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Trezeguet: "Della grande Juve restano i tifosi. Tutto il resto non lo riconosco più"

Post n°4301 pubblicato il 21 Marzo 2011 da nadir63l
 

David: "A Torino ho imparato a vincere. Ora questa mentalità è sparita. Andrea Agnelli? Deve essere aiutato"
Fonte: di Hervè Bricca per stadiogoal.it
© foto di Federico De Luca

L'ex attaccante della Juventus, David Trezeguet, ha rilasciato una lunga intervista esclusiva ai microfoni di stadiogoal.it:

David, dal Monaco alla Juve. Tutto iniziò cosi...
"Da una squadra-famiglia ad una realtà molto più importante, con obiettivi e storia diversa e una tifoseria immensa. Un cambio non da poco, consigliato da Zidane, Platini e Deschamps. Ancelotti fu il primo tecnico, giocavo con compagni che avevo ammirato in tv. Un sogno. Arrivavo dal gol decisivo agli europei del 2000 segnato all'Italia, ho avuto bisogno di tempo per adattarmi. Davanti a me c'erano grandi giocatori. Non solo quelli che ricordano tutti come Inzaghi, Del Piero, Kovacevic, ma anche Fonseca ed Esnaider. Mi ricavai il mio spazio verso la fine del campionato. Quell'anno non vincemmo nulla ma avevo conosciuto bene quella che poi sarebbe diventata 'casa mia': la Juve".

Poi arrivò un signore che si chiama Marcello Lippi...
"Un idolo dei tifosi. Me ne resi conto subito, nel primo allenamento a Chatillon, in Valle d'Aosta. Era stato più applaudito
lui che noi giocatori. Incredibile. Ci trasmise una mentalità e voglia di vincere eccezionale. Avevamo cambiato sistema di gioco e parecchi giocatori. C'erano dubbi anche su di me. Inzaghi era andato al Milan, ero diventato la punta titolare e qualcuno era scettico. Invece andò benissimo. Vincemmo uno scudetto tanto sudato quanto bello. Al pari dell'ultimo che ho vinto con Capello.
Fantastico. Perché con i giocatori che c'erano quell'anno, se non capitava quel che è capitato, si sarebbe vinto ancora tanto,
compresa quella Champions che è la vittoria che mi è più mancata".

Ma quanti scudetti hai vinto in bianconero?
"Per me sono assolutamente 4, vinti con pieno merito sul campo. Il resto è un'altra storia. Vedremo appunto la Storia, con la S maiuscola, cosa dirà".

Parlavi di Capello e dell'ultimo scudetto. Poi arrivò la mazzata della B.
"Rimasi perchè volevo vincere ancora prima di andare via e rimarrà una piccola amarezza che mi porterò dietro. Una scelta difficile, anche perché ricordo i discorsi che ci facemmo tra noi giocatori alla fine dell'ultima partita a Bari, con lo scudetto in mano. Il patto era: andiamo in vacanza, torniamo e vinciamo sta benedetta Champions. Invece, due mesi dopo, era un disastro. Mi sono ritrovato senza gente come Ibra, Vieira, Cannavaro, Emerson. C'erano ragazzi della Primavera e altri che tornavano dai prestiti. Era cambiato tutto, anche a livello societario. Per fortuna Deschamps sapeva cosa fare e i giovani capirono subito. Vennero fuori i Giovinco, i Marchisio, Chiellini esplose, erano rimasti Camoranesi,Nedved, Del Piero e il sottoscritto. Era diventato un gruppo meno qualitativo ma ancora più unito, familiare, più umano. Che ha scritto una storia importante:
tornare dalla B alla A".

Ma quando sei alla Juve questi ricordi bisogna dimenticarli in fretta.
"Io ho prolungato il contratto pensando che la Juve tornasse subito a riprendersi ciò che le era stato tolto. Non andò cosi. Nulla era più come prima. Capii che per tornare a vincere sarebbe trascorso molto tempo. Io avevo giocato con Conte, Ferrara, Pessotto, Montero, Iuliano: gente che aveva la mentalità vincente. Era sparito tutto".

Un ricordo dell'Avvocato Agnelli e di suo fratello Umberto
"Per l'Avvocato c'era un rispetto sacrale da parte di tutti. Era un'immagine unica. Era uno che non girava intorno alle parole, veniva dritto al punto perché era abituato a vincere. Finire secondi alla Juve non serviva. I discorsi che si fanno ora, il quarto posto, mi vien da ridere: alla Juve o eri primo o non contava niente. I giocatori che venivano a Torino sapevano cosa dovevano fare e se non lo sapevano imparavano in fretta... Il fratello Umberto, altro grande personaggio, ha proseguito sulla stessa strada: voglia enorme di vincere, la sconfitta non era un termine conosciuto e neanche il pareggio era gradito. E si andava sempre a testa alta. Poi è cambiato tutto".

Ora c'è il giovane Andrea...
"Lo ricordo da piccolo, veniva al campo, gli piacevano le partite, era nostro tifoso. Ha visto vincere la Juve, ha annusato subito l'aria migliore. Può diventare col tempo l'uomo giusto. Ma ha assolutamente bisogno di essere aiutato da chi conosce la storia della Juve, il suo dna vincente. Purtroppo ora non vedo nessuno cosi".

Nedved cerca di dare una mano...
"Pavel piano piano si prende più responsabilità. Lui fa parte di quelli che possono insegnarti ad avere la testa giusta. Come Del Piero. Alex spero divenga un giorno Presidente della Juve o qualcosa di simile. Perché lui ha vinto tutto, conosce bene i meandri del mondo Juve e la Juve ha bisogno di gente cosi. Alcuni di oggi, che non sanno dove si trovano, hanno bisogno di capirlo..."

Una volta hai detto: "Della Juve resterò sempre innamorato".
"E lo confermo. La Juve mi ha insegnato a vincere e fatto diventare un calciatore completo. Se pareggiavamo una gara stavamo male per giorni. Se andavamo fuori dalla Champions League era una tragedia: vedevo compagni di squadra che non mangiavano per una settimana. Io sono arrivato giovane, ho apprezzato subito questo ambiente. La Juve è fatta per vincere. La maglia bianconera ha un peso diverso dalle altre: chi è fragile non la può indossare".

Ci spieghi il tuo gesto che mimava l'addio, compiuto in campo davanti a tutti??
"La società non teneva conto dello sforzo fatto per rimanere in B. Volevo un discorso chiaro e preciso di quando si poteva tornare a vincere. Non era questione di soldi, importanti ma non fondamentali. Sino a quel momento non c'era chiarezza. Sono andato in vacanza e, richiamato in sede, ho firmato in due minuti. Il rammarico è che invece non si è vinto nulla dal 2006 in poi"

Perchè hai scelto l'Hercules?
"La Juve non contava più su di me. Dicevano: vogliamo giovani, italiani più che stranieri, sarà una nuova avventura. Discorsi che dopo 10 anni di Juve non potevo neanche ascoltare. Ho fatto le valigie lasciando il posto a qualcuno più adatto a ciò che volevano allenatore e dirigenza. E' venuta fuori Alicante, mia moglie è nata qui. Negli ultimi tempi faticavo ad allenarmi: all'Hercules invece mi sento nuovamente importante. Certo, qui non vincerò nulla ma sono tornato a sentirmi il Trezeguet di sempre. A gennaio potevo andarmene in squadre più competitive ma non sono il tipo che abbandona a metà. La prossima stagione si vedrà. Voglio vincere ancora, magari in Argentina...".

A Torino, ad ogni gol sbagliato, dicono: "Se ci fosse ancora Trezeguet..". Senza parlare dei cori nei tuoi confronti...
"Ho saputo dei cori e ringrazio con tutto il cuore i tifosi. Vuol dire che ho lasciato un buon ricordo, ne sono orgoglioso e tornerò a Torino per ringraziare il nostro splendido pubblico. Sono andato via troppo velocemente ma mi sono guadagnato il rispetto col sudore e l'attaccamento alla maglia. La tifoseria bianconera ti da il massimo ma pretende il massimo. Quando mi ritrovo con Alex, Vialli o altri che ti dicono: 'Sei entrato nel cuore dei tifosi per sempre' vuol dire che ho fatto qualcosa di importante. Volevo diventare lo straniero più 'prolifico' nella storia della Juve e ci sono riuscito. Grazie anche ai tifosi, ai quale dico: arrivederci a presto".

 
 
 
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