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Colpo di scena: tutti assolti ma Giraudo no...

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di G. Fiorito

Sembrava una sentenza già scritta. Invece è stata una mezza sorpresa. Scrive Tuttosport : “Un anno e 8 mesi. È questa la condanna inflitta dalla Corte di appello di Napoli ad Antonio Giraudo. L'ex ad della Juve in primo grado era stato condannato a tre anni di carcere. Giraudo è stato condannato per associazione per delinquere e un solo episodio di frode sportiva, quello relativo a Juve-Udinese (2-1). La Corte ha rigettato l'impugnazione del procuratore generale nei confronti di altri imputati che erano stati assolti in primo grado. "La Corte - ha spiegato il pg Carmine Esposito - ha riconosciuto la sussistenza del reato associativo". Sono stati assolti l'ex presidente dell'Aia Tullio Lanese e gli ex arbitri Tiziano Pieri e Paolo Dondarini che erano stati condanni in primo grado dal gup”.

Scrive Panorama.it :“Un apparente controsenso e la conferma che anche il processo sportivo sta perdendo mattone dopo mattone le certezze intorno a Calciopoli. Certo, l'associazione a delinquere non viene smantellata e continua a riguardare Giraudo, Moggi, Bergamo, Pairetto, Mazzini e De Santis (tutti condannati in primo grado col rito ordinario e in attesa di appello). Però il dispositivo del giudice Stanziola è un'altra picconata”.

Può considerarsi reale l’associazione a delinquere, vista la “morìa”, direbbe Totò, di arbitri coinvolti che si rendevano necessari in campo all’attuazione delle frodi? Le sentenze di calciopoli ci hanno abituato all’ambiguità, a partire dall’estemporanea invenzione ad arte e ad personam dell’illecito strutturato che fino al 2006 non era nemmeno compreso nel CGS e che ha individuato il dogma per il quale si possono truccare i campionati senza truccare le partite. Il processo breve contro Giraudo e quello di Napoli ci hanno mostrato l’impietoso volto della giustizia, quella vera, che invece di perseguire i camorristi, come piacerebbe a Teresa Casoria, se la prende con i tentativi di frode nel calcio, nemmeno riusciti, ma a consumazione anticipata. Juventus-Udinese 2-1 de 13/2/febbraio 2005 è arbitrata da Rodomonti, che è stato assolto prima nel processo sportivo del 2006 e poi dalla sentenza di primo grado di Napoli.

Il ruolo di Giraudo non è diretto, ma il tentativo di frode sarebbe giustificato da alcune conversazioni nelle quali Moggi e Giraudo si lamentano di alcune decisioni che hanno favorito il Milan e discutono della possibilità di una cena con Pairetto per presentargli delle rimostranze. Moggi si duole anche che alcuni arbitri, per paura di essere accusati di sudditanza psicologica, finiscano per svantaggiare la Juventus. Nel corso della partita si segnala l’annullamento di un gol regolare all’Udinese sul 2 a 0.
Facciamo un passo indietro e rivediamo l’ultima udienza.

Sei anni e mezzo sono trascorsi da calciopoli, ma il senso delle indagini propinate dai carabinieri in maniera incompleta e selezionata per elaborare un’accusa falsata non è cambiato, nonostante gli affanni degli avvocati delle difese e dei periti abbia prodotto in aula la viva voce di un'altra verità, attraverso l’ascolto diretto delle intercettazioni che hanno ampiamente dimostrato come Moggi e Giraudo non avessero rapporti esclusivi coi designatori e ci fosse anzi un interesse diretto dei vertici del calcio italiano, individuato nell’allora presidente della FIGC Carraro, a non commettere errori in favore della Juventus.

Secondo l’avvocato Gallinelli, è emersa in questi anni un’altra verità che avrebbe potuto ribaltare gli esiti delle sentenze di primo grado e favorire la tendenza revisionista, facendo cadere il reato associativo, se solo avesse potuto verificarsi un forte e coraggioso atto di giustizia. Perché sperare in un atto coraggioso e non dovuto di riconoscimento della sostanza dei fatti ce lo ha spiegato più volte lo stesso avvocato Gallinelli, quando ha collegato la genesi di calciopoli alla scoperta di alcuni documenti relativi al trasferimento del computer di Tavaroli da Milano a Roma e alla richiesta di ulteriori precisazioni in merito ad alcuni file in possesso di Telecom inoltrata dalla giudice Boccassini a Fabio Ghioni, per condurre approfondimenti relativi alla denuncia di Nucini, nota come fascilo 45.

