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« CONTE integrale: "Con la...NON SI TOCCA! »

Sentenza Telecom. Gli intoccabili e il potere di non sapere

Post n°6982 pubblicato il 15 Febbraio 2013 da nadir63l
 

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Immagine IPB

di G. Fiorito

“Finisce in carcere la 'squadra Tavaroli': la prima Corte d'assise di Milano ha condannato i collaboratori dell'ex capo della security di Telecom e Pirelli, accusati di associazione a delinquere per aver creato dossier illeciti su personaggi noti e meno noti”. (La Repubblica, 13 febbraio 2013) 7 anni e mezzo a Bernardini, 5 e mezzo a Cipriani, 1 anno a Angelo Jannone, 4 a Andrea Pompili, 2 e mezzo a Roberto Preatoni. Risarcita per 10 milioni di euro la Telecom, oltre alla Presidenza del Consiglio, ai ministeri dell'Interno, della Giustizia, dell'Economia, all'agenzia delle entrare, all'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, al PD come erede dei DS, all'ex vicedirettore del Corriere della Sera Massimo Mucchetti. Mentre Luciano Moggi, che pure era parte civile perché spiato, non avrà nessun risarcimento.

Il re, gli hacker e gli ex carabinieri

Visto col senno di poi, l’affaire Telecom potrebbe avere questa tra le chiavi di lettura: un contrasto tra due epoche, due modi differenti di fare spionaggio. E la fusione forse mancata tra i vecchi sistemi derivati dalle potenzialità della magistratura acquisite durante la lotta al terrorismo e in gran parte riversate nella lotta alla mafia (anche attraverso un uso indiscriminato di intercettazioni telefoniche e infiltrazioni dentro le organizzazioni) e l’esplosione del fenomeno degli hacker. L’enigma irrisolto concentra l’attenzione, come spiegò a suo tempo Giuseppe D’Avanzo e come conferma Andrea Pompili nel suo libro “Le Tigri di Telecom”, sulla privatizzazione dei metodi di indagine e del patrimonio di informazioni acquisito dagli ex appartenenti alle forze dell’ordine, nella fattispecie ex carabinieri, militari con cariche e gradi di spicco, ufficiali della guardia di finanza, passati tutti dal percepire uno stipendio dallo stato e dall’operare sotto giuramento di fedeltà e onore, a contrattare guadagni con le imprese private. In questo humus che genera le vicende Telecom, emblematiche della collusione tra interessi pubblici e privati, si innesta l’ansia tecnologica, posta a servizio da una parte delle nuove leve di hacker inseriti nei quadri dirigenziali di un’azienda di spicco, impressionate dal potere delle armi tecnologiche a disposizione e poco inclini a un’etica in grado di spaziare oltre il successo e l’arricchimento personale, come si evince dalla testimonianza offerta da Pompili nel suo libro e dall’altra di imprenditori ossessionati dall’esigenza di conoscere prima le mosse dell’avversario. Non a caso Pompili concede a Tronchetti Provera l’appellativo di re, così egocentrico e quasi ipertrofico nel pretendere di sapere sempre cosa gli altri pensino di lui nell’imminenza di un’importante riunione o di un affare.

Io so che tu sai che li spio

La recente sentenza sui dossier illegali Telecom ci consegna ‘la squadra di Tavaroli’ ancora una volta come “il colpevole”. Spiavano centinaia, migliaia di persone e personaggi del mondo della cultura, dell’imprenditoria, della politica. Pro domo sua. La sentenza di novembre riguardo alle responsabilità di Tronchetti Provera aveva già ribaltato il giudizio della giudice Panasiti, che lo voleva inaffidabile e incoerente. Ma un capo poteva non sapere? Il dubbio dovrebbe attanagliare l’opinione pubblica italiana nei confronti di tutta la classe dirigente. Segretari di partito, ministri, imprenditori, direttori dei massimi enti dello stato, anche di quelli eletti al controllo e alla supervisione di tutto ciò che è connesso alla sua amministrazione, servizi segreti, in alto fino alla presidenza del consiglio e della repubblica. Possono non sapere? E se possono, sono le persone adatte a ricoprire quei ruoli ai quali è affidata la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e la loro stessa ragione di esistere?
In questi giorni se lo deve essere chiesto anche Benedetto XVI o per meglio dire Joseph Ratzinger. L’uomo posto a essere capo della chiesa ha sollevato con la sua rinuncia tutte le domande, le ansie, le angosce della nostra epoca. Riassunte spesso frettolosamente in quel relativismo dietro al quale si nasconde a volte l’impossibilità ad assolvere le responsabilità e gli impegni richiesti dai ruoli imposti dalla società per la presunta realizzazione del bene comune.
Scendendo ai piani più bassi del ragionamento faremmo bene a ritrovare metodi di indagine più terreni e concreti. Magari riconducibili a una forma di investigazione più cara a Tavaroli, a Cipriani, a Bernardini. Il confronto delle biografie mette chiaramente sul piatto la vicinanza estrema di Tronchetti Provera e Tavaroli, come di Tavaroli e Cipriani. Uomo di fiducia del primo e “committente” del secondo, Tavaroli è il collegamento tra la sfera alta degli intoccabili e quella bassa della manovalanza. Egli, amico di Marco Mancini e passato per Pirelli e Telecom anche attraverso il delicato ruolo che gli consentiva di curare la sicurezza personale dello stesso Tronchetti Provera e della moglie Afef, il 2 ottobre 2009 patteggia 4 anni e mezzo di reclusione e un’ammenda di 60.000 euro, ma tra gli 8 mesi già trascorsi in carcere, condizionale e indulto non torna in galera. Come non ci andrà Tronchetti Provera.

