Creato da ildalla il 16/10/2007

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Benzina a 2 euro nel 2009?

Post n°151 pubblicato il 14 Maggio 2008 da ildalla
Foto di ildalla

La corsa del petrolio non conosce freni ed apre nuovi scenari. Il traguardo dei 120 dollari al barile di brent è stato prima solleticato ed ora superato con una facilità disarmante. Al di là delle mere speculazioni finanziarie, è indubbio che qualcosa è cambiato.

Prendiamo il caso del Nymex di New York, la borsa mercantile, in cui è trattata la compravendita di greggio. Il petrolio, nei futures di giugno, ha raggiunto la quota di 122,73 $ al singolo barile, un prezzo più che raddoppiato rispetto a soli 12 mesi fa.

Dall’altra parte dell’Atlantico, a Londra, le cose non vanno meglio, dato che il brent segna il suo record storico, con 120,35 dollari a barile. Dietro a questa escalation vi sono le voci che la stabilità della Nigeria, uno dei maggiori produttori di petrolio, è minata da litigi interni, sia a livello diplomatico sia sindacale. Ma questo da solo non può spiegare il fenomeno che è in atto.

Da una parte c’è il costante aumento della domanda di Brasile, Russia, India e Cina (Bric) mentre sull’altro versante v’è la crisi del dollaro americano, il quale sta vivendo la sua peggiore crisi del dopo Bretton Woods. Anche l’Opec, l’organizzazione dei paesi produttori di oro nero, tramite Abdullah al-Attiyah, ministro del Petrolio in Qatar, ha ribadito le sue precedenti posizioni, cioè che il mercato ha la fornitura necessaria per soddisfare la domanda. Infatti, la principale problematica dell’Opec non è legata alle richieste correnti, quanto alle riserve strategiche di greggio, in diminuzione.

Ora, con il superamento della soglia psicologica dei 100 dollari ed il consolidamento verso l’alto di tal prezzo, si prospettano nuovi scenari non solo economici, ma anche politici. Come ricordano alcuni analisti di Goldman Sachs, dopo questa soglia, si potrebbe superare quella dei 200 dollari al barile entro pochi anni. Più precisamente, entro il 2009, l’oro nero potrebbe toccare il picco di cui sopra, salvo scendere intorno ai 75 dollari nel 2011, in causa ad un razionamento dei consumi negli Stati Uniti.

Il problema derivante dal raggiungimento dei 200$ sarebbe naturalmente il costo dei prodotti lavorati del petrolio, carburanti in primis, con la benzina che può arrivare a 2€ per litro. Ma anche in questo caso, il mercato sta subendo la speculazione incontrollata sulla domanda aggregata di materie prime, la stessa che ha portato la crisi alimentare in atto. C’è da ricordare che un processo di industrializzazione come quello in atto nei paesi in via di sviluppo come quelli del Bric e che è fisiologica la crescita della richiesta di risorse per tale processo. Lo stesso, fra l’altro, che ha vissuto tutto il resto del Mondo che consideriamo sviluppato. Certamente anche noi avvertiamo che qualcosa sta mutando, che un nuovo cambiamento è in atto, ma non siamo ancora del tutto consapevole della portata di questo vento. Dove c’è miseria, perché la storia umana è caratterizzata da essa, il capitalismo ha portato innovazione e benessere, due fattori che hanno dei costi, che l’attuale congiuntura economica amplifica e ripercuote su larga scala.

V’è ancora uno scenario che si può prospettare, a livello macroeconomico, ed è quello legato alla crescita mondiale, come ricordato anche dal Fondo Monetario Internazionale. Con la domanda sempre più elevata, la crescita in diminuzione verso la stagnazione, il rallentamento dei consumi, il deprezzamento del dollaro e l’ascesa del costo dei carburanti, l’economia mondiale rischia di non poter tornare verso i lidi sicuri della curva entro poco tempo.

Si può affermare che, proprio per variabili impazzite che sono in atto, siamo vittime impotenti di una serie di coincidenze, che in realtà si potevano anche prevedere. Esattamente come per i rischi legati alle cartolarizzazioni di crediti immobiliari fallati che hanno accresciuto e poi fatto esplodere la bolla dei subprime, anche per il petrolio si poteva immaginare uno scenario simile. Ora, però, il rischio maggiore è quello che non si colga la gravità della malattia dell’economia.

 
 
 
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