Caro Roberto Bettega,
mi permetto di darti del “tu”, perché fin da bambino per me il calcio e la Juventus erano una cosa sola ed i nomi che “significavano” Juventus e che “sapevano” di calcio erano due: Bettega e Causio.
I miei primi ricordi vividi circa il gioco più bello del mondo risalgono al mitico Mundial di Spagna del 1982, ma il calcio lo avevo già iniziato ad amare grazie a quelle splendide “maglie a strisce verticali bianconere, pantaloncini bianchi e calzettoni bianchi”, come diceva Sandro Ciotti nelle sue radiocronache a “Tutto il calcio minuto per minuto”, che stimolavano la mia fantasia; e, come dicevo, per me la Juve ed il calcio erano prima di tutto, e di tutti quelli che sarebbero venuti dopo, Bettega e Causio.
Come me, esistono milioni di trentacinquenni che si innamorarono di quella Juve e dei suoi favolosi eroi. Come me, esistono milioni di trentacinquenni ai quali quel sogno è stato brutalmente strappato, peggio, trasformato nell’incubo più brutto, che poi coincide perfettamente col sogno stupendo di tutti gli anti-juventini d’Italia.
Ma torniamo a noi: questa mia presente è dovuta ad un senso di confusione, di smarrimento, che il tuo reintegro nei ranghi societari ha provocato in me e in tutti quei tifosi che come me credono che Calciopoli sia stata Farsopoli, che credono che Farsopoli sia stata partorita non solo a Milano, via Durini, ma anche un … un po’ più vicino.
Ancora riecheggiano lugubri nella mia mente le parole di John Elkann, il giorno dopo che i suoi giornali (La Gazzetta dello Sport, Il Corriere della Sera e La Stampa) pubblicarono in anteprima parti “selezionate” con maestria delle intercettazioni. Ricordi? «Quello che è successo non ci lascia indifferenti: siamo vicini alla squadra ed all’allenatore». Punto!
Per questo, mi chiedo e ti chiedo quale sia il senso del tuo ritorno. Basta navigare su internet per capire che la maggior parte dei tifosi di Serie C, come ci ebbe a denominare il sempre troppo rimpianto ex Presidente Cobolli Gigli, ha inteso questo gesto come un tradimento. Una certa minoranza, poi, lo giustifica come un fatto di cuore più che di cervello. Pochissimi altri, infine, sperano che il tuo ritorno sia il preludio ad una rivoluzione in società che riporti Andrea Agnelli al suo posto.
Io personalmente voglio troppo bene al “mio Bettega” per schierarmi coi primi, ma tutto quello che noi tifosi abbiamo dovuto patire in questi quattro orribili anni mi ha reso molto più rancoroso, ma anche molto più saggio e per questo più sospettoso. Furono proprio le parole del “trino” J. C. Blanc, pronunciate il giorno della tua presentazione alla stampa, a farmi insospettire.
In quel contesto egli affermò: «Roberto è la figura giusta per ricoprire questo ruolo, perché è in grado di trasferire allo staff tecnico e alla direzione sportiva esperienza e autorevolezza, garantendo ulteriore solidità alle nostre ambizioni».
Roberto! Ma come? Durante l’assemblea degli azionisti dell’anno scorso fu proprio Blanc ad asserire, mentre tu scuotevi nervosamente il capo, che gli acquisti sgangherati di Tiago e Almiron furono perfezionati anche col tuo beneplacito. Non solo: la dirigenza, di cui Blanc rappresenta tuttora il vertice, decise di intraprendere una denuncia contro gli “ignoti” Moggi, Giraudo e Bettega per infedeltà patrimoniale, trattando con la Procura di Torino l’ennesimo incomprensibile patteggiamento, risoltosi poi con una clamorosa assoluzione per non aver commesso il fatto!
Alla luce di ciò, e non solo, che senso ha la tua nomina? Come può Blanc rimangiarsi gli attestati di poca stima nei tuoi confronti? E se invece sono sincere le parole di ieri, perché allora non fosti confermato nel 2007 in un ruolo simile a quello che stai rivestendo oggi, buttando così al vento tre anni gestiti da totali incompetenti?
Con queste premesse, come fai a lavorare per chi non vi difese in quel maledetto maggio 2006? Come fai a lavorare fianco a fianco con chi vi accusò in maniera vigliacca, trincerandosi dietro una denuncia contro ignoti, che tanto ignoti invece non erano?
Tutti noi Juventini veri, chiamati “rancorosi di Serie C” da chi Juventino non lo è mai stato, abbiamo diritto a delle risposte. Risposte che in questi quattro anni sono state poche e confuse.
Nel frattempo, un’idea mia personale me la sono fatta: credo che Blanc ti abbia riassunto, spinto dalla più totale disperazione per i risultati ottenuti al quarto anno del progetto(!?!) quinquennale e da una lucida, ipocrita freddezza, volta a procurarsi un validissimo collaboratore, ma anche un ottimo eventuale parafulmine per la sua conclamata incompetenza; tu, invece, credo abbia agito in maniera viscerale, col cuore del tifoso innamorato e non con la “ratio” del freddo manager d’azienda.
Purtroppo, caro Roberto, il rischio di tutto ciò, considerando che sono ancora in sella quasi tutti gli artefici del disastro 2006-2010, è che nei prossimi anni si continui a confondere in un liquame unico la “Storia” con la S maiuscola, di Deschamps e Ferrara, di Bettega e della Juventus, con la “storia” con la s minuscola degli Elkann, di Montezemolo, di Grande Stevens, di Gabetti, di Sant’Albano; e poi di Cobolli Gigli, Blanc, Secco, Gattino e Fassone e di questa “Cosa” che si ostina a farsi chiamare inopportunamente “Juventus”.
Dopo tutto quello che il popolo bianconero ha sopportato e continua a sopportare da quattro anni a questa parte, quest’ulteriore umiliazione sarebbe davvero insopportabile, perché tutti gli Juventini veri, da quelli che hanno visto giocare Combi, Rosetta e Calligaris, fino ai bambini con le prime sciarpine bianconere al collo, vogliono ritrovare per sé e per la propria squadra quell’orgoglio che in questi anni è stato così volgarmente offeso e mai difeso.
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