Creato da ildalla il 16/10/2007

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Dendera

Post n°182 pubblicato il 09 Giugno 2008 da ildalla

Dendera è una località dell'Alto Egitto situata sulla riva sinistra del Nilo a una sessantina di chilometri a nord di Luxor. Il tempio della dea Hator che vi si trova è una gigantesca costruzione quadrangolare di circa ottantun metri per quarantacinque. I tre quinti del tempio sono sotto il suolo e consistono in dodici cripte con bassorilievi che dovettero apparire incomprensibili fino a quando Edison commerciò la prima rudimentale lampada a incandescenza nel 1878.
Nel 1934 un altro egittologo francese, Emile Chassinat, fotografò i bassorilievi disegnati da Mariette.
Negli anni ottanta due scrittori austriaci, Peter Krassa e Reinald Habeck, dopo aver visionato fra i volumi di una biblioteca le foto di Chassinat, partirono alla volta di Dendera per rendersi conto se quanto avevano visto corrispondeva a realtà. Le foto delle cripte, pubblicate nel loro libro "La Luce dei Faraoni", non lasciano dubbi.
Fin dal 1934 vedendo quelle immagini si poteva dedurre benissimo cosa potessero rappresentare. Ammettiamo pure che fossero rimaste nel classico "dimenticatoio del tempo"; ma negli anni ottanta quando Krassa e Habeck le riscoprirono, qualunque egittologo era in grado di trarre le dovute conclusioni.
A Dendera è in atto un "cover up" in piena regola. Il viaggiatore tedesco Peter Ehlebracht indagò sul caso e riferì nel suo libro "Haltet die Pyramiden Fest", sui numerosi saccheggi archeologici di cui è stato vittima l'Egitto, evidenziando le "falle" delle versioni ufficiali. Sul trafugamento dei bassorilievi di Dendera, effettuato nel 1973, gli fu intimato di tacere.
Siamo concordi con Ehlebracht che lastre di pietra larghe alcuni metri non si staccano con vanghe e picconi. Anche il trasporto fu coperto. Il tutto richiese mesi di lavoro e quindi vi fu la collaborazione dei custodi e delle autorità. Dalle indagini compiute da Peter Ehlebracht risulterebbe che i frammenti del tempio di Dendera siano stati portati negli archivi del Louvre.
Rimangono poche figure scolpite alle pareti. Da quanto abbiamo visto in un documentario in uno stretto corridoio, di 1,20 metri di larghezza e 4,60 metri di lunghezza, una "
cripta" accessibile; per questo forse sono gli unici rimasti dato che non è facile lavorare in tale angusto ambiente.
Le cripte mostrano sacerdoti che sorreggono un fiore di loto, fiore dell'illuminazione, il cui gambo è collegato via terra ad un contenitore (accumulatore di energia?) sul quale il dio dell'aria Sciu sorregge un grosso contenitore di vetro dalla forma di una
lampada allungata che fuoriesce dal fiore di loto stesso e all'interno del quale vi è raffigurata una serpe che si alza sulla coda (Ureus). La si può immaginare sibilante come a rappresentare la scarica elettrica, il Ka, la forza vitale. Sotto la lampada un pilastro Zed, simbolo dell'energia, con forma simile ai moderni isolatori di tensione i cui bracci entrano all'interno della lampada. Davanti, in piedi, il dio Thot, portatore di luce, con due coltelli fra le mani per segnalare un pericolo. In pratica grosse lampade con un filamento interno formato da una serpe che guizza, che sta a significare un pericolo e lo sfrigolio della scarica elettrica.
L'interpretazione dei geroglifici rinvenuti a Dendera operata da W. Waiktus, fisico e filosofo, laureatosi con una tesi sul significato di queste iscrizioni nel 1991, conferma che i rilievi riproducono procedimenti elettrotecnici che richiamano alla mente l’apparecchio con il quale Roentgen produsse i raggi X nel 1895.
Il modello ricostruito nel 1990 in laboratorio, dall'ingegnere elettronico Walter Garn, dimostra che si trattava di lampade ad incandescenza.
In un altro curioso
bassorilievo, l'ingegner Garn identifica la raffigurazione di un apparecchio galvanico. Chissà cos’altro possono essere le famose "pietre delle serpi" come le chiamano gli archeologi, che non si trovano solo a Dendera, ma anche a Edfu e Komombo.
Viene supposto che nelle pareti delle altre cripte del tempio di Hathor vi fossero raffigurate tecnologie avanzatissime; forse più avanzate di quelle acquisite fino ad oggi dalla nostra civiltà.
Dato che i bassorilievi sono stati nascosti siamo autorizzati a pensare che la loro visione ci avrebbero obbligato a riscrivere alcune pagine della storia umana.
È certo, quindi, che gli egizi conoscevano l'elettricità. Ma non erano i soli.
Numerosi autori classici descrivono che nel tempio di Hadad (Giove) a Baalbek, vi erano pietre per fornire luce nelle ore notturne.
Plutarco scrive di aver visto nel tempio di Jupiter una lampada perpetua che né vento né acqua poteva spegnere.

I bassorilievi di Dendera svelano il mistero di come sia stato possibile per gli artisti del mondo antico lavorare senza luce solare, lampade ad olio o torce, nelle tombe e nei sotterranei, situati a volte ad una profondità di cento metri.
La luce riflessa dagli specchi d’argento non era certo sufficiente ad illuminare al meglio tali ambienti.
Non sono stati trovati residui di grasso e segni di combustione sui muri e sopra gli impiantiti, tipiche tracce lasciate dall’uso di lampade ad olio o torce.
Citando lo scrittore dell'insolito Charles Fort, stiamo trattando fatti "dannati" che oggi l’uomo deve considerare perché in ogni modo si tratta di "fatti", non coincidenze, che possono dare adito a diverse interpretazioni.
Se c’è stato un evento che ha sconvolto l’ordine delle cose; che ha costretto l’umanità a retrocedere nel suo sviluppo evolutivo nel campo delle conoscenze, obbligando coloro che detenevano il potere ha operare una scelta nell’intento di rimettere ordine, di ricostruire un sistema, è tempo di rivelare l’evento; di riconoscere di aver voluto sopprimere alcune verità, in piena buona fede nessuno lo mette in dubbio; ma è giunto il momento di ammettere che qualcuno ha rivolto le cose a proprio vantaggio profittando di alcune situazioni particolari verificatesi nel corso del tempo; che alcune di queste scelte si sono dimostrate errate.
Siamo pienamente d’accordo; l’umanità è rimasta quella di sempre, da millenni; con i suoi egoismi, pregiudizi, timori, tabù, presa dagli interessi personali, intenta a tramare congiure e intrighi; ma non è il caso di chiedersi quale umanità avrebbe popolato oggi il mondo, se invece di nascondere la verità la si fosse divulgata? Non lamentiamoci di come va il mondo se è nostra usanza tacere, occultare, travisare i fatti.
È tempo che qualcuno reciti il "mea culpa".


 
 
 
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