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« TACCONI: Scudetto 2006? ...Juventus, a Siena i tifo... »

Narducci, le telefonate “penalmente irrilevanti” e gli altri

Post n°5361 pubblicato il 16 Settembre 2011 da nadir63l
 

Immagine IPB
(immagine di Whyborn)

di G. Fiorito

Giorno 8 agosto 2011 Giancarlo Abete , presidente della FIGC, rilascia un’intervista al vice-direttore della Gazzetta dello Sport Ruggiero Palombo e in merito alla questione dello scudetto 2005-2006 dichiara: “… Peraltro la centralità del problema, oggi, è relativa alla conoscenza di quelle telefonate ... Qualcuno ci deve dire se quelle telefonate erano note o no. Guido Rossi ha certificato la sua posizione che fino a prova contraria è quella di un Commissario Figc che ne ignorava l'esistenza. Beatrice, Narducci, Auricchio suscitano qualche interrogativo in più. Perché è evidente che quello che poteva non essere rilevante per il processo penale lo era per quello sportivo".

I processi che riguardano calciopoli poggiano le loro tesi e dispongono di “mezzi di prova” basati quasi esclusivamente su un’attività di intercettazione telefonica che si è svolta tra l’agosto 2004 e il 29 maggio 2005. Oltre 170.000 intercettazioni, delle quali, come ha ricordato l’avvocato Prioreschi nell’udienza del 6 giugno 2011 del procedimento per la radiazione di Moggi, Giraudo e Mazzini, solo 21 sono state prese in considerazione per condannare la Juventus alla serie B e radiare i suoi dirigenti dal mondo del calcio.
Un numero che oggi appare troppo esiguo persino a Giuseppe Narducci, uno dei due ex pm del processo di calciopoli di Napoli, da tre mesi assessore alla sicurezza della giunta napoletana di De Magistris. L’altro era Filippo Beatrice, nominato il 9 aprile 2009 sostituto alla Procura Nazionale Antimafia.
Chi e perché ha nascosto i contenuti delle intercettazioni compromettenti soprattutto per l’Inter?

Così come Abete, anche le ultime udienze preferiali di Napoli hanno puntato l’indice sui carabinieri che hanno condotto l’indagine e sui pm Narducci e Beatrice. A loro la parola.
Il 27 ottobre 2008, nella sua requisitoria di apertura del processo celebrato con rito abbreviato nei confronti di 11 imputati, tra i quali Antonio Giraudo, Narducci afferma perentoriamente: ”Piaccia o non piaccia agli imputati non ci sono mai telefonate tra Bergamo o Pairetto con il signor Moratti, o con il signor Sensi o con il signor Campedelli, presidente del Chievo. Ci sono solo quelle persone (gli attuali imputati, ndr), perché solo quelle colloquiavano con i poteri del calcio. I cellulari erano intercettati 24 ore su 24: le evidenze dei fatti dicono che non e’ vero che ogni dirigente telefonava a Bergamo, a Pairetto, a Mazzino o a Lanese: le persone che hanno stabilito un rapporto con questi si chiamano Moggi, Giraudo, Foti, Lotito, Andrea Della Valle e Diego Della Valle”.
L’intenzione è quella di confutare la tesi secondo la quale a intrattenere rapporti con i designatori erano tutti i dirigenti di tutte le squadre.

Il 13 settembre 2011
Narducci ritorna sull’argomento, rispondendo a Maurizio Galdi e Ruggiero Palombo che lo intervistano per la Gazzetta dello Sport e gli chiedono conto del perché di quella ormai celeberrima affermazione smentita clamorosamente dai nuovi fatti e dalle nuove prove emersi al processo di Napoli: “Quella frase è stata sempre e volutamente equivocata. Era inserita nel contesto del processo e significava che non avevamo altre telefonate «penalmente rilevanti» nel fascicolo”. Apparentemente un malinteso. Che Narducci tenta di spiegare meglio più avanti nel corso dell’intervista, quando sottolinea la presunta struttura di potere della cupola moggiana, che secondo il suo castello accusatorio si giovava non solo di uomini e società, ma aveva in mano i designatori e agiva attraverso i cellulari con le schede svizzere e i sorteggi taroccati.
Le dichiarazioni dei testimoni di Napoli e le prime arringhe difensive hanno smantellato le sue tesi.

L’avvocato Gallinelli, durante l’arringa difensiva di De Santis, ha smontato la genesi e l’esistenza della combriccola romana, alla quale attinge l’ipotesi degli arbitri amici della Juventus. Lo stesso De Santis parlava al telefono con Facchetti, che a sua volta interloquiva con Mazzini, Ghirelli, Lanese, Mazzei, Bergamo. Che discuteva con Moratti. Ed erano conversazioni nelle quali si parlava di arbitri e guardalinee, in tono confidenziale, condito di osservazioni con le quali il designatore lasciava intendere come gli stessero a cuore le sorti dell’Inter affetta da pareggite e svelava incontri finalizzati a riflessioni comuni e al ritiro di qualche regalino.
E ad essere intercettati non erano Facchetti e Moratti, poiché la loro voce non ci arriva dall’aldilà, né dal pianeta dagli onesti, ma da quelle poche occasioni fornite dalle cosiddette telefonate di rimbalzo. E Narducci non può ignorare nella sua veste di ex pm il rilievo penale dei dossieraggi illegali Telecom, avendo cercato di fare di Nucini il testimone chiave del processo di calciopoli.

