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Juve Projetò 2.0?

Post n°7282 pubblicato il 15 Ottobre 2013 da nadir63l
 

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di G. Fiorito

 

Sono tante le imbarcazioni che passano per Acitrezza d’estate, quest’anno si è andati dai barconi dei profughi allo yacht di Del Piero. Se è vero che i soldi non fanno la felicità, fate finta che l’amore della vostra vita abbia preso il largo in compagnia di qualcuno che non siete voi, dove preferireste affogare le vostre malinconie? Su pietre corrose dalle onde o su un panfilo con Brad Pitt o Penelope Cruz? Io la risposta ce l’ho.

 

Ce l’avevo anche qualche anno fa. Per esempio quando Deschamps ha lasciato il posto a Ranieri. E per un paio d’anni mi sono rosa il fegato guardando la Roma di Spalletti. Un po’ narciso, sarà anche vero, ma un paio di tituli tra un’intercettazione fuorilegge, un processo farlocco, una prescrizione e qualche incompetenza intanto finivano a Milano invece che nella capitale. Più tardi vidi giocare la Russia, saranno stati gli Europei del 2008 e il magone mi prese per Guus Hiddink. Negli ultimi anni i miei sogni sono andati ad accrescere l’oro di Napoli. Confesso di avere per qualche tempo auspicato l’arrivo di Mazzarri, ma solo per mettere a posto quella baraonda che era diventato lo spogliatoio della Juve e far svanire il reloading dei record di Maifredi. Infine ho ritenuto che il dirottamento in Italia di un grande signore del calcio come Rafa Benitez, avrebbe meritato la panchina più nobile, cioè quella della Juve.

 

Qualcuno mi diceva che avremmo dovuto puntare su Conte. Juventino, forte, volitivo, intelligente. Ancora oggi Conte mi manda in tilt, mi fa sgolare, come non mi succedeva dai tempi di Lippi, mi fa strizzare le budella e strozzare la voce. Però ha vinto due scudetti. Resterà nella storia col suo nome appiccicato al 30 e al 31. Quando tutto sembra perduto, fa una cosa che dovrebbe essere quella sbagliata e invece è quella giusta. Gioca contro il Milan che ha preso oltre il 50% dei gol su calcio piazzato preferibilmente di testa e non mette in campo Llorente, per buttare dentro Giovinco che gli risolve la partita.

Tutto e il contrario di tutto s’è detto su Conte, Buffon, Marchisio, Andrea Agnelli. Perciò dico anche la mia, in un discorsivo corretto, senza voli stilistico/pindarici né velleità da blogger condite con qualche trivialità, che per incollare il lettore all’articolo oggi si è disposti anche a questo.

 

Conte. Io non lo discuto più. Mi aspetto che vinca e salvo la CL, lo dico con rammarico, ancora lo sa fare. Si è sorbito una condanna “agghiacciante” dai tribunali sportivi nel nome della Juve. Vostro onore, non ho altro da dire.

 

Buffon. Traguardi mediocremente miopi auspica in Europa. La sua vista diventa mondiale quando si veste d’azzurro. Al netto delle parate e delle sparate, da due anni dovrebbe fare il n. 1 in Spagna. O in Inghilterra. O in Francia. Ma fuori dai nostri orizzonti, che non coincidono più.

 

Marchisio. Il principino è già stato frainteso ai tempi delle preferenze extranapoletane, non vorrei inguaiarlo un’altra volta. Magari voleva solo fare il carino quando ha aperto la porta dello spogliatoio a Prandelli, confidando di essere spedito in Brasile senza tema di smentite.

 

Però lo ha scritto anche Beccantini: se dovesse andare via Conte, arriverebbe Prandelli.

A che gioco sta giocando il presidente della Juventus? Sembrerebbe che si stia procedendo a un nuovo “projetò”. Da Pulvirenti a Petrucci, lo hanno detto un po’ tutti che se a vincere è sempre la stessa squadra, il calcio poi ne soffre. Scendono gli abbonamenti senza nemmeno discriminazione territoriale, in curva come in televisione.

