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Zoff_ Barbera e champagne

Post n°7290 pubblicato il 19 Ottobre 2013 da nadir63l
 

 

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di G. Fiorito

 

 

Pietro Anastasi è il detentore assoluto del titolo di “colpevole” della mia juventinità, ma non sono pochi i suoi complici e hanno giocato tutti con la Juve di Dino Zoff. A distanza di un anno dal 70° compleanno celebrato su SKY, l’ex n. 1 si toglie qualche sassolino dalle scarpe con Premium Calcio, nella trasmissione “La tribù del calcio” (Link ).

Il mitico portiere è sempre appartenuto alla schiera degli eroi silenziosi per i quali parlano le gesta e le vittorie, come il compagno di squadra Gaetano Scirea, con il quale ci racconta festeggiò chiuso in camera il mondiale dell’82, perché a 40 anni reputava ridicolo andarsene a ballare. Ripercorrendo le tappe della sua carriera, si scopre che agli albori, tra Mantova e Napoli, si era intravisto il Milan, ma accadde che Alberto Giovannini, allora direttore del quotidiano Roma, di proprietà come il Napoli di Achille Lauro, si “travestisse” da presidente partenopeo e lo strappasse alla concorrenza per 120 milioni di lire. Ci vollero 5 anni e 143 presenze all’ombra del Vesuvio prima che nel 1972 gli orizzonti di Zoff venissero a coincidere con quelli bianconeri, mentre Dino si era già laureato campione europeo nel 1968 con la nazionale azzurra.

Dino Zoff ha vinto con la Juventus tutti i suoi titoli di club, come calciatore, nel ruolo solitario ed enigmatico del portiere e come allenatore. 6 scudetti, due Coppe Italia, la prima Coppa Uefa vinta dai bianconeri, l’edizione 1976/77, ancora oggi ricordata per essere l’unica vittoria internazionale mai ottenuta da una compagine interamente composta di giocatori nazionali. Nel 1988 lasciò la panchina della nazionale olimpica per allenare la Juventus. Nelle due stagioni successive la squadra bianconera realizzò due quarti posti, ma nella stagione 1989/90 si permise il lusso di sfilare al Milan di Sacchi la Coppa Italia e di vincere la finale tutta italiana di Coppa Uefa contro la Fiorentina. Il 12 luglio 1988 la Juventus di Trapattoni allenatore e Zoff portiere era stata insignita a Ginevra della targa Uefa in quanto prima squadra europea a vincere tutte e 3 le competizioni del continente (Coppa Uefa, Coppa della Coppe, Coppa dei Campioni).

Tuttavia, con il senno di poi, abbiamo imparato a riconoscere nei colori della Juventus le sue due anime. Una vincente e protesa verso la luce. L’altra oscura e dalle tendenze autodistruttive. Con l’arguzia di chi sa centellinare i fatti essenziali di una vita in bianconero (Zoff fu portiere della Juve dal 1972 al 1983 senza mai saltare una partita di campionato), vissuta al centro dell’epopea juventina, Zoff ha fermato nel tempo un momento storico per la storia del calcio italiano ai microfoni di Premium Calcio così: “Divento allenatore dei bianconeri nel 89-90 e con una squadra modesta vinco Coppa Italia e Coppa Uefa. Pensate che stagione fu quella! Eppure, la società non mi riconfermò per puntare su un allenatore che era un prodotto giornalistico (Luigi Maifredi, ndr). Ma era una novità, portava lo champagne e allora il buon barbaresco che avevi in casa non andava più bene” . L’operazione è passata (tristemente) alla storia come progetto (non usavano ancora i francesismi) “juventusiasmante” e ha avuto come artefice Luca Cordero di Montezemolo, il quale è versato più per le scuderie dei cavallini che per quelle delle zebre.

L’ultimo tocco di fioretto Zoff lo riserva a Buffon: "Non mi offendo certo se qualcuno dice non sono stato io il miglior portiere italiano di tutti i tempi: c’è chi mi ha preferito Maifredi come allenatore, ormai non potrei più offendermi per nulla. Ma a chi sostiene che Buffon è stato un portiere più bravo di me dico di no, il più bravo sono stato io". Il mio giudizio non può essere parziale. La mia generazione è stata svezzata dalla Juve di Zoff. Siamo diventati grandi così. Peggio. Abbiamo compiuto 18 anni e superato l’esame di maturità nell’estate dell’82. Però culturalmente siamo figli di un modo di intendere la storia calato nei suoi giorni, indagato nelle vicende e nello spirito dei tempi. E sappiamo quanto sia utile il ricorso ai numeri e quanto ci metta del suo il giudizio imperfetto del cuore.

