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Marco Guida, io arbitro per caso...

Post n°6924 pubblicato il 27 Gennaio 2013 da nadir63l
 



Ha arbitrato al San Paolo l’amichevole di lusso tra il Napoli ed il Penarol il giovane arbitro Marco Guida di Torre Annunziata, recentemente promosso dalla CAN di B a quella A con luminose prospettive. Vi ripropongo un’intervista al fischietto di Torre Annunziata da lui concessami e dai vertici della scrupolosa AIA nel giugno del 2010 per le pagine di Napolissimo. Per me un’esperienza gratificante.

"Gli arbitri italiani sono i migliori che ci sono in circolazione”, era un pensiero diffuso con convinzione e cognizione di causa negli ambienti non solo del calcio nazionale, ma anche e soprattutto di quello internazionale, fino a non molti anni fa. Tuttavia, la classe arbitrale vive da sempre sotto accusa e sotto il giudizio mai troppo tenero dei tifosi e degli addetti ai lavori, in una professione delicata e tutt’altro che facile. Marco Guida, classe 1981, di Torre Annunziata, ad ogni modo, rappresenta il nuovo che avanza nell’ambito della classe arbitrale italiana. Arbitrare non è soltanto una missione sportiva, peraltro difficile e poco agevole per i suoi protagonisti, ma soprattutto rivela un grande amore ed un’enorme passione per il calcio. Lontano dai coinvolgimenti scabrosi di Moggiopoli e dagli ambienti scomodi del calcio-business, Guida vive la sua esperienza arbitrale con l’entusiasmo di un ragazzino e la classe di un campionissimo. Il ragazzo di Torre Annunziata ha esordito in Serie A lo scorso 31 gennaio, fischiando al Bentegodi di Verona in un delicato Chievo-Bologna (1-1), risultando tra i più giovani esordienti nella massima divisione: “Più giovane di me all’esordio, ma giusto di qualche mese, c’è stato Sebastiano Peruzzo di Schio. Ma con Tagliavento e Trefoloni ho stabilito un record, in quanto dopo soltanto due anni di arbitraggio sui campi di Lega Pro sono approdato alla CAN di Serie A e B. Un risultato notevole”. Ma chi è il direttore di gara Marco Guida nella vita di tutti i giorni?: “Sono laureato in Economia e Commercio e sono un consulente commerciale, ma faccio anche pratica presso uno studio di commercialista. Quella che dovrebbe essere la mia aspirazione professionale. Ma non nascondo che al primo posto adesso nelle mie aspirazioni c’è la carriera arbitrale. Devo conciliare il lavoro con l’arbitraggio e non è proprio semplice. Una cosa che richiede un impegno importante, in quanto ci alleniamo direi intensamente per arbitrare partite di calcio di un certo livello”. In un calcio dove si va a dirigere gare di grande prestigio, con grandi campioni in campo: “Certo l’impegno che ci viene richiesto è intenso, a livello proprio professionistico anche se professionisti strutturalmente non siamo, ed i sacrifici sono anche ben ripagati, anche se il livello di guadagno dei calciatori rimane comunque irraggiungibile. Cerco di coordinare quanto meglio possibile gli impegni professionali e personali, anche con la mia fidanzata Chiara,anche lei di Torre Annunziata, molto paziente a rispettare i miei numerosi impegni”. Ma come e perché si diventa arbitri? “Semplicemente non pensavo di diventare un arbitro. Volevo fare il calciatore e ho giocato con la Scuola Calcio Napoli e quindi nel Torre Annunziata 88,una formazione minore della mia città, ma non con grandissimi risultati. Ho capito che non avrei avuto grosse fortune nei panni di calciatore. Poi mi sono avvicinato ad un corso arbitrale, neanche senza troppo entusiasmo iniziale in verità. Fin quando ho poi scoperto di essere portato per questo ruolo. Anzi probabilmente me ne hanno convinto gli altri”. Del resto la sezione arbitrale di Torre Annunziata è molto importante storicamente e tecnicamente: “E’ in pratica la mia seconda casa. Tutti mi hanno seguito e fatto il tifo per me, quando la mia carriera è cominciata ad andare bene, con risultati di un certo livello. Lo stesso Luigino Quartuccio, arbitro di Serie A negli Anni Ottanta e Novanta, mi ha seguito con grande entusiasmo. Per questo sono grato a tutti, perché mi hanno aiutato e fatto sentire importante. Oltretutto è un bell’ambiente da vivere, fatto di valori sani e di gente appassionata al mondo del pallone. Invece la preparazione settimanale la sosteniamo allo Stadio Solaro di Ercolano, con un preparatore atletico messoci a disposizione dell’AIA. E’ una vera e propria preparazione atletica, che ci tiene pronti per il grande calcio”. Che impressione le fa il calcio di oggi? “Io sono sempre stato un tifoso di calcio. Un appassionato di questo sport e devo dire che quando vivo questa sensazione di stare in mezzo al campo ad arbitrare a certi livelli è bellissimo. Il calcio conserva sempre il suo fascino. Io rimango fuori da certi discorsi. Il calcio va vissuto nella sua bellezza di sport e basta. Del resto