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Incontro con Marco Storari

Post n°6086 pubblicato il 04 Luglio 2012 da nadir63l
 

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Immagine IPB

A sole 48 ore dal 3° raduno del Tifoso Juventino, edizione felicissima dedicata ai festeggiamenti per la Terza Stella, l’inarrestabile Benedetto Merulla, Presidente dello Juventus Club DOC Gaetano Scirea, raduna ancora una volta il popolo Juventino siciliano per accogliere il neo campione d’Italia Marco Storari.

La suggestiva Piazza Milite Ignoto, accoccolata sotto il castello che domina la cittadina collinare dell’entroterra tirrenico è un tripudio bianconero , incastonata in mezzo agli striscioni con le effigi di Antonio Conte e del trentesimo scudetto stesi sul balcone della sede del Club e sulla parete della saletta ben restaurata messa a disposizione dal Comune.
Il caldo è di quelli opprimenti, ma non è soltanto l’alto tasso di umidità a surriscaldare l’atmosfera. Il tifo è palpabile è genuino e il trentacinquenne portiere originario di Pisa molto amato da queste parti. Vent’anni di carriera dal Ladispoli alla Juventus e 11 maglie sulle spalle, Storari è stato capitano del Messina negli anni d’oro della squadra dello stretto, attraverso la bella cavalcata che dalla serie B l’ha condotta all’ottimo settimo posto del campionato 2004/2005. C’è un amico della zona che incontro sempre durante questi incontri con i campioni della Juve. Un ragazzo molto preparato sui materiali di studio bianconeri che vi partecipa con entusiasmo insieme al padre. Riflettiamo che è il Messina di Fabiani, coinvolto nelle origini di calciopoli per l’amicizia del dirigente con Luciano Moggi, ma mai colpito da alcuna sanzione o pena e anzi paradossalmente beneficiato quando la discesa nella serie cadetta della Juve ne consentì il ripescaggio in serie A.

Marco arriva. Parte l’inno e scorrono le immagini del video che lo inquadra tra i pali. Sotto la massa dei capelli ricci Katia Trifirò introduce l’ospite e Mauro Sarrica parte con la prima domanda: se sia gratificante e di stimolo giocare dietro un numero 1 del calibro di Buffon o non imponga quel tanto di rassegnazione inevitabile per un portiere comunque bravo e d’esperienza. Si capisce subito che Marco in quanto a dialettica non è secondo a nessuno, tanto meno a Gigi, perché la costante della serata sarà l’impressione di avere di fronte un campione di stile e di comunicazione. “Io ho sempre giocato dove stavo e dove non giocavo andavo via. Mi sono reso conto che arrivando alla Juve ho raggiunto il massimo. C’è pieno accordo tra me, la società e l’allenatore e sono contento così”.

A questo punto Benedetto, che aveva già anticipato a chi volesse porre qualche domanda di prepararsi, mi passa la parola ed è bello sentire riecheggiare nella sala il nome GiulemanidallaJuve. Spero non sia pentito il Presidente, perché ho preparato una decina di domande e spero di farne entrare almeno tre nello spazio gentilmente concessomi. Nel giugno 2010 Marco è arrivato alla Juventus e Jacopo D’Orsi ha scritto per La Stampa un bel ritratto dell’uomo e dell’atleta Storari. “Mani salde e cuore fermo” , si può considerare uno stakanovista degli allenamenti, capace di riprendere i compagni che si perdono tra scherzi e risate invece di dedicarsi alla preparazione fisica e dei match. Gli chiedo se corrisponde a realtà questo ritratto di campione come lo vorremmo e di una razza in via d’estinzione. Dopo l’esperienza messinese Marco passò al Milan, andando però in prestito al Levante di Valencia prima di essere girato al Cagliari che realizzò 33 punti nel solo girone di ritorno conquistando la salvezza. Si racconta che disse: “L’esperienza più bella: i soldi non sono tutto” , nonostante la società spagnola si trovasse in difficoltà economiche e non sempre facesse fronte agli impegni economici assunti. Marco sorride, non ci tiene a passare per secchione, ma conferma di prendere molto seriamente il lavoro, anche se quando c’è da scherzare con i colleghi non si tira mai indietro. E’ vero pure che ancora aspetta gli stipendi guadagnati in Spagna e che non sa se mai li riceverà, ma che ricorda con grande piacere quel periodo trascorso insieme con la moglie quando ancora non c’erano Tommaso e Pier Giorgio, gli splendidi bambini che oggi arricchiscono la sua famiglia. Sulla Terza Stella sfoggia tutta la sua diplomazia. Gli chiedo cosa ne pensa della decisione di rimuovere i sudati astri dalla maglia ufficiale, ma mi dribbla e mi oppone una presa decisa e sicura spiegandomi di sentirsi “piccolo” come Juventino, vestendo la nostra casacca soltanto da un paio di stagioni per ergersi a giudice.