Buffon arriva alla Juve dal Parma, nel 2001 a 23 anni, insieme a Thuram, per 75 miliardi di lire, ancora oggi la cifra più alta sborsata dalla società bianconera per un calciatore. Si tratta dell’operazione più famosa della Triade, che una cosa aveva nel suo DNA: fare avverare i miei sogni. Gigi apparteneva a una famiglia di sportivi. Lo sport e il calcio credo saranno anche nel suo futuro di dirigente: nel 2012 è stato il primo giocatore in attività ad essere eletto vicepresidente dell’Associazione Italiana Calciatori, ma è anche diventato azionista unico della Carrarese. In bianconero vince subito 2 scudetti e la Supercoppa Italiana, ma perde la finale di CL di Manchester contro il Milan. Con Capello in panchina vince i due titoli revocati con calciopoli e viene eletto miglior portiere del mondo per il 4° anno prima che cominci il calvario dei dolori di schiena e degli interventi. Quando risale dalla serie B è di nuovo scudetto con Conte, per 2 volte, come pure Supercoppa italiana, ma senza di lui in porta la Juve perde la Coppa Italia contro il Napoli.

E’ la nazionale l’altro terreno di scontro tra Zoff e Buffon, entrambi campioni del mondo rispettivamente nel 1982 in Spagna e nel 2006 in Germania. Zoff occupa la 47ª posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer. Nel 2004 Pelé ha inserito entrambi nella speciale lista dei 125 più grandi calciatori viventi stilata in occasione del centenario della FIFA. Nello stesso anno, in occasione del cinquantenario della UEFA, Zoff è stato eletto Golden Player su segnalazione della FIGC, che lo ha così decretato miglior giocatore dell’ultimo mezzo secolo. È l'unico giocatore italiano ad essere stato sia campione europeo sia campione del mondo con la Nazionale e detiene il record mondiale d'imbattibilità per squadre nazionali, non avendo subito reti per 1142 minuti consecutivi. E’ stato il primo allenatore ad aver vinto la Coppa Uefa dopo averla conquistata da giocatore. Ha allenato anche la Lazio, con 202 presenze che ne fanno ancora il ct con più presenze, nonostante si sia diviso contemporaneamente tra presidenza o vicepresidenza e panchina. Nel 1998 sostituì Cesare Maldini alla guida della nazionale, che condusse alla finale degli europei persa nel 2000 con la Francia in seguito al golden gol di Trezeguet. In quell’occasione gli toccò sorbirsi anche le critiche di Berlusconi e diede le dimissioni.

Nel 2006 Buffon non solo è stato premiato dalla FIFA come miglior portiere mondiale, ma si è classificato 2° dopo Cannavaro, vincitore del Pallone d’Oro. L’IFFHS lo ha decretato miglior portiere del decennio 2000/2010, del venticinquennio 1987/2011 e del XXI secolo. 137 presenze ne fanno il calciatore con più presenze nella nazionale azzurra. Considerato uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, il Sun lo ha inserito nella squadra ideale del decennio nel 2009.

Forse i piatti della bilancia si equivalgono. Zoff non mi ha mai deluso sul piano caratteriale e ancora oggi rappresenta per me i valori della Juve al più alto grado. Buffon ha ceduto a qualche caduta di stile. Non ha mai, a mio avviso, indossato la fascia di capitano con quel carisma nobile, solido, innato, eppure coltivato con fatica quotidiana che avevano gli uomini del Trap.

Ma c’è una cosa nella biografia di Buffon che non si trova in quella di Zoff. Nel novembre del 2006 la Juventus decise di acquistare una pagina dei tre massimi quotidiani sportivi italiani (Tuttosport, La gazzetta dello Sport, Il Corriere dello Sport) e vi fece scrivere: “La tua maglia dice chi sei. La società, i compagni, i tifosi e i partner ringraziano Gigi Buffon per essere ancora e sempre il loro numero uno”. (
Link)

Per qualcuno questo vorrà dire un altro caso Del Piero. Quanto è difficile fare i conti con se stessi e con la propria storia. Anche per chi è abituato alla solitudine dei numeri uno

 

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