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Anastasi: "Pirlo bene, ora Rossi.

Post n°5070 pubblicato il 12 Luglio 2011 da nadir63l
 

. E se arriva anche Vucinic facciamo paura a tutti. Moratti non è un signore, doveva restituire lo scudetto 2006 spontaneamente"

Gianni Agnelli lo soffiò all’Inter pagandolo per la cifra record di 660 milioni di lire, il trasferimento più costoso del calcio italiano durante il quinquennio 1968-73. Pietro Anastasi è arrivato alla Juve “A poco più di vent’anni. Una realtà nuova e del tutto diversa per uno che viene dalla provincia. Non mi sono lasciato per nulla intimorire, diciamo che è andata bene”. Altruismo, scatto e una velocità impressionante, queste le migliori doti di “Pietruzzu”, idolatrato a dismisura dal popolo bianconero che lo etichettò fin da subito come il suo “Pelè bianco”. Non avrebbe mai voluto lasciare la “sua” Dama purtroppo “Andai via perché ebbi un litigio con Parola e da quel momento fui messo fuori rosa. Ho lasciato la squadra in testa, a fine stagione si è fatta recuperare…”. Frasi nette, espressioni di realtà pura quelle espresse dal “Picciotto” siciliano che, in esclusiva a Calcio Gp, rivela aneddoti particolarmente curiosi della sua gloriosa esperienza all’ombra della Mole quando ad esempio “La chiamata di mia moglie si rivelò più decisiva di quella dell’Avvocato…” spaziando sulle vicende attuali della Vecchia Signora con “Marchisio che sarà la sorpresa dell’anno” e invitando la dirigenza a comprare i campioni come “Rossi, uno che mi somiglia tanto. Più funzionale di Aguero”.

Pietro, arrivi a Torino come l’acquisto più oneroso di tutto il calcio italiano e forse mondiale del quinquennio 1968-73. Avvertivi da parte dei tuoi nuovi compagni una certa “pressione” nei tuoi confronti?
“Sono arrivato alla Juve a poco più di vent’anni, una realtà nuova e del tutto diversa per uno che viene dalla provincia. In più mi portavo dietro l’etichetta per certi versi “pesante” di essere stato l’acquisto più costoso del calcio italiano. E’ normale che le pressioni intorno a me erano altissime. Ma per fortuna non mi sono lasciato per nulla intimorire, diciamo che è andata bene”.


Hai giocato al fianco di tanti campioni sia alla Juve che in Nazionale. Qual è stato il più forte in bianconero?“Ho avuto la fortuna di aver fatto parte di un gruppo eccezionale, di veri uomini. Il primo nome che mi viene in mente è Dino Zoff. Un numero uno in assoluto, un leader. Si faceva trovare sempre pronto nei momenti decisivi. E’ facile per un portiere essere il migliore in campo quando ti arrivano dieci tiri in porta e poi magari prendi pure gol, come accaduto a Storari quest’anno. Il campione invece è quello che ti fa le due parate decisive, riuscendo a mantenere la giusta concentrazione, dopo che durante tutto l’incontro non viene quasi mai impegnato”.

Il trionfo più bello e il tuo rimpianto più grande.
“La vittoria più bella è legata alla conquista del primo scudetto. Quel campionato rappresentò il primo traguardo della mia carriera e dell’esperienza juventina. La delusione più grande è la sconfitta in finale di Coppa Campioni a Belgrado contro l’Ajax. C’è tanto rammarico perché gli olandesi in quella partita non avevano espresso il loro calcio migliore. Siamo stati condizionati dal loro nome, da quel concetto di “calcio totale” che li identificava in tutto il mondo. In quel periodo comunque erano indubbiamente la squadra più forte d’Europa”.

Che rapporto avevi con l’Avvocato? Raccontaci qualche gustoso retroscena che vi ha visto protagonisti.
“Mi ricordo quando Parola mi comunicò la decisione di mandarmi in panchina prima di una partita. Mi opposi fermamente perché volevo a tutti i costi partire titolare. Così dopo il pranzo in ritiro andai a casa dell’Avvocato che cercò di convincermi in tutti i modi. Non ci riuscì. Nel frattempo ricevetti una chiamata di mia moglie che mi invitava ad accettare tale decisione. In quel match poi feci tre gol in quattro minuti. Il giorno seguente mi chiama la sua segretaria e me lo passa. Lui mi dice “Anastasi ha visto che avevo ragione io” ed io gli rispondo “Sì Avvocato aveva ragione”. In realtà però è stato decisivo l’intervento di mia moglie, a lui non potevo dirglielo…”.