Mauro lo incalza chiedendo come si fa a passare da un 7° posto quasi cronico alla conquista dello scudetto. “Impegno da parte di tutti e Conte importantissimo” è la secca risposta.
Quale è stato il momento fondamentale per la svolta durante il campionato? “ Non c’è stato un incontro chiave. Prepariamo ogni partita come fosse una finale” . Roberto dalla prima fila vuole conoscere le impressioni di Marco dopo aver giocato in grandi club, Milan e Juve soprattutto. Si apre un siparietto perché mentre Storari riassume velocemente la sua carriera, intervengo rimarcando che a un certo punto si è trovato a sostituire grandi portieri costretti a uno stop a causa di infortuni e guai fisici: Abbiati al Milan, Castellazzi nella fortunata parentesi che ha portato in CL i blucerchiati, Buffon alla Juventus per l’intervento all’ernia del disco. “No, non è che porto iella. In quei momenti ero libero e sono andato a giocare al posto loro” , risponde divertito. Ma sul Milan e la Juve è perentorio e quasi commovente, ribadendo una verità che chi ama e conosce la squadra e la società campione d’Italia non può ignorare: “Non c’è tanta differenza tra il Milan e la Juve. Forse la Juve ha un profilo più basso. Sembra operaia. E’ una squadra che ha vinto tanto anche quando non ha avuto tanti grandi nomi in rosa. Sono stato fortunato (nella mia carriera), ma ho capito che la Juve è la Juve” . Scroscio di applausi.
Chiude Katia rimettendo i piedi nell’attualità, con una domanda sulla nazionale partita in sordina e arrivata in finale. “Ha fatto benissimo. Non eravamo favoriti, ma abbiamo disputato un ottimo europeo”.

Si è fatto tardi. Dalla finestra della saletta entra un sole infuocato nella luce smorzata dell’imbrunire. Vorrei chiedere a Marco cosa ne pensa del giovane Leali, neoacquisto bianconero. Se è vero che, religioso e finanche scaramantico, era solito inserire nei guantoni prima di scendere in campo due medagliette con l’immagine della madonna trovate una su un campo di calcio e l’altra sotto una sedia. Se si fa ancora passare per “Il Dandi”, soprannome che gli apparteneva quando era alla Fiorentina e tutti i giocatori si erano dati il nickname di uno dei protagonisti di Romanzo criminale. Quanto gli è pesato non essere convocato ai mondiali del 2006 dopo la chiamata di Lippi in extremis nell’amichevole di Palermo dell’ottobre 2005 con la Slovenia, quando fuori Buffon, s’infortunò pure Roma e si liberò un posto dietro Peruzzi e De Sanctis che Santoni rifiutò per impegni già presi. Come ha vissuto da romanista quel Roma Samp 1-2 del campionato 2009/2010 in cui parò di tutto e di più, scippando i giallorossi di uno scudetto. Se fu Berlusconi a fargli tagliare gli amati capelli nel Milan. Se si sente all’altezza della fama di para-rigori. Invece nella ressa che lo soffoca di entusiasmo e di affetto fatico a farmi largo persino per un autografo. Con il mio quadernetto svincolo attraverso un’altra porta e lo prendo sul tempo. “Ti prego” e gli porgo la penna. Sorride un’altra volta e traccia uno scarabocchio sulla pagina bianca.
Un’altra partita sta per essere giocata. Marco deve dare il calcio d’inizio.



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