E’ di queste ore la denuncia presentata da Auricchio a Luciano Moggi, relativa alla sua partecipazione al programma “Porta a Porta” del 14 gennaio 2009, nel quale avrebbe offeso la sua reputazione e il suo onore, come dice il capo di imputazione, indicandolo come “un ufficiale dei carabinieri che ha mentito sapendo di mentire” facendo riferimento alle indagini su calciopoli. Tutti questi elementi rimandano a una costruzione artificiosa delle accuse di calciopoli ai danni di persone che hanno dovuto subire oltre alla beffa dei dossieraggi illegali, il danno delle conseguenze di un’azione fuorilegge che ancora oggi si ritorce su chi l’ha subita e mai su chi l’ha ordinata.

La replica di Esposito è stata scontata e debole, ma ha preso di mira gli ultimi fuochi accesi dagli avvocati Krogh e Galasso, definendo teatrali e ad effetto le conclusioni tratte da spezzoni di intercettazione. Che dire di accuse basate su una selezione scientifica delle prove, ovvero su indagini coi baffi? Giova ricordare che recentemente è emerso che Esposito è stato l’autore delle prime richieste di intercettazione ai danni degli imputati fatte dalla procura di Napoli. Non può meravigliare la sua versione della genesi di calciopoli, che risalirebbe al novembre 2004, con la presunta associazione in pieno esercizio e la procura di Napoli che a suo dire non sa delle indagini che Guariniello a Torino aveva condotto ad archiviazione. Esposito si assume la responsabilità di quello che dice. Così come spero altre figure del mondo dell’Arma e della magistratura vorranno assumersi la propria. Il problema del lavoro disarticolato delle procure è stato avvertito anche nel caso del processo Telecom di Milano, che vide operare ben 4 procure, ma nel 2006 fu proprio il pm Napoleone, responsabile del trasferimento del computer di Tavaroli in via In Selci, a sollecitare e curare l’incontro e lo scambio di informazioni che consentisse un più proficuo sistema di lavoro. Che non si vorrebbe immaginare all’insegna di qualche scorciatoia e diramazione.

Esposito si è appellato alla sentenza del rito ordinario, contestando la tesi della “cupola al contrario”, e alla memoria difensiva della FIGC. Ha affermato che i partecipanti all’associazione possono anche cercare utili personali senza compromettere l’esistenza dell’associazione stessa. La sentenza di Napoli, pur non avendo eliminato l’associazione, aveva lasciato ampi spiragli a questa possibilità in appello, insistendo su alcuni comportamenti abituali degli imputati, tra cui Moggi, che operavano per interessi personali. A lungo andare questi interessi sembrano convergere nell’intenzione di operare il salvataggio della Fiorentina dalla serie B. Con annesso scagionamento della società Juventus.

Secondo Esposito le intercettazioni nel loro complesso avallano la cupola, che si serviva di ammonizioni mirate e teneva a riposo qualche arbitro non gradito. Ma quello che fa sobbalzare è il riferimento alla griglia ex-madre di tutte le intercettazioni del 9 febbraio 2005, nella quale Moggi non detta per nulla la formazione della griglia, perché questa non si realizza. Esposito definisce illuminante quest’intercettazione. Perché la grigliata di Facchetti, che invece era buona, non dovrebbe illuminare il lato oscuro di calciopoli? Solo perché Palazzi ha deciso di prescriverla?

In ogni caso c’è sempre la benefica scusa che viene a giustificare tutte le accuse. Ciò che consente di condannare è racchiuso nelle schede svizzere, che il povero Giraudo non usava e nemmeno aveva.
Ha destato una certa commozione la richiesta di rinunciare alla prescrizione di Pieri, che ha anche chiesto a chi avrebbe dovuto giudicarlo di ricordare che quando suo figlio gli aveva chiesto di cosa si era reso colpevole, gli aveva risposto di non saperlo.

"Piaccia o non piaccia non esistono altre telefonata tra i designatori ed altre persone". Questo processo era iniziato così, per opera di Narducci. Piaccia o non piaccia non è vero. A Napoli sembrano non rendersene conto. Dovrà essere la Cassazione a farlo.

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