 

Andrea Agnelli era la speranza. Di ritornare a vincere. Di avere indietro la nostra storia e la nostra dignità. Di affermarci anche a livello europeo. Ha realizzato il 50% dei risultati. Il bicchiere è mezzo pieno o forse mezzo vuoto. Lo vedremo alla fine di questo campionato, giocato sulla possibilità del terzo scudetto consecutivo e sulla permanenza di Conte sulla panchina.

Andrea è l’ultimo Agnelli. Nipote di Gianni e figlio di Umberto. Colui che di dieci anni più giovane di suo figlio si trovò alla guida di una Juve in discesa libera e decise in una notte di affiancare a Boniperti due talenti come Sivori e Charles. Investendo una montagna di soldi in un sogno anche quella volta riuscito a metà, soltanto in Italia. La Juve europea rimase ancora di là da venire. In un momento storico incastonato all'alba dei ruggenti anni '60, quando tutto era facile e c'erano gli entusiasmi del dopoguerra. Non come adesso, che Andrea è nel tempo in cui quella parabola è morta d'inerzia.

 

Oggi il dilemma verte intorno alla frase finita ignominiosamente sulla prima pagina degli sciacalli rosa, tradotta dall’inglese contando sull’ignoranza di un paese che quanto a leggere e fare di conto rimane sempre indietro a quelli più evoluti.

Secondo Repubblica (Link), la notizia di un'eventuale cessione di Pogba per monetizzare non rientrerebbe in un desiderio di provincializzazione della Juventus, ma sarebbe piuttosto la provocazione lanciata da A. Agnelli al sistema calcio italiano, che nel gap con gli altri campionati starebbe trascinando in basso anche la Juventus. Il grido di dolore tuttavia non sarebbe senza speranza: "Passiamo gran parte del tempo a discutere su come spendere i soldi, e non su come il calcio italiano dovrebbe svilupparsi a livello internazionale. Il calcio è seguito da metà del paese ed ha perciò la possibilità di fungere da guida nella situazione politica italiana. A questo andrebbe applicato senso di responsabilità, di prospettiva e disciplina".

 

Senso di responsabilità. Non quello che ha parcheggiato per un anno la Juventus in serie B per permettere alle altre di non affogare, di risalire in superficie a riprendere aria a base di prescrizioni e bilanci truccati.

 

Prospettiva. Nel calcio vuol dire saper aspettare. Creare vivai e strutture per ricominciare a far sbocciare talenti italiani e portare la gente dentro gli stadi, possibilmente di proprietà.

 

Disciplina. Non so cosa avesse in mente Andrea. Ma per me disciplina è l’impegno costante dentro le regole, che devono essere uguali per tutti. Una filosofia della vita e dello sport che non può rendersi applicabile senza cambiare e anzitutto le facce all'interno della Federazione e della Lega. A cominciare da Abete e Galliani, che nei confronti del Milan sta adottando tutti i trucchi già sperimentati dal suo presidente, chiedendo rinvii per cambiare le regole in corso d’opera e sfuggire alle sanzioni.

Per qualcuno, Andrea avrebbe anche sottinteso che qualora l'aria restasse stantia nei palazzi del potere, potrebbe fare la scelta di salutare l'Italia e votarsi a un vecchio progetto: la Super Lega Europea. A mio avviso sarebbe come chiudere la stalla dopo che i buoi sono fuggiti, cioè dopo aver ritirato il ricorso al TAR nel 2006, quando bisognava far capire a tutti che la Juve avrebbe chiesto asilo politico e non da un barcone di profughi. Qualcuno dice che Andrea Agnelli non è un grande comunicatore. Se vuoi investire sul calcio e ottieni l’effetto di mettere all’asta Pogba, qualcosa non torna. Diventa un problema. La soluzione ci sarebbe.

 

Sarebbe stato un lavoro per Antonio Giraudo. Ma lo hanno radiato per sempre.

 

http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/articoli_dettaglio.asp?id=3232

 

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