Il piatto e gli sputi
di Lucaboo2
"...So don't complain - about your useless employment - jack it in forever tonight - or shut your mouth - and pretend you enjoy it - think of all the money you got!"
Sul mio 206, i Clash mi accompagnano a casa dall'ennesima Assemblea. La musica ruvida di Simonon e Strummer fa da sottofondo a parole semplici, ma di ineccepibile verità, uno schiaffo agli ipocriti dalla lacrima facile; "Non lamentarti del tuo lavoro inutile, piuttosto lascialo per sempre stanotte stessa. Oppure chiudi il becco e fai finta che ti piaccia: pensa a tutti i soldi che fai!".
Queste parole, com'è, come non è, mi richiamano subito alla mente l'immagine di Burinho.
Certo, quando uscì il disco di "Clash City Rockers", probabilmente il Messia portoghese del pallone era ancora un adolescente brufoloso, ma è innegabile che alcuni suoi atteggiamenti, specie negli ultimi tempi, calzino a pennello con il ritornello della canzone, come se gliel'avessero cucito addosso.
Non mi riferisco, almeno nello stretto specifico, all'ormai celeberrimo gesto delle "manette"; in fondo -almeno quello- fa parte del solito teatrino trito e ritrito (e anche un po' vomitevole, a dir la verità) che i tesserati di tutte le squadre mettono in piedi a cadenza settimanale: se si vince è una prova di carattere, complimenti ai ragazzi e finalmente il calcio è pulito.
Se invece si perde, ecco il Complotto, il Palazzo, e una spruzzatina di Moggi che non fa mai male.
Ed ecco allora le “cose molto strane” che sarebbero avvenute in Juve-Inter, ecco le sceneggiate per i rigori dati alla Juve (per carità, per dovere di cronaca e di correttezza non c'erano, ma sarei curioso di sapere da Burinho come fa ad esserne così sicuro a partite appena finite, trovandosi nello spogliatoio di un campo a centinaia di chilometri...), ecco le “aree di 25 metri”, ed ecco le famose “manette”...
Il tutto naturalmente tacendo i “fuorigioco di massa”, i rigori per fallo “di orecchio”, e così via.
D'altro canto la storia di questi ultimi anni dà ragione ai protagonisti di questo giochino: i professionisti del lamento inseguono il quinto scudetto consecutivo (contando trasferelli, postal market, aziendali e così via) per cui perché dovrebbero smettere?
Ma come ho detto, non voglio parlare di manette.
Anche perché se proprio dobbiamo dirla tutta, di foto in manette preferisco non vedere quelle di Burinho, ma di gran lunga quelle di una mia amica avvezza ai giochi “Fetish”.
(E' inutile che chiedete, la mail non ve la dò!)
Più volte è stato detto che il Messia Lusitano è, prima che un grande allenatore, un grande comunicatore. Verissimo.
Peccato che tra le doti del “grande comunicatore” una che non dovrebbe mai mancare è la percezione del “limite”.
Il limite dove fermarti, dove alzare il piede dal gas. Quel limite che, quando lo trovi, fa la differenza tra un Sete Gibernau ed un Valentino Rossi.
Stacchi un metro prima di quel limite e l'avversario ti sorpassa. Stacchi un metro dopo, e vai a rotolarti nella ghiaia come Dita von Teese nella coppa di champagne.
Ma con meno divertimento per il pubblico, per te e per le tue ossa.
Ecco, se mi permettete l'esempio, Burinho ha toppato in pieno la staccata.
Oplà, dritto come un fuso fuori dalla curva.
Il nostro Special Uan, infatti, ha più volte dimostrato negli ultimi giorni, di non conoscere l'antico adagio secondo cui non si deve sputare nel piatto in cui si mangia.
In occasione delle molte lamentele domenicali, spesso se ne è uscito con battute tipo: "Il vostro calcio è una schifezza, ma non mi riguarda. Presto o tardi me ne andrò e vi lascerò soli con la schifezza suddetta".
A parte che qualcuno dovrebbe ricordargli che, se è vero che il calcio italiano è una schifezza (ed è vero), allora dovrebbe lamentarsi con chi l'ha reso tale (Per parlare con uno dei responsabili, terzo ufficio a destra, sì, proprio quello dove mensilmente va a prendere lo stipendio), in secondo luogo è innegabile che una persona con un briciolo di coerenza avrebbe già presentato le proprie dimissioni per non lavorare più in un ambiente simile.
In fin dei conti non parliamo di un laureato che si deve adeguare a lavorare in un call-center per sbarcare il lunario, no? Mi risulta che non avrebbe grosse difficoltà a trovare un altro impiego.
Ma non basta!
Se il calcio italiano è uno schifo, i giornalisti italiani non sono da meno.
“Prostitute intellettuali”, li definì il Vate di Setubal.
Affermazione anche questa condivisibile. