Post n°6464 pubblicato il
17 Settembre 2012 da
nadir63l
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"La vendetta. Così la Juve è tornata Juve" è un libro scritto da Maurizio Crosetti, dedicato all’ultima vittoria della Juventus, quella dello scudetto n. 30 “sul campo”.
Una piacevole lettura, con passaggi a volte scontati, che ripercorre le gesta dei protagonisti dell’ultimo campionato dove l’autore non dimentica di fare i soliti richiami al passato “da dimenticare”; il passato di calciopoli, le richieste di risarcimento i danni, i conflitti con la Federazione.
Questo libro è stato pubblicato prima della deflagrazione della “scommessopoli” di Antonio Conte. Crosetti in quel frangente accusa non velatamente la Juventus di aver voluto una contrapposizione gratuita, quasi inutile, con la Federazione (cosa avrà mai da lamentarsi la Juventus?).
I fatti, quelli reali e non filtrati dai media, sembrano smentire questa gratuità che vuole la Juventus proporsi contro le istituzioni sportive, ancor più dopo la persecuzione ai danni di Antonio Conte, anche per chi considera, quanto già patito dal 2006 non sufficiente per motivare quel rancore tanto inviso al giornalista.
A volte far passare un messaggio errato può essere ancor più semplice attraverso racconti di celebrazione come questi. Si parla di vittoria scudetto e si affiancano, quasi per caso, argomenti di ben altro spessore.
Crosetti parla dei temi legati in qualche modo a calciopoli e alle varie recriminazioni del mondo bianconero in modo soft; molto più soft rispetto alle sue battutine su twitter o ai commenti istantanei sul web, ma significativo comunque di un chiaro pensiero, di una condotta che sembra essere il marchio di fabbrica di alcuni giornalisti sportivi, laddove si intravede lo “spauracchio” della giustizia, che quelli ironicamente animati da “orgoglio gobbo” continuano a chiedere a gran voce.
Alcuni passaggi del libro:
Questa è una storia di orgoglio e passione di pazienza e speranza, di veemenza e rabbia. Questa è la storia di un riscatto e un ritorno: è la storia della Juventus tornata Juventus. Dopo le amarezze di calciopoli, la retrocessione decisa dalla giustizia sportiva, gli scudetti tolti a tavolino e due umilianti settimi posti, la squadra più amata e odiata d'Italia è di nuovo protagonista, grazie al memorabile duello con il Milan vissuto fino all'ultimo respiro.
Questa è anche la storia di un'identità ritrovata. Un giovane presidente che si chiama Agnelli, un allenatore carismatico come Antonio Conte, un regista come Pirlo, un guerriero come Vidal, e poi il canto del cigno di Del Piero, la seconda giovinezza di Buffon, la difesa blindata, gli estri di Vucinic, il sacrificio degli attaccanti, il nuovo stadio: tutto questo rappresenta la forza, e la vendetta della Vecchia signora del calcio..
A differenza di altri Presidenti che vivono il ruolo con competenze soprattutto manageriali, il giovane Agnelli è anche appassionato di calcio. Ci capisce, come si dice in questi casi. Con ironia assai popolare, già nei primi mesi della sua presidenza ha rivendicato "l'orgoglio gobbo" come valore fondante. E questo è molto piaciuto ai tifosi, stanchi della gestione fredda, e quasi fallimentare dal punto di vista sportivo, di Cobolli Gigli e Blanc, i quali peraltro hanno riportato la Juve in serie A dopo la tempesta di calciopoli e hanno concluso le operazioni finanziarie e commerciali legate alla valorizzazione dello Juventus Stadium. Ma la gente vuole vincere, non arrivare al settimo posto: posizione in classifica inizialmente condivisa da Andrea Agnelli nel suo breve tratto di presidenza. Però era chiaro che il nuovo capo bianconero sarebbe stato giudicato dalla stagione seguente, la sua prima davvero operativa e il risultato finale va oltre le previsioni di tutti.
Il presidente ragazzino piace ai tifosi per l'impeto e la grinta. . Ha commesso qualche errore di gioventù, come l'eccessivo accanimento nell'affrontare la Federcalcio nella questione legata ai risarcimenti milionari, dopo i due scudetti tolti ai bianconeri e la relativa retrocessione; avrà pure sbagliato i modi e i tempi della gestione Del Piero, che proprio non doveva diventare un caso; ma ha saputo costruire una squadra degna del suo passato, scegliendo come allenatore Antonio Conte, e un manager esperto e capace, Giuseppe Marotta. Due mosse perfette....
Andrea Agnelli ricorda Giraudo nel modo di battere il pugno sul tavolo, quando è il caso. Con lui la Juventus è tornata a farsi ascoltare nei palazzi del potere, anche a costo di un conflitto con le istituzioni sportive che prima o poi andrà sanato; gli oltre 440 milioni di euro chiesti dal club bianconero come risarcimento dopo calciopoli . sono una linea del Piave che dovrà essere superata.
Il presidente Andrea Agnelli non è mai spinto ad accuse dirette e gravi, ma allo stesso tempo non ha mai discusso il suo spirito battagliero. A chi, prima dell'ultima esaltante stagione, gli chiese; presidente, ma la Juve ha vinto 29 scudetti o 27? Agnelli rispose senza il minimo dubbio:"Ne abbiamo 29 e anche quelli che ci sono stati tolti li avevamo vinti sul campo e con pieno merito. Li sentiamo nostri quanto gli altri". Non si tratta solo di una discrepanza aritmetica, è il segno tangibile della distanza tra il club bianconero e la Federazione italiana giuoco calcio. Prima o poi, questo spazio andrà in qualche modo colmato, anche perchè la Juventus non può certo chiamarsi fuori dall'organismo che governa il primo sport nazionale...
La Juve ha presentato un esposto all'Uefa, ancora e sempre, per quel benedetto titolo del 2006...
La bravura della Juve è stata ritrovare la propria storia, una linea di continuità con le epoche più gloriose , e nello stesso tempo il valore di una lezione imparata dalle sconfitte sui campi della provincia, dentro stadi un po' cadenti, con le tettoie ondulate e i balconi appesi oltre il campo, pieni di gente che si affacciavano per vedere una leggenda sportiva finalmente umana, anche nella debolezza. Che poi sia diventata forza, è la prova che lo sport è sempre una porta spalancata per chi ha coraggio...
Una linea, quella con il passato, che dovrà essere superata ma solo quando sarà possibile definirla con la giustizia, quella vera e non con quella imposta dal sentimento popolare e dalle chiacchiere da bar.