Telecom. L’azienda per bene con la mela marcia

Il 25 luglio del 2006, il presidente di Telecom si incarica di trasmettere un videomessaggio in diretta a tutti i dipendenti di Telecom per riferire loro la sua verità: “Telecom Italia è un’azienda perbene e fatta di gente perbene con qualche mela marcia”. A quattro giorni dalla morte di Adamo Bove. Era lui la mela marcia? Il primo articolo sul sistema Radar era uscito sui giornali il 10 giugno 2006. Bove aveva un passato da poliziotto. Era stato il responsabile del sistema Radar. Colui che aveva riferito a Tavaroli del tentativo di Vodafone di sottrarre i clienti a Telecom, fatto dal quale era scaturita l’operazione “Vodkared”. Tra Ghioni, l’hacker, e Bove, l’ex poliziotto, non correva buon sangue. Secondo la ricostruzione di Pompili Bove aveva fatto silurare Ghioni, capo del Tiger Team. La magistratura fa improvvisamente luce sui casi Kroll e RCS, avendo deciso Bove di collaborare. I giornali pubblicano notizie che arrivano da una fonte che sembra essere Ghioni, il quale inizia a parlare del sistema Radar. Come scrive il Sole24 Ore il 10 giugno 2006, “Forse a Bove verrà anche chiesto perché negli uffici suoi, o nella sua disponibilità, fossero installati dei terminali (isolati solo pochi giorni fa in attesa di riallineare gli standard di sicurezza) da cui era possibile operare con ‘modalità anomale e non certificabili’, come scrivono i controllori interni; oppure perché certe potentissime possibilità di rilevamento e di incrocio dei dati siano state rinvenute in quelle stesse stanze, ma non risultavano dichiarate nei protocolli di sicurezza del gruppo. Insomma, anziché rilasciare gli elementi di una piena identificazione, quel che appare su quei terminali riservati non lo saprà nessuno, tranne l’operatore”. Bove precipita dal cavalcavia di via Cilea a Napoli, forse condannato “inconsapevolmente” da Ghioni. Forse, come scrive il Corriere della Sera il 23 marzo 2007 riportando le parole di suo padre, perché era stato ucciso dalle calunnie, “Calunnie orchestrate e propagate dall’interno di Telecom… E tutto questo per mano dei quadri dirigenziali espressione della gestione Tronchetti, al pari di Tavaroli”.
Qualunque sia la vostra opinione sui fatti che riguardano il processo Telecom e sui personaggi che popolano questa che più volte abbiamo raccontato come una spy-story, sappiate che calciopoli è nata nel suo seno. E che per le verità processuali fino a oggi emerse Tavaroli faceva spiare Moggi, De Santis, Carraro e quasi tutti gli esponenti del mondo del calcio e della federazione per conto suo. Del resto Moratti aveva già detto a Beccantini nell’estate del 2006 che qualcuno si era offerto di farlo. Poi qualcuno aveva pagato la Polis d’Istinto e le ricevute erano state trovate presso una delle sue sedi all’estero, a Londra. Qualcuno che poteva pagare pur potendo non sapere.

”Nessuno avrà interesse a celebrare il ‘processo Telecom’. Nessuno: né i pubblici ministeri, né gli imputati, né la Telecom vecchia, né la Telecom nuova. Ma io non sono e non farò né accetterò mai di essere il capro espiatorio di questo affare. Io vorrò con tutte le mie forze il processo e nel processo vorrò vederli in faccia ripetere quel che hanno riferito ai magistrati. Il mio vantaggio è che tutti – tutti – hanno mentito in questa storia, e io sono in grado di dimostrare che le informazioni che ho raccolto sono state distribuite in azienda perché commissionate dall’azienda e nel suo interesse... Ne ho sentite di tutti i colori. Come Marco Tronchetti Provera che nega di aver mai avuto conti all’estero, come se non sapessi che per lo meno fino al 2006 i suoi conti erano a Montecarlo”.
(Giuliano Tavaroli, La Repubblica, 21 luglio 2008)

“Il re sarebbe stato protetto a costo del resto della scacchiera, ogni personaggio più o meno coinvolto nella vicenda sarebbe stato spazzato via pur di dimostrare coerenza e volontà di riscatto a procuratori, politici, analisti, spettatori e, soprattutto, clienti” . (Andrea Pompili, Le tigri di Telecom)


Richiesta di rettifica dell'avv. Ciarletta (Jannone)

«Più segnatamente, La informo che il Dott. Angelo Jannone, come da dispositivo letto in udienza, è stato assolto con formula piena per il capo di imputazione relativo al delitto di associazione per delinquere, per non aver commesso il fatto.
Inoltre, il mio assistito non è stato condannato al risarcimento dei danni patrimoniali e non nei confronti delle parti civili, in solido con gli altri imputati.

Nel testo pubblicato online, al contrario, si parla in via generica delle sole condanne detentive e, soprattutto, senza il dovuto distinguo, del risarcimento dei danni riconosciuto in favore di Telecom pari e delle altre parti civili, per oltre venti milioni di Euro. In tal modo, pare che anche il Dott. Jannone sia stato condannato su tutti i capi di accusa, con relativa responsabilità patrimoniale nei confronti delle costituite parti civili.»

http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/...lio.asp?id=2805

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