Tuttavia il 27 ottobre 2008 Narducci si trova di fronte al gup De Gregorio insieme a
Beatrice . Che il 6 luglio 2011 rompe il silenzio e fornisce la sua versione del giallo delle intercettazioni nascoste sul Corriere della Sera: "Erano centinaia di migliaia, partimmo da un primo screening effettuato dai carabinieri nel 2006. Poi siamo andati avanti per approfondire le indagini ma non siamo arrivati a quelle telefonate, almeno fino a che io ho lavorato all’inchiesta, prima del trasferimento alla Dia nel 2009. A riprova della enorme mole di materiale che le parti dovevano studiare, vi ricordo che quelle telefonate furono tirate fuori dalla difesa ma con un ritardo notevolissimo. Quindi anche per gli avvocati è stato un lavoro molto lungo".

Ricapitoliamo. Il 27 ottobre 2008 Narducci e Beatrice, piaccia o non piaccia, non conoscono le telefonate incriminate. Il 13 settembre 2011 Narducci ammetterebbe di averle conosciute, ma di non aver dato loro rilievo penale. Ma c’è di più, perché afferma: “La Federcalcio venne da noi appena scoppiato pubblicamente il caso Calciopoli, siamo ai primi di giugno 2006. Ci chiese immediatamente tutta la documentazione in nostro possesso e noi aderimmo all'invito. Consegnammo le carte sulle quali stavamo lavorando”.
Tra il 2008 e il 2011 ci sono i baffi di Auricchio & C. Le immagini dei brogliacci diffuse a luglio da giornali e web sulle segnalazioni fornite dai carabinieri che indagarono su calciopoli e ascoltando le intercettazioni giudicarono di rilievo anche le telefonate nascoste e raccolte nei cd consegnati alla Procura di Napoli i primi di agosto 2005 perché i pm esaminassero e valutassero il materiale raccolto. Sicché Narducci, sentendo gravare su di sé la colpa, ma anche il reato dell’occultamento di prove, sembra lanciare un messaggio alla FIGC proprio quando “si inventa” l’idea che, pur consegnandole, non aveva considerato penalmente rilevanti le intercettazioni mancanti nel 2006. Quelle delle quali Abete lascia intendere che vorrebbe gli si rendesse conto.
Non sarebbero state penalmente rilevanti ai fini della giustizia ordinaria, ma contenendo gli illeciti, che significano serie B, di marca nerazzurra, come ha sottolineato anche Palazzi nella sua relazione per la mancata revoca dello scudetto di cartone, avrebbero causato grossi guai all’Inter e altrettanti ne avrebbero risparmiati alla Juventus.


Azzardiamo la tesi che secondo Narducci sia stata la FIGC a occultare le telefonate. FIGC nel giugno 2006 significa Guido Rossi, commissario straordinario dal 16 maggio e Borrelli, nominato il 23 maggio dallo stesso Rossi capo dell’ufficio indagini al posto del dimissionario Italo Pappa.
Guido Rossi dice la sua il 15 luglio 2011 con una comunicazione scritta al Consiglio Federale, preoccupato di un silenzio che potrebbe danneggiare la sua posizione. E’ Valerio Piccioni a dare la notizia il 19 luglio sulla Gazzetta dello Sport: “E' stato Abete a svelare il contenuto delle parole di Rossi secondo cui non risultavano a lui e all' Ufficio Indagini presieduto allora da Francesco Saverio Borrelli, informazioni su «tesserati diversi da quelli oggetti di deferimento». Quindi, né lui né l' ex capo del pool di mani pulite erano a conoscenza dell’identità dei protagonisti delle telefonate bis, anzi delle stesse telefonate dell'Inter e delle altre sette squadre analizzate nella recente relazione Palazzi”.
Rossi assolve se stesso e
Borrelli. Dice che non sapevano. Il 19 giugno 2006 l’ex capo del pool di mani pulite conclude così la relazione che consegna al procuratore Stefano Palazzi: “Resta da ripetere che le indagini dovranno proseguire: la vastità del contesto, la unicità di questo che è il più grande scandalo del mondo del calcio, il numero davvero ampio di società e soggetti coinvolti, i plurimi filoni investigativi che sin da ora emergono e che vieppiù emergeranno nel prosieguo, non permettono di ritenere conclusa l’opera di individuazione delle responsabilità eventualmente attribuibili ad altre società e ad altre persone fisiche”.
Il 14 settembre 2006 ritorna su calciopoli nel corso dell’audizione della commissione Giustizia del Senato, sottolineando la necessità di ulteriori accertamenti, poiché non tutti gli atti e le telefonate che riguardavano calciopoli erano stati consegnati alla FIGC.


Molti vorrebbero cancellare calciopoli con un colpo di spugna. Qualcuno ha già gettato la spugna. Luciano Moggi no. Noi no.

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