Post n°2818 pubblicato il
09 Ottobre 2010 da
nadir63l
Tifoso della Juve, ha pubblicato un libro a fumetti intitolato «L'elogio dell'inconsistenza». Le indagini non hanno portato a nulla. «Nel rapporto dei miei colleghi si parte dalle conclusioni e non dai fatti, normalmente avviene il contrario. Nessuno dimostra che Moggi abbia costretto un arbitro a favorire i bianconeri»
TORINO, 9 ottobre - Francesco Zampa è un maresciallo dei Cara binieri in servizio a Perugia. Tifa per la Juventus da quando è nato, 46 anni fa, e ha quat tro figli. Nessuna di queste informazioni è secon daria per la nostra storia. Anzi per la sua storia, perché Zampa ne ha scritta una. Ma non l’ha in ventata, l’ha solo ricostruita ed è la storia del l’indagine di Calciopoli, condotta dall’allora ma resciallo Vincenzo Auricchio e che ha portato al le sentenze sportive del 2006 prima e al processo in corso a Napoli poi. Un’indagine che Zampa ha analizzato minuziosamente arrivando all’elo quente sintesi del titolo: «L’elogio dell’inconsi stenza ».
Signor Zampa, lei è un carabiniere?
«Sì, sono un maresciallo in grado apicale in ser vizio a Perugia, dove mi occupo di varie attività, fra le quali ricevere il pubblico, raccogliere le de nunce, svolgere gli interrogatori, redigere rap porti ».
Ed è anche tifoso della Juventus?
«Da quando sono nato. E ci tengo a sottolinear lo, perché è proprio come juventino che ho scrit to il libro su Calciopoli, da privato cittadino non da carabiniere, anche se logicamente non nascon do il fatto di esserlo e di avere quel tipo di forma zione ».
Perché un libro su Calciopoli e perché a fumetti?
«Tante cose mi hanno spinto a scrivere e dise gnare, ma una delle molle più importanti sono stati i miei due figli maschi, di 10 e 13 anni, tifo si della Juventus come me. Volevo raccontare lo ro questa storia in modo che capissero che esiste va anche un’altra verità oltre a quella racconta ta da certi media. E soprattutto perché imparas sero la lezione che ho imparato io: sempre pen sare con la propria testa e non credere a prescin dere a quello che ci viene venduto senza prove a confermarlo».
Già, le prove. Sono una delle chiavi del suo libro nel quale lei va alla disperata ricerca di qualcosa di concreto che incastri Luciano Moggi e la Juventus.
«Nel 2006, quando uscirono le prime intercetta zioni, io credetti alla colpevolezza della Juven tus. Tutto era confezionato in modo impeccabile e mi dicevo: se hanno fatto delle indagini e sono arrivati a questa conclusione...»
E poi cos’è successo?
«Leggevo titoli molto forti sotto ai quali c’erano però ar ticoli poco consistenti e pove ri di circostanze precise per configurare l’illecito sportivo. Qualcosa non mi tornava. Poi uscì il fascicolo dell’E spresso, “Il libro nero del calcio”, sostanzialmente una fo tocopia del rapporto dei Ca rabinieri che avevano svolto le indagini. Pensai che lì, nel lavoro investigativo dei miei colleghi, ci sarebbero state le risposte alle mie domande».
Le trovò?
«No. Quel rapporto parte in modo anomalo, ovvero inizia con le conclusioni che do vrebbero stare alla fine. Si usano parole gravi, si descri ve una situazione molto preoccupante, ma non si en tra mai nel merito dei fatti. E’ un po’ come se si scrivesse: “C’è un grande giro di droga, la droga la controlla tutta quel tizio, che è sicuramente uno spacciatore. Bene, ma quanta droga? Dove si trova questa droga? A chi è stata venduta? Come? Insomma, per tornare a parlare di Cal ciopoli: dov’è la famigerata valigetta con i soldi o qualco sa di simile? In un’indagine, dice pure Conan Doyle, biso gna prima elencare i fatti, poi trarre le conclusioni. Qui la prima cosa è stata quella di trarre le conclusioni senza tante prove. Mi fa venire in mente una storia decisamente più drammatica ma assai simile per le dinamiche».
Quale?
«Il dramma dei due bimbi morti a Gravina, in Puglia. Venne subito accusato il pa dre che era un emarginato e violento, l’identikit perfetto del colpevole sul quale si sca gliò l’opionione pubblica e quella dei media. Alla fine venne arrestato e rischiava di essere condannato. Lo salvò il ritrovamento dei cor pi dei due bambini nella cisterna che lo scagionò. Ora, al di là dell’aspetto umano, delle similitudini ci sono: Moggi era un colpevole perfetto per l’opinione pubblica che da anni indicava la Ju ventus come “squadra che rubava sempre”...».
Lei parla di inesistenza di prove, ma con le telefonate intercettate come la mettia mo?
«Attenzione, le intercettazio ni devono essere un mezzo non una prova in sé. Attra verso le intercettazioni io posso, sempre per rimanere nell’esempio di un traffican te di droga, scoprire dove e come effettua il suo commer cio. Nel caso di Moggi biso gnerebbe capire quando e co me ha costretto un arbitro a favorire la Juventus. E di venta difficile dimostrarlo senza una telefonata una fra Moggi e gli arbitri. Così come è difficile dimostrare che gli arbitri che avrebbero fatto parte della cupola erano asserviti alla Juventus, visto che la media punti dei bian coneri con loro è inferiore a quella con gli altri direttori di gara. Ribadisco: dov’è la droga? Per condannare ser vono le prove e per me di prove con rilevanza penale non ce ne sono, dal punto di vista sportivo forse sì, ma quella è un’altra storia».
http://www.tuttosport.com/calcio/serie_a/j...onta+Calciopoli
anche qua
http://www.goal.com/it/news/240/calciopoli...ato-moggi-senza
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