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« Calciopoli, Moratti vole...Panchina Juve: è corsa a tre ... »

parlano i subsonica un granata e un gobbo.....

Post n°4349 pubblicato il 29 Marzo 2011 da nadir63l
 

La band torinese è mezza bianconera e mezza granata: e ugualmente arrabbiata: «Agnelli, lotta per Calciopoli. Cairo? Surreale». Lo juventino Ninja: «Ormai solo i tifosi sanno cos’è la Juve, devono coinvolgerli». Il granata Boosta: «La Torino che guida la rinascita italiana merita due squadre più forti»TORINO, 28 marzo - Metà della Juve e metà del To­ro, ma soprattutto innamorati di Torino da cui stanno per partire per l’ennesima conquista dell’Italia. Perché i Subsonica sono un po’ la terza squadra della città, al momento l’unica che vince, visto che il lo­ro disco Eden è ai vertici delle classifiche e il tour che inizia giovedì a Pordenone si annuncia un successo. Il concerto di prova, nello storico locale torinese “Giancarlo 2”, li ha visti applaudire anche da Andrea Agnelli, invitato da Boosta, suo socio nel­la casa editrice “Add” e granata purosan­gue. E’ con lui e lo juventino vero Ninja che organizziamo un derby di parole.

Partiamo dalla base. Perché la Juve? Perché il Toro?

NINJA: «Perché la Juve è uno stile parti­colare di interpretare lo sport: campioni che davano sempre il massimo, una ma­glia da onorare. Parlo al passato perché nel 2006 sono successe cose...“strane” e la Juve non è ancora tornata a essere ciò che ho imparato ad amare».

BOOSTA: «Il Toro è un retaggio familia­re. Un imprinting che poi maturando, co­noscendo la storia, guardando le partite, parlando con i tifosi ho consapevolizzato: “nel Toro” mi sono sempre trovato a casa».

Pensieri e sensazioni sulla difficile at­tualità delle due squadre.

N: «L’attualità della Juve è un incubo ini­ziato nel 2006 e dal quale non mi sono an­cora svegliato. Il futuro è nebbioso e sono convinto che possa iniziare solamente fa­cendo chiarezza sul passato. Quelli che di­cono: giriamo pagina, Calciopoli ci ha stu­fato, mi fanno arrabbiare. Ritengo ciò che è successo un'ingiustizia devastante. Ci è stata tolta una grande ricchezza, senza che si siano ritrovati dei riscontri delle ac­cuse. Sto seguendo molto attentamente il processo di Napoli e mi appare chiaro che allora si trattò di una montatura. Spero non ci sia prescrizione, vorrei che alla fine qualcuno pagasse il conto».

B: «Posso ridere e basta? Una risata sareb­be la perfetta sintesi. Noi granata abbia­mo raggiunto un livello mai visto nel cal­cio professionistico. Cairo ha sbagliato tut­to: serviva una persona più seria, con un’i­dentità più forte, non un emulo di ben al­tri personaggi. Anche perché non basta comprarsi una squadra per fare il presi­dente del consiglio... Il Toro di oggi sembra un film, una cosa di Carpenter degli inizi, molto low budget. Una storia spaventosa e girata tutta in casa».

La crisi delle due squadre di Torino ha a che fare con una qual­che crisi cittadina?

B: «In realtà è il contra­rio. Viviamo un parados­so, perché la città si è at­trezzata, nonostante la crisi e i debiti, a guidare la riscossa culturale ita­liana. Torino è la città meglio connessa con l’Europa, è stata capita­le di tutto: albero, libro, giovani... Del cal­cio ultimamente no. E una città che può davvero trainare un rinascimento cultura­le italiano meriterebbe anche due squa­dre all’altezza della storia».

La vostra musica prende spunti nel mondo amalgamandoli in un sound vincente. E’ la ricetta per Juve e Toro?
B: «In Italia non abbiamo il piacevole vizio di importare le cose migliori dall’estero. Non lo facciamo con i modelli di democra­zia e governo, figuriamoci con il calcio. Il tutto con la spocchia di “essere stati” ai vertici di tutto... Sarà è vero, ma oggi tutte le classifiche si aggiornano velocemente: senza umiltà finisci in fondo».

