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Tronchetti & Moratti: prendi i soldi e scappa

Post n°7245 pubblicato il 26 Settembre 2013 da nadir63l
 

 

morattio-tronchetti.jpg

 

di G. Fiorito

 

A poche ore dalla staffetta italo indonesiana che ha visto insediarsi sulla poltrona di presidente dell’Inter l’imprenditore dell’editoria e della televisione Thohir, anche la Telecom passa di mano e finisce agli spagnoli di Telefonica con un accordo stipulato coi soci italiani di Telco (Generali, Intesa e Mediobanca). Duro il commento del presidente del consiglio, che dopo aver osservato che il governo dovrà vigilare per garantire la tenuta dei profili occupazionali, ha sottolineato: “vorrei ricordare a tutti quelli che stanno parlando in questo momento che Telecom è stata privatizzata e di tutte le privatizzazioni italiane non è stato uno dei più grandi successi”.

Enrico Letta si è soffermato anche a considerare i benefici economici dell’ingresso di “capitali europei (che) potrebbero aiutare Telecom a essere migliore rispetto a come è stata in questi 15 anni” . Nonostante i giudizi di Gianmaria Gros Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo e dello stesso attuale presidente di Telecom Franco Bernabé, il quale ha precisato che “cambia l’assetto azionario di Telco e non di Telecom”, Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, non ha esitato a manifestare preoccupazione perché “così perderemo un’altra delle poche, grandi imprese che ancora restano sotto il controllo italiano”.

L’anello di collegamento tra Inter e Telecom sembra essere oggi la necessità di capitali freschi che non si trovano in Italia e devono essere cercati all’estero. Chi legge i giornali sa che è tornata di attualità la crisi di Alitalia e si cerca di tirare dentro anche la FIAT, che per non cedere il timone da tempo sembra orientata a trasferire all’estero le sue attività, seguendo, come ha mostrato la vicenda Chrysler, un percorso contrario.

Telecom sta a Tronchetti Provera come Massimo Moratti sta all’Inter. L’azionista di maggioranza che ha guidato l’azienda telefonica italiana, abbiamo sottolineato più volte come fosse strettamente legato a Pirelli e Inter, in un cerchio volutamente tenuto occulto che ha prodotto mostruosità dappertutto, fino a sgretolarsi e accartocciarsi su se stesso. In seno a Telecom avvennero gli spionaggi illegali e i pedinamenti dei quali il processo Telecom di Milano e i procedimenti giudiziari che sono seguiti sono riusciti a dimostrare che avvenivano per mano di Tavaroli, capo della sicurezza e del Tiger Team, che si occupava di eseguire le intercettazioni telefoniche e gli hackeraggi. Nel corso dell’acquisizione di Telecom Brasil si scatenò una guerra di spie e fu ricettato un cd dell’agenzia investigativa Kroll che è l’unica prova a tutt’oggi del coinvolgimento diretto di Tronchetti Provera negli spionaggi illegali. Il loro scopo appariva sempre lo stesso: tutelare gli interessi di Tronchetti Provera e di Moratti, ma essi sono sempre riusciti a far ricadere le responsabilità su soggetti subalterni, trai quali il povero Giacinto Facchetti, che si intrattenne a lungo in rapporti amichevoli e cordiali con l’ex arbitro in attività Danilo Nucini, pur essendo proibito dai regolamenti.

Anche Guido Rossi ebbe in calciopoli un ruolo fondamentale, facendo letteralmente la spola tra la presidenza di Telecom e il commissariamento della FIGC, alla quale fu eletto arbitro imparziale proprio dai rappresentanti del governo di allora, tra i quali Giovanna Melandri, ministro per le politiche giovanili e le attività sportive. Franco Bernabé, che come i piccoli azionisti di Telecom ha intrapreso una battaglia legale perché giungessero al pettine le responsabilità di Tronchetti Provera, si ritrova a rendere conto davanti alle autorità politiche del nostro paese dell’operazione Telco/Telefonica, perché quella di Telecom è una privatizzazione che scotta. Un altro pezzo di questo paese svenduto sulla pelle degli italiani, sui quali si addensano nuvole grevi di disperazione e sofferenze fisiche oltre che economiche provenienti da altri sfracelli operati in altri settori della vita industriale e finanziaria del paese, dei quali l’Ilva rappresenta il lato peggiore e più velenoso. Sicché non è più possibile nascondere che mentre il problema è grande ed è politico, la politica sembra essere l’anello debole tra magistratura e finanza, con il suo fardello insopportabile di corruzione.

Sette anni fa la Juventus fu condannata alla serie B e privata di 2 titoli. Altri gioirono per un pezzo di cartone consegnato a tavolino, cantando che vincevano senza rubare. A livello personale ho rinnegato una gran parte dei politici che si erano assisi sugli scranni della cosa pubblica contando sul mio sostegno. Ancora oggi sento che devono rispondermi dello scempio perpetrato, essendo stata, come mi sembrò allora e come a ripensarci mi sembra anche adesso, l’eliminazione fisica della Juventus dal palcoscenico del massimo campionato nazionale ed europeo per far posto ad altri, l’unico frutto della breve storia di quell’esperienza politica.

Enrico Letta dice oggi, e parla a nome di un governo di larghe intese, supponiamo, che intende vigilare. Dovrà tenere gli occhi bene aperti, poiché da anni è in atto una sceneggiatura perfettamente adeguata all’intimazione del titolo del film che nel 1969 diresse e interpretò Woody Allen: “Prendi i soldi e scappa”.

Mentre l’informazione sportiva rosa non trova di meglio che rinnovare panegirici al divo ex-mecenate e preoccuparsi dei tifosi interisti, orfani di un presidente amico e ultrà, come hanno osato definirlo con atteggiamento fintamente inconsapevole su uno striscione comparso durante una partita dell’Inter, Massimo Moratti e Tronchetti Provera si avvicinano all’uscita di scena o si nascondono all’ombra di capitali freschi. Il presidente del Milan, dal canto suo, sta vivendo una sorta di crepuscolo personale, continuando attraverso la Infront a tenere le mani in pasta per reggere le redini del campionato non solo italiano. La Juventus va avanti per la sua strada, sotto la stessa proprietà, che pure ha rischiato di ucciderla in una guerra intestina per la successione.

Andrea Agnelli ha curiosamente usato lo stesso vocabolo di Enrico Letta, quando ci ha assicurato che avrebbe vigilato sulla restituzione dei nostri titoli e della nostra storia.

Ma basterà vigilare? E’ a livello politico e dei politici che urge un rinnovamento e una seria inversione di rotta. Nonostante Abete si dichiari estraneo a calciopoli e affermi che non c’era quando tutto è stato compiuto, era proprio lui il vice di Carraro, eletto senatore della Repubblica all’ultima tornata elettorale, al quale è subentrato alla presidenza della FIGC dopo la parentesi del commissariamento e per di più la responsabilità dell’appendice dell’incompetenza reca impressa la sua matrice.

Hanno compiuto errori talmente grossolani da destare sospetti di obbedienza a una longa manus goffamente occulta, eppure sono tutti lì. Compreso Palazzi.


Vigilare non basta. Nemmeno presentare il conto. Quando insabbiare e rimanere a galla rimane lo sport nazionale per eccellenza.

 

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