Dopo varie incomprensioni proprio con Parola vieni messo fuori rosa e a fine stagione lasci la Signora. Cosa è successo?
“Avevo rinunciato a prendere parte alla trasferta in Coppa Uefa contro l’Ajax dato che venivo da un piccolo infortunio e volevo prepararmi al meglio alla successiva partita, il derby contro il Toro. Sabato in ritiro Parola mi dice che sarei stato escluso perché avevo avuto paura ad andare a giocare in Olanda. Giocavamo spesso in terreni disastrosi, quasi impossibili. Figuriamoci se mi spaventavo ad andare lì. Allora l’ho mandato a quel paese e sono stato messo fuori rosa. Avevo lasciato la squadra in testa con cinque punti di vantaggio e alla fine si è fatta recuperare. Ho chiesto a Boniperti di essere reintegrato ma tutti avevano preso una scelta unanime, società, allenatore e compagni di squadra. Così ho deciso di andarmene, non avevo altra scelta”.

Nell’ultima stagione i tifosi juventini hanno assistito ad un vero e proprio disastro sportivo, con l’esclusione perfino dalla tanto bistrattata Europa League. Di chi sono le maggiori responsabilità?
“Gli sbagli fatti sono sotto gli occhi di tutti. L’allenatore non ha mai dato una precisa identità di gioco alla squadra. Sono stati presi tanti buoni giocatori ma tra questi non è arrivato nessun campione, uno di quelli che ti cambia con una giocata le sorti di un incontro. Alla Juve serve gente di alto livello, ora non si può più sbagliare. I tifosi hanno sopportato abbastanza, la pazienza ha un limite. Mi auguro venga allestita una squadra competitiva che sia in grado di lottare per le posizioni di vertice. Non dico che debba per forza vincere il campionato ma almeno provare a giocarsela fino alla fine. Nell’ultimo anno era andato tutto in fumo già a metà campionato, una situazione paradossale. Bisogna subito invertire la rotta”.

Ti soddisfano gli acquisti fatti al momento? Secondo te chi potrebbe essere la sorpresa dell’anno?
“Rispetto a Grygera, Motta e Grosso gli arrivi di Lichtsteiner e Ziegler sono un buon punto di partenza. Pazienza è uno che ti può fare quindici, venti minuti a partita, per completare l’organico va bene ma qui, ripeto, ci vogliono i campioni. Non si può pensare infatti di conquistare in futuro qualche trofeo prestigioso schierando sulle fasce determinati giocatori. Pirlo è stato un acquisto azzeccato. Insieme a Del Piero è l’unico in grado di gestire la palla nei momenti difficili e di addormentare il gioco. Sono convinto che questo sarà l’anno di Marchisio, a patto che ritorni ad essere il talento che tutti conosciamo. Ha fatto tutta la trafila del settore giovanile come Furino e Bettega e prima poi dovrà imporsi definitivamente. In difesa poi darei un’altra chance a Bonucci. E’ stato un troppo lezioso, ma aspettiamo prima di dare giudizi definitivi”.

L’arrivo di Aguero sembra ormai tramontato. La scelta di puntare su Rossi sarebbe il classico ripiego?
“Rossi mi piace molto, l’ho sempre preferito ad Aguero. Mi somiglia tanto, in lui rivedo la mia caparbietà e rapidità di movimento. Sarebbe più funzionale agli schemi dell’allenatore. Se arriva pure Vucinic il reparto offensivo è a posto. Un quartetto formato dal montenegrino e Krasic sull’esterno con al centro Matri e Rossi non sarebbe male”. 

In questi giorni tiene banco la questione relativa al famoso scudetto del 2006. Dopo la relazione di Palazzi non pensi sia il caso che l’ “onesto” Moratti restituisca spontaneamente il cartonato?
“Una volta emerse le prime telefonate che riguardavano l’Inter Moratti doveva riconsegnare spontaneamente quel titolo. Sarebbe stato un gesto signorile, ora non ci sta facendo proprio una bella figura…E comunque la Juve di Capello era uno squadrone, ha vinto sul campo meritatamente dominando gli avversari. Non aveva certo bisogno di aiuti. Basta guardare il numero di juventini in campo nella finale del Mondiale 2006 per farsi un’idea”.

I supporters di Madama ripongono tanta fiducia in Andrea Agnelli. E’ sbagliato sostenere che nelle sue scelte c’è sempre lo zampino di John Elkann?
“I soldi per il mercato li mette a disposizione la Exor. E’ normale che prima di concludere determinate operazioni serva il placet di Elkann. Vorrei che la Juventus quando decide di investire su un giocatore non ci pensi due volte. Se costa trenta, quaranta milioni lo deve prendere subito, senza tentennare. Una grande squadra non deve farsi scappare i migliori sulla piazza. La proprietà deve mettere a disposizione ogni risorsa finanziaria se vuole riportare questa società ai livelli che le competono”.

Approvi la scelta di puntare su Antonio Conte? Cosa rispondi ai più scettici che rivedono i fantasmi della sciagurata gestione Ferrara?
“Rispetto a Ferrara Antonio ha fatto la giusta gavetta. Ciro aveva lavorato solo come assistente di Lippi, da collaboratore esterno. Guidare direttamente un team è un’altra cosa. Conte ha dimostrato di essere pronto al grande salto, le promozioni ottenute a Bari e Siena lo dimostrano. Poi conosce l’ambiente e questo è un vantaggio. Tra lui e Mazzarri, mi tengo Conte tutta la vita”.

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