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« La ‘censura’ e la d.ssa ...JUVENTUS-GENOA: ECCO LE ... »

BUFFON E IL SUO ADDIO ALLA JUVENTUS...

Post n°4438 pubblicato il 09 Aprile 2011 da nadir63l
 

di thomas bertacchini
© foto di Federico De Luca

"Se c’è un rischio anche minimo, Milos non gioca. E in questo caso andrebbe in panchina". Alla vigilia dell’incontro del girone di andata tra Genoa e Juventus, Luigi Del Neri spiegò in maniera chiara il criterio con il quale avrebbe deciso se impiegare o meno Krasic nell’imminente partita contro i rossoblù.

La gara si disputò all’ora di pranzo: era la prima volta per la Vecchia Signora nel corso di questo campionato, mentre ne erano già state giocate nove dall’inizio della stagione in serie A considerando gli scontri delle altre squadre. Il giorno precedente il Milan aveva battuto a "San Siro" di misura la Fiorentina con una rete del solito Ibrahimovic, mentre Menez guidò la Roma nel successo casalingo per 2-0 contro l’Udinese (il secondo goal venne realizzato da Borriello).

I rossoneri staccarono momentaneamente la Juventus di nove punti in classifica, salvo poi ritrovarsela a sei lunghezze di distanza dopo la vittoria ottenuta al "Luigi Ferraris" dalla formazione guidata dal tecnico di Aquileia. Che, a fine incontro, dichiarò: "Inseguiamo la Champions. Prima non sapevamo per cosa avremmo lottato, adesso abbiamo quest’obiettivo, poi vediamo cosa succederà".
Il protagonista della partita fu, manco a dirlo, Milos Krasic. "E’ il nostro Ibra", disse di lui Felipe Melo. Un goal, dribbling in continuazione sugli avversari, accelerazioni devastanti: costretto a rimanere fermo ai box per una quindicina di giorni a causa di uno stiramento di primo grado all’adduttore, il serbo dimostrò sul campo di essere guarito. Criscito, il terzino genoano che se lo vide sbucare da ogni direzione per un’ora abbondante di gioco (poi uscì precauzionalmente prima della fine del match) lo poté testimoniare in prima persona. Il biondo centrocampista bianconero incantò tutti, anche Storari: "E’ semplicemente devastante".

Il portiere juventino, autore di un’ottima prestazione, al termine dei novanta minuti di gioco era raggiante: "Credo di aver dimostrato di essere un portiere da grande squadra. Buffon? Sono stato preso per non farlo rimpiangere, è questo il mio dovere, cerco di farlo al meglio, senza pensare ad altro". Il momento del rientro sui campi di calcio dell’estremo difensore della nazionale era ancora lontano: nel frattempo Madama era stata brava a reperire un validissimo sostituto cui affidarsi nell’attesa del suo ritorno. Che sarebbe arrivato, prima o poi, così come era palese che il passaggio del testimone tra i due numeri uno non sarebbe potuto avvenire senza strascichi polemici.

Il momento di convivenza più difficile, curiosamente, è capitato nella settimana che precede la gara di ritorno tra la Juventus e il Genoa, che si disputerà nuovamente all’ora di pranzo. Senza Gianluigi, così come era accaduto nel girone di andata. Questa, più di altre, era la "sua" partita: tifoso rossoblù (sin) da ragazzo e amante della Vecchia Signora da professionista.

Come tutte le storie sportive anche quella tra Buffon e la Vecchia Signora sembra stia per giungere al capolinea. Venne prelevato dal Parma nell’estate del 2001 per una cifra monstre di 105 miliardi di lire (comprensiva del cartellino del bianconero Jonathan Bachini). La Triade scelse di fare un investimento del genere su di lui per il semplice fatto che nel suo ruolo era il più forte giocatore del mondo.

Quando nel 2006 scoppiò il terremoto che si abbatté sul club, azzerandone la dirigenza, privandolo delle ultime vittorie ottenute sul campo e facendolo retrocedere nell’inferno della serie B, non abbandonò la barca che stava affondando, a differenza di molti altri compagni di squadra dell’epoca. Nonostante si fosse appena laureato campione del mondo con la nazionale di Marcello Lippi. Durante gli incontri disputati l’anno successivo i sostenitori juventini presenti allo stadio "Olimpico" gli chiesero a più riprese di saltellare con loro implorandolo di non trasferirsi all’Inter o al Milan. L’intero mondo bianconero attendeva la conferma della permanenza del portiere come un segnale di speranza per un futuro della società degno del suo passato.
L’incubo svanì i primi giorni del mese di giugno del 2007, quando Buffon firmò il prolungamento del contratto con Madama sino al 2012. "Perché sono rimasto? Ho pensato che le vittorie non sono tutte uguali. Io ne ho tante, a Parma, in bianconero, in nazionale. E non sono più famelico come prima, ma posso puntare al valore. Uno scudetto, ora, sarebbe qualcosa di inestimabile, non sarebbe uguale in nessun altro posto. Come il primo nella storia della Juve. Non ho preteso garanzie, ma era un’esigenza legittima vedere come questa squadra sarebbe diventata competitiva". Il resto della storia è noto a tutti.

Alla Juventus conta soltanto vincere. Neanche il tempo di alzare la Champions League da protagonisti, che Vialli e Ravanelli dovettero abbandonare Torino: squadra che vince si cambia. Per migliorarla. Roberto Baggio lasciò Madama quando in casa bianconera si accorsero che era sbocciato un nuovo fenomeno di nome Del Piero. Passano i calciatori, ma il club rimane. Non tutti sono uguali, però: c’è chi, nel periodo di militanza sotto la Mole, dimostra di possedere qualità umane che vanno di pari passo con quelle sportive. In alcuni casi, anche "oltre". Buffon è uno di quelli.
Se, come sembra, a fine stagione lascerà la Vecchia Signora al termine di un’annata che definire difficile è dire poco, l’augurio è che ciò possa avvenire nella maniera meno traumatica possibile.
Nel calcio moderno i tifosi sono ormai abituati ad ogni tipo di situazione, compresi gli addii più duri da digerire. Non è il caso di montare teatrini per difendere le rispettive posizioni contrattuali: non porta benefici a nessuno e inasprisce un bellissimo rapporto tra giocatore e sostenitori. Con i tempi che corrono è una merce sempre più rara. Il momento per dirsi "ciao e grazie di tutto" arriverà, prima o poi. Forse a breve.
E Gianluigi, nel caso, meriterà il giusto tributo da parte di quello che per dieci anni è stato il suo popolo.

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