N: «La Juve ha bisogno di persone che riportas­sero lo spirito e la menta­lità di una volta. Chi sta nella stanza dei bottoni sembra essersi dimenti­cato cosa sia la Juve. O non l’ha mai saputo. Pen­so a esperienze tipo Barcellona, con il coin­volgimento diretto dei tifosi: sarebbe una carta da giocare perché c’è bisogno di ripor­tare dentro la Juve-società quello che è quasi solo nello spirito dei tifosi».

B: «Ma la differenza Agnelli-Cairo mi sem­bra abissale: Agnelli ama la Juve, Cairo...».

Chi è Andrea Agnelli per voi?

N: «E’ una speranza di continuità fra pas­sato e futuro. Capisco le enormi difficoltà che deve gestire nei rapporti con il resto della proprietà e imma­gino che si sia dovuto adattare a una realtà che non ha creato lui. Spero acquisisca più si­curezza, più potere deci­sionale e che prenda in mano il club con scelte coraggiose e anche con­trocorrente ».

B: «Con lui non parlo mai di calcio, né di affa­ri, ma di vita. Fondando insieme la casa editrice Add è nato un rapporto umano autentico. Ma devo ammettere che qualche sms di sfottò parte».

Contratto Del Piero: rinnovo o no?

N: «Sono combattuto. Del Piero oggi è la Juve, è ancora lui che risolve le partite, è forse l’unico campione. Però per me deve firmare se rimane Del Piero. Spero comun­que che il suo spirito e la sua esperienza ri­mangano all’interno della Juve. E di non vederlo mai in Giappone o simili».

Il vostro gotha dei campioni storici?

N: «Platini è in cima. Lui rappresenta la Juve che ho amato di più. Subito dopo viene Del Piero...» B: «Anch’io sono legato agli Anni 80. Per mere questioni anagrafiche, o perché dopo c’è stato po­co o niente... Le mie pri­me partite le giocavano uomini veri: Zaccarelli, Junior, Dossena».

A proposito di “uomini”, cosa pensate di quel tipo di calciatore d’oggi: sem­pre più “divo”, accoppiato alla show­girl televisiva, modaiolo, eccetera?

B: «E’ imbarazzante, una vergogna. Vent’anni fa c’erano riferimenti diversi. Fa parte del degrado culturale generalizzato e così si offende l’intelligenza dei giovani, perché chi ha un minimo di visibilità, ha il dovere morale di comunicare e insegna­re qualcosa. Comunque non voglio genera­lizzare, non tutti sono così».

Suonate nei palazzetti, che sono luo­ghi di sport: ci pensate ogni tanto?

N: «Ci sono molte analogie fra concerto e partita, soprattutto nel momento della preparazione: la concentrazione che sale, il riscaldamento. Il nostro concerto è mol­to fisico. Poi il rientro nello spogliatoio: grondanti di sudore, la doccia...».

Voi avete un “rito” preconcerto che vi fa somigliare a una squadra...

B: «Toro e Juve dovrebbero copiarci: tutti in cerchio e chupito di vodka prima di en­trare in campo. Magari gli svolta la parti­ta: tanto peggio non può andare di sicuro!».

Vi piacerebbe fare un concerto nel nuovo stadio della Juventus?

B: «Certo! Servono sempre più posti che permettano alla gente di stare vicina, in un periodo in cui tutto tende a separarti. Lo stadio fa circolare idee e parole: quello della Juve non deve fare eccezione».

N: «Ho un problema con il nuovo stadio: lo associo a una persona, Blanc, che ritengo responsabile degli ultimi disastri. Ma sbir­ciando le foto vedo che dovrebbe essere bel­lissimo. Lo stadio vero per vedere la parti­ta a Torino è sempre mancato. Il Delle Al­pi era freddo, quello nuovo dovrebbe ri­mettere i tifosi vicino alla squadra».

Questione Filadelfia.

B: «Bisogna combattere! E’ una ricchezza, in un periodo in cui i simboli mancano. Può spostare il baricentro di una squadra e di una città. Come i cancelli di Mirafiori, anche il Fila ha contribuito a scrivere la storia di questa città».

Campagna acquisti. Avete via libera...

N: «Capello allenatore. Giocatori? Provoco e dico Messi: quello deve essere il target della Juve! Campioni, non mezze figure».

B: «Basta che siano dei giocatori di pallo­ne e che ci sia un tecnico capace di resiste­re per più di due domeniche in panchina».

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