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La differenza tra me e te. Gianni, Umberto e gli altri...

Post n°5770 pubblicato il 21 Febbraio 2012 da nadir63l
 

Immagine IPB

di G. Fiorito

C’è un momento nell’intervista di Andrea Agnelli alla trasmissione XXL nel quale il Presidente della Juventus ricorda il padre Umberto. Una scena che non è ferma nella sua memoria di bambino, ma che si è ripetuta tante volte. Il Dottore lo prende per mano e lo accompagna allo stadio per vedere giocare la Juventus, ma anche per introdurlo nelle segrete stanze che dallo spogliatoio conducono ai settori dirigenziali.
Il mio cuore ha avuto un fremito. Il battito di tifosa della Juventus all’unisono con quello di madre.

Andando a incontrare Edoardo Agnelli. Si dice che il padre Gianni un giorno gli avesse promesso di portarlo allo stadio e se ne fosse poi dimenticato.
Spesso a noi genitori capita di deludere i bambini, distratti dalle nostre cose “da grandi”. E più siamo grandi, più i nostri errori diventano grandi.
Mi si è fissata allora nella mente l’immagine dell’Avvocato, la mattina del 15 novembre del 2000, impassibile sul punto estremo della vita di suo figlio: il ponte dal quale era precipitato lasciando aperti tanti interrogativi sulla sua vita, qualcuno sulla sua morte, tanti sull’eredità degli Agnelli.
Edoardo, il ragazzo solare delle testimonianze della sorella e degli amici, la creatura enigmatica e crepuscolare che agli affari sembrava preferire gli studi di filosofia e religione.
La vittima sventurata dell’abuso di droghe, nel tempo della sua gioventù di ragazzo privilegiato degli anni sessanta e settanta. Era nato nel 1954. Gianni Agnelli scrisse la lettera di Monaco il 26 luglio 2006, ripudiando a un passo da un intervento chirurgico che avrebbe potuto non rendergli la vita il figlio in favore del nipote John Elkann, primogenito della figlia Margherita.
Scriveva Edoardo alla sorella: “Papà mi ha parlato di alcuni lavori e di certi progetti... Vorrei che papà mi stesse vicino per accompagnarmi lungo i primi passi del percorso che, immagino, sarà lungo e assai impegnativo. Mi auguro proprio che questo accada, anche se pensandoci provo un disagio simile alla paura”. E ancora: “Mio padre si è comportato benissimo fino ad oggi. Ma se non imposta la propria successione in maniera corretta anche lui dovrà rispondere delle proprie azioni e dare le sue spiegazioni davanti a Dio”.

Parole pesanti. Deluse dalle ragioni “di stato” della famiglia. Il 23 settembre 2010 una puntata di “La storia siamo noi” di G. Minoli dal titolo “L’ultimo volo” ha cercato di fare luce sulla vicenda, ricostruendo le ultime ore di vita di Edoardo e la sua complessa personalità. L’abbigliamento, i movimenti della sua automobile prima del balzo di ottanta metri, le telefonate agli amici del giorno prima renderebbero plausibile il suicidio piuttosto che l’omicidio. Ma Edoardo viveva ormai segregato, controllato da guardie di sicurezza e infermieri ai quali in qualche modo la sua fragile vita è sfuggita.
Come ne è sfuggito il senso al padre Gianni. Il Re d’Italia. L’uomo che ci ha rappresentato per decenni nel mondo. Con la sua immagine vincente di mecenate e seduttore.

La tragica morte di Edoardo non è l’unico episodio drammatico nella storia degli Agnelli.
Susanna ha raccontato in “Vestivamo alla marinara” l’incidente surreale che fu causa della morte del padre. “Il pezzo mancante”, film documentario del 2010, ha ricostruito l’albero genealogico degli Agnelli attraverso cinegiornali, filmati delle teche televisive, interviste esclusive e sequenze animate, scavando nel mito dell’Avvocato e restituendo alla realtà della cronaca la figura di Giorgio.
Giorgio era uno dei fratelli di Gianni e Umberto. Morto in una clinica svizzera a 35 anni nel 1965. Rimosso dalla storia della famiglia più potente d’Italia in virtù delle sue nevrosi fino a venire fisicamente eliminato dalle foto di gruppo.
Ha scritto il regista Giovanni Piperno: “Che diritto avevo di violare la privacy di una famiglia che della riservatezza ha fatto una regola di vita?… Mi sembra che alla fine il tema della rimozione, diventato centrale, ci possa riguardare tutti. Non solo perché in gran parte delle famiglie esistono componenti considerati vergognosi, o lutti troppo dolorosi, dei quali non si vuole coltivare il ricordo, ma anche perché il vizio di non fare i conti con il proprio passato è una caratteristica del nostro paese…”.
Lo stesso atteggiamento si ritrova nella recensione che del film ha fatto Lidia Ravera durante la sua presentazione e sul Fatto Quotidiano. Ha ricordato di essere nata a Torino e di averla abbandonata a 18 anni insieme con la presenza straripante degli Agnelli. Citando un episodio della sua giovinezza, quando, dopo aver scritto “Porci con le ali”, fu convocata con l’autrice di “Vestivamo alla marinara” per un confronto televisivo nella trasmissione “Match” di Alberto Arbasino.
Si decise a comprarsi un tailleur e lo indossò, ma Susanna si era premurata di abbigliarsi con un paio di jeans e una maglietta blu.

Forse è quello che dovremmo fare anche noi. Ho letto i due libri. Niente di più diverso. Il punto non è scegliere. La morte segna uno spartiacque. Gianni e Umberto sono consegnati alla storia. A noi spetta di capire e spiegare la storia con tutto il dolore che a volte comporta.
Gianfrancesco Turano fa ancora leva dalle colonne dell’Espresso sulla diatriba scaturita per l’eredità di Gianni e Umberto. Riecheggia la loro presunta rivalità in quella tra Andrea e John.
Domandandosi chi regge i cordoni della borsa. Andrea Agnelli ha detto il 29 aprile del 2010, quando fu reso ufficiale che sarebbe diventato presidente della Juventus: “Oggi c’è un cerchio che si chiude”.
La sua presidenza ha sanato un’anomalia, riportando un uomo di nome Agnelli alla presidenza della Juventus, con un ritorno al passato che ha colmato il salto generazionale.
Sia Andrea che il compianto fratello Giovanni erano figli di Umberto, come Edoardo era figlio di Gianni. Andrea ha preso in mano il timone della Juventus dopo un periodo di grave crisi. Come aveva fatto Umberto sul finire degli anni cinquanta con la Juventus della prima stella e negli anni novanta con l’avvento della Triade. La Juventus della Triade è la Juventus di calciopoli. Non vogliamo che le sue vittorie e la sua storia siano rinnegate.

Per un fatto generazionale alla parola Juve mi fiorisce sulle labbra la formazione di Zoff e Scirea, la Juve di Trapattoni, una di quelle dell’Avvocato. La mia squadra del cuore è nata nel 1897 e ha vinto 29 scudetti. Tutti legittimamente sul campo.
Lo stile Juve è fatto dello charme di Gianni e del pragmatismo di Umberto. E’ la differenza tra me e te.

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