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Narducci: c’era una volta e ancora c’è...

di G. Fiorito

Come quegli anziani nella memoria dei quali persiste il ricordo dei giorni lontani e svanisce quello delle cose vicine, Narducci è pronto per la requisitoria del processo di calciopoli. Parte ricordando l’inchiesta che inizia a Torino, dove il giudice Maddalena non trova prove di reato e archivia, mentre la solerte attività napoletana del 2004 espande il raggio di investigazione e intercettazione, finché nel 2007 i carabinieri di Roma tentano di ricostruire i fatti senza mai riuscirci del tutto per la mole di materiale raccolto.

Per il pm è una storia che parte da molto lontano. Avete presente gli ultimi trent’anni di calcio? Nel tempo compreso tra le due vittorie mondiali è tutto falso. La Juve di Pablito, di Platini, di Vialli e Del Piero e anche il Milan stellare. O forse no. Perché è vero che nel calcio scommesse c’era dentro fino al collo, ma tutto cominciò con un affare di giocatori che svendevano le partite, mentre sul finire degli anni novanta iniziarono a essere coinvolti arbitri e dirigenti e si passò a qualcosa di più sofisticato. Un’organizzazione che a guisa di ragnatela estendeva il controllo a tante partite, ma non per ricavarne una vincita in denaro, bensì per vincere i campionati. Coinvolgendo non solo una determinata squadra, ma quelle che con essa si contendevano lo scudetto e altre amiche. Nel tentativo di battere il Milan. Anche se dal canto suo Meani organizzava la difesa con metodi illegali. Anche se la deposizione di Ancelotti non si adatta alle teorie di Narducci e l’allenatore viene tacciato di falsa testimonianza. Anche se gli arbitri coinvolti nell’organizzazione riuscivano a far ottenere al Milan una media punti più alta di quella della Juventus.

Narducci si confonde un poco. Non ha studiato molto, convinto di sapere già tutto e durante le udienze napoletane si è distratto quel tanto che basta per non rendersi conto che le deposizioni dei testimoni e le prove presentate dalla difesa hanno demolito il suo castello accusatorio. Come non riconoscere i tratti dei suoi sottili ragionamenti nelle motivazioni della sentenza Giraudo? Lì si sfiorava il processo all’intenzione di commettere un reato. Qui si elabora una complessa teoria dell’organizzazione della frode sportiva, diversificando le intenzioni attraverso la partecipazione diretta, gli scopi personali e il supporto. Conscio della difficoltà di provare la frode sportiva, ci illumina non sul reato commesso, ma sul pericolo che venga commesso. Inventando il pressing corruttivo, metodo con il quale gli arbitri all’ombra della cupola non erano tenuti a dare rigori e distribuire cartellini rossi ai giocatori, purché ne fermassero il gioco a centrocampo.

In un crescendo rossiniano rispuntano i sorteggi truccati. A nulla è servito far testimoniare i notai e i giornalisti, scoprire che Manfredi Martino udiva i colpi di tosse ma in fondo era lui che ficcava i bigliettini dentro le palline. Della sentenza Teotino non ne sa ancora niente.

E’ ancora convinto che Paparesta sia rinchiuso nello spogliatoio di Reggio Calabria. Non lo ha visto implorare da Piroso che non vuole essere ricordato così e nemmeno deporre al processo, tantomeno ha scoperto che il tribunale di Reggio Calabria ha archiviato da anni il caso, perché quello che conta è la ricostruzione della vicenda attraverso le intercettazioni. Che a volte consentono pure l’appiglio di una captazione ambientale. Come nel caso di Moggi, che fissato con i telefoni, ne utilizza due contemporaneamente e durante l’intercettazione si fa beccare con un certo Gianluca. Per poi sparlare con Giraudo di gente da massacrare a Coverciano e alla quale togliere la patente. La famosa patente a punti di Aldo Biscardi. E se il pm Giuseppe Amato ha archiviato le accuse al fulvo conduttore con la motivazione che la sua trasmissione era basata letteralmente su chiacchiere da bar, che volete che sia? In fondo è con le chiacchiere da bar che ci hanno mandato in serie B.

Riecco Nucini. Ha cambiato versione non si sa più quante volte, ma lo qualifica come teste attendibile, alla luce delle dichiarazioni rese al processo e a suo tempo a Borrelli. Dei tanti dettagli narrati, ogni volta in modo diverso, ma solo perché gli mancava il coraggio. Di che? Di dire la verità.

Tornano utili pure le sim svizzere. Urge, è vero, un poco di fantasia. Non erano vietate ed erano intercettabili, ma non sono state intercettate e mancano le cose dette. Però saranno state dette e le persone che le hanno dette presumibilmente sono state individuate. Attraverso tre criteri che all’incirca spaziano dalle loro abitazioni, ai luoghi da loro presumibilmente frequentati, all’aver presumibilmente chiamato nello stesso spazio anche temporale un qualche presunto amico o familiare.

Il 10 maggio Narducci completerà la sua requisitoria. Il 24 maggio Capuano pronuncerà la requisitoria per gli imputati di minore spicco. Poi sarà la volta delle difese. Ricusazione a parte, il 12 o il 19 luglio avremo la sentenza. Almeno si presume.

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