’anestesia epidurale. Spesso tuttavia si somministrano anche oppiacei o una narcosi durante la fase di espulsione nella convinzione di far risparmiare energia alla partoriente. In realtà più che giovare alla donna, ciò risparmia all’equipe terapeutica la sua prima reazione. Le donne che ritengono di dover vivere il parto consapevolmente rinunciano alla somministrazione di antidolorifici. “ Il dolore fisico diventa una modalità per elaborare il dolore spirituale, le urla un sistema per rompere il silenzio causato dallo shock subito”. Analgesici e sedativi vanno somministrati su richiesta della partoriente. Lacrime e sfoghi emotivi non vanno soppressi per nessun motivo. IL RUOLO DEL MEDICO E DELL’OSTETRICA ALLA NASCITA DEL NEONATO MORTO IL TRATTAMENTO DEL BAMBINO MORTO Il primo contatto In passato si preferiva risparmiare ai genitori un dolore inutile evitando qualsiasi contatto col bambino. Per lo stesso motivo si evitava di parlare del neonato schivando ogni vicinanza diretta. Dopo la nascita di un neonato morto, i genitori si ritrovano soli, senza speranza, senza più progetti di una vita col bimbo. Nei primi studi (1968-70) si definisce la perdita del bambino “NON EVENT” ossia la perdita di una persona non ancora esistente e senza nome. L’esperienza ha invece dimostrato l’importanza di un contatto diretto col bambino morto. In alcuni casi si verifica il cosiddetto effetto del “bonding” (termine inglese per indicare legame, attaccamento, n.d.t.). A tempo debito i genitori vanno informati sull’ipotesi di vedere il bambino, eventualmente sulla possibilità di prenderlo in braccio e addirittura esortati a farlo. Il medico e l’ostetrica sono un modello: se si approcciano al bambino con rispetto, naturalezza e senza timori anche i genitori ne seguiranno l’esempio. Alcune donne raccontano di un sentimento di euforia, nonostante il bambino morto, come se il corpo reagisse agli eventi solo gradualmente: prima ci sono il parto e la gioia, il dolore arriva solo più avanti. I genitori vanno messi nelle condizioni di avvicinarsi gradualmente al bambino. La prima carezza viene data con timidezza, prima toccheranno un ditino, poi la manina, poi tutto il bimbo (questo schema replica il modello comportamentale della nascita normale). I genitori vanno lasciati soli col bambino. Se non vogliono vederlo per paura, sarà compito dell’ostetrica affrontare con loro questi timori e sondare se desiderano una descrizione del bambino. L’ostetrica può descrivere il neonato attraverso gli occhi dei genitori. Poi si allontanerà dalla stanza lasciando ai genitori la possibilità di guardare il piccolo: di norma la curiosità è più forte della paura. Gran parte dei genitori percepisce questo contatto come esperienza positiva. Alle donne che non vedono il bambino può succedere di interrogarsi poi per lungo tempo sull’aspetto di loro figlio. Ciò succede spesso alla donne che partoriscono bambini affetti da malformazioni. In alcune pazienti la fantasia sulla “anormalità” del bambino arriva all’eccesso. Molto spesso queste idee prive di concretezza sono difficili da sopportare. Il personale medico vede il bambino con l’occhio clinico di chi è in grado di riconoscere la malformazione. I genitori invece guardano loro figlio col cuore: toccano le manine, i piedini, la boccuccia, sono addirittura in grado di percepire le somiglianze e far passare la malformazione in secondo piano. Si parla in questo caso di percezione selettiva positiva, quella che di norma resta impressa nella mente. Più il contatto col bambino è concreto, più si escludono pericolose fantasie su di lui. Tenerlo in braccio, magari anche lavarlo e vestirlo aiuta a creare un legame tra genitori e bambino. RICORDI http://www.provincia.bz.it/sanita/downloads/bioetica/capitoli/9.doc |
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