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INFLUENZE NEFASTE...Milan, la sconfitta è solo per gli altri

Post n°7230 pubblicato il 17 Settembre 2013 da nadir63l
 


  
di Massimo Fini
Torino-Milan, sabato.
Il Toro a una manciata
di secondi dalla fine
sta vincendo 2-1.
Uno dei giocatori granata, Larrondo,
è a terra da qualche minuto,
infortunato. I tecnici del
Torino hanno già chiesto l’inter -
ruzione del gioco per soccorrere
il giocatore (che poi uscirà in barella)
e sostituirlo, ma l’arbitro
ha fatto continuare perché col
Milan tutto all’attacco l’azione è
viva. Non lo è più quando la palla
finisce in fallo laterale. A questo
punto una delle regole morali
del calcio vorrebbe che i giocatori
rossoneri si fermassero per
permettere soccorso e sostituzione.
Invece rimettono rapidamente
la palla in gioco e dall’azione
nascerà il rigore che porterà
il Milan al pareggio. Atalanta-
Milan, Coppa Italia ‘89-90. Il
centravanti del Milan, Borgonovo,
è a terra, infortunato, nell’area
di rigore bergamasca. Stromberg,
che è in possesso della palla,
la mette fuori per permettere i
soccorsi al giocatore milanista.
La mette fuori all’altezza dell’area
di rigore dell’Atalanta, non la
calcia lontano. Stromberg è svedese,
è un giocatore estremamente
corretto ed è certo che,
come vuole un’altra regola morale
del calcio, i milanisti restituiranno
il pallone agli avversari.
Ma non andrà così. Rijkaard invece
che a un giocatore atalantino,
la passa a Massaro che la
butta al centro dell’area, se ne
impadronisce Borgonovo, rialzatosi,
che viene atterrato. Rigore.
Sul dischetto va Baresi, capitano
e bandiera del Milan. C’è
tutto il tempo e il modo per rimediare
alla grave scorrettezza
dei rossoneri sbagliando apposta
il rigore. Ma dalla panchina
arriva l’ordine di Sacchi. Baresi
segna fra gli ululati del pubblico
atalantino. Grazie a quel gol il
Milan passerà alle semifinali.
Verona-Milan, ultima di campionato.
Il Milan perde la partita
e l’ultima speranza di aggiudicarsi
lo scudetto. Allora si vedono
i giocatori rossoneri, compreso
l'algido Van Basten, che
invece di accettare sportivamente
la sconfitta, si tolgono le maglie,
le buttano a terra, le calpestano,
si abbandonano a scene
isteriche e penose.
1991, quarti di finale di Coppa
dei Campioni Olimpique Marsiglia-
Milan. Il Milan aveva vinto
la Coppa nei due anni precedenti,
avrebbe potuto accettare
con una certa serenità la
sconfitta che si stava profilando
(gol di Waddle). Non si può
vincere sempre. A cinque minuti
dalla fine si spegne uno dei
quattro riflettori dello stadio. Il
nobile Maldini, il nobile Baresi
e altri giocatori circondano l'arbitro:
con ampi gesti indicano il
riflettore spento, c’è troppo
buio, non si può giocare, la partita
va ripetuta (si vedevano
perfino le monetine che i tifosi
del Marsiglia stavano gettando
sul campo per irridere a quella
vergognosa sceneggiata). L’ar -
bitro, ovviamente, non gli dà
retta. Allora Galliani, in collegamento
con Berlusconi, ordina il
ritiro della squadra.

UNA COSA INAUDITA, grottesca,
che non si è mai vista nemmeno
nei più scalcinati campetti
dei campionati minori Figc. Il
Milan si beccherà una squalifica
di un anno. Questa incapacità di
accettare la sconfitta, di cercare di
evitarla anche ricorrendo ai mezzi
più sleali, è un riflesso del mondo
morale di Berlusconi, di cui
abbiamo poi avuto ampia testimonianza
nella sua attività politica
(“Bastava il Milan per capirlo”
scrissi per l’Europeo nel gennaio
1995). Il calcio, si sa, è una
metafora della vita. Nel mondo
morale di Berlusconi c'è anche
che col denaro si può comprare
tutto: Guardie di finanza, testimoni,
giudici. E anche di questo
la storia del “suo” Milan è stata
testimonianza. Quando aveva già
i tre olandesi e sapeva di non poterlo
far giocare, acquistò Savicevic,
allora uno dei migliori giocatori
del mondo, solo per toglierlo
alle altre squadre. Con lo
stesso scopo acquistava giocatori
importanti senza farli giocare. Il
nazionale De Napoli, in due anni,
vide il campo, in tutto, per sette
minuti. Ma il caso più emblematico
è quello di Gigi Lentini. Nel
1992 Lentini, talentuoso ragazzo
del vivaio granata, aveva portato
il Torino al terzo posto in campionato.
Ma Berlusconi lo voleva
a tutti i costi. Gli fece offerte sempre
crescenti che Lentini rifiutò:
nel Torino era entrato a otto anni,
dal Torino aveva avuto la fama,
alla gloriosa e sfortunata società
granata era legato da fortissimi
vincoli affettivi, il denaro non era
tutto. Ma Berlusconi portò l’of -
ferta, fra ingaggio e acquisto del
cartellino, alla sbalorditiva cifra
di 64 miliardi e il ragazzo, figlio di
una famiglia di operai delle Banchigliette,
cedette. C’è chi dice
che i miliardi siano stati “solo” 30,
ma ha poca importanza. Berlusconi
non aveva comprato le
gambe di Lentini, che non potevano
valere né 60 né 30 miliardi,
gli aveva comprato l'anima dimostrandogli
(a lui e al vasto
mondo giovanile che ruota intorno
al calcio) che i suoi ingenui
sentimenti di ragazzo non valevano
nulla di fronte al potere del
denaro. Naturalmente la cosa andò
a finir male. Lentini, frastornato
nel nuovo ambiente, ebbe
uno stupido incidente automobilistico,
calcisticamente si rovinò,
non servì al Milan né il Milan
a lui. E questo mi ricorda una malinconica
canzone di De André, Il
Re fa rullare i tamburi. Luigi XIV,
“in cerca di nuovi e freschi amori”,
mette gli occhi sulla sposa di
un suo generale. Lo corrompe
promettendogli di farlo maresciallo
di Francia. “Ma la Regina
ha raccolto dei fiori, celando la
sua offesa, e il profumo di quei
fiori ha ucciso la marchesa”. E in
questa favola gotica, in questa
violenza e prepotenza puramente
distruttrici, a perdere, si riassume
l’influenza nefasta che Silvio
Berlusconi ha avuto nella vita
del nostro Paese.
 
il Fatto Quotidiano
 
Massimo Fini

 
 
 
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