una partita per quanto importante sia rimane pur sempre e soltanto una partita di calcio. E questo non dovremmo mai dimenticarlo”. Sarebbe d’accordo o meno con l’introduzione nel calcio di alcuni aiuti tecnologici per arbitrare? “L’errore dell’arbitro ci sta, perché l’errore dell’arbitro è umano. E credo anche che il gioco del calcio sia tutto sommato più affascinante così. L’unica cosa che potrebbe essere introdotta senza snaturare di molto il gioco ed il suo fascino è l’aiuto per capire nel dubbio il gol-non gol proprio sulla linea di porta. In quanto questa rimane una situazione di gioco sempre difficile da giudicare per noi in campo a grande velocità e magari non proprio vicini all’azione”. Quale è stata la partita più difficile che le è capitato di dirigere: “Mi ricordo un Saviano-Solofra 1-1 del 2001 nel Campionato di Eccellenza. Le squadre lottavano entrambe per salire di categoria. Io assegnai un calcio di rigore agli ospiti a dieci minuti dal termine. Ebbi qualche piccolo problema di ordine pubblico in quanto le proteste furono prolungate e veementi. Poi tutto si risolse, ma in quel momento fu dura. Comunque, la carriera arbitrale mi ha aiutato a maturare come persona e non poco. A 15 anni arbitravo in Seconda Categoria e non è facile farsi rispettare a quei livelli. Incontri gente che vogliono imporsi su terreno di gioco, scavalcando il rispetto per l’arbitro e le sue decisioni. Tuttavia, l’esperienza dell’arbitro dal punto di vista del carattere mi è servita molto per impormi anche nella vita di tutti i giorni”. Cosa ne pensa di chi arbitra nelle categorie inferiori e nel calcio giovanile: “Ci vuole molto coraggio ma ci vuole anche rispetto per loro, perché molti arbitri sono lasciati in balìa degli eventi ogni domenica, molte volte senza neanche il supporto delle forze dell’ordine. Quando leggiamo di episodi di violenza ai danni degli arbitri in campetti di periferia si rimane sconcertati. Ma questo in Campania è un problema di cultura sportiva. Il calcio è bello ma deve essere coltivata la cultura della sconfitta, a cominciare dai calciatori e dai dirigenti, fino al pubblico sugli spalti. Quasi sempre nel calcio giovanile gli episodi di violenza sono fomentati dai più grandi e non dai giovani”. Chi è il calciatore più corretto che ha incontrato nelle partite che ha arbitrato? “Senza dubbio sia Sergio Pellissier del Chievo che Marco Di Vaio del Bologna, entrambi capitani delle rispettive formazioni, nel giorno del mio esordio in Serie A. Sono stati esemplari,aiutandomi nella gestione di una gara non facile. Una partita d’altra parte passata alla storia in quanto coadiuvato dalle signore Cini e Santuari. Per la prima volta nella storia della Serie A una terna arbitrale è risultata composta da un uomo e due donne. Ci è capitato con la stessa terna anche in Serie B in Sassuolo-Triestina. Ma comunque conservo bei e prestigiosi ricordi di tutte le partite arbitrate, come ad esempio un’amichevole Cavese-Napoli del gennaio del 2009. Quella ha rappresentato un momento di vanto per me. Insomma arbitrare il Napoli, di cui seguo le sorti sin da bambino, non capita tutti i giorni”. C’è un arbitro del presente o del passato a cui lei si ispira? “Sinceramente no. Non ho modelli, soprattutto perché cerco di essere sempre e sostanzialmente me stesso”. Il livello degli arbitri italiani nel contesto internazionale: “Sono sempre i migliori al mondo, senza dubbio. Gli arbitri italiani hanno una preparazione atletica superiore agli altri, invidiabile. Ed anche dal punto di vista tecnico si aggiornano e guardano più partite possibili per conoscere i calciatori, i momenti della gara. Fare un tesoro di esperienza continua insomma delle squadre e dei calciatori. Penso che il livello italiano sia ancora superiore a quello degli altri paesi”. Ma di quale squadra è tifoso Marco Guida? “Sono un grande appassionato di calcio ed anche io tengo alle sorti di una squadra, che purtroppo però attraversa un momento proprio difficile come il Savoia. La situazione della squadra riflette purtroppo la situazione sociale ed economica di una città con grandi problemi. Chissà se in breve tempo questo situazione potrà cambiare. Lo spero per tutti. Ovviamente poi tengo anche molto alle sorti del Napoli”. Marco Guida intanto è già pronto per un nuovo allenamento ed un nuovo impegno del fine settimana. Il ragazzo di Torre Annunziata oramai da anni vive le sue domeniche su un campo di calcio, passando dalle categorie dilettantistiche ai campi della Serie A, ma con l’amore e la passione per il calcio di sempre. La professione arbitrale costituisce un obiettivo primario e Guida di Torre Annunziata ha il talento giusto e l’età giusta per essere uno dei migliori tra le giacchette nere del nostro calcio.

Vincenzo Paliotto su Napolissimo n. 23 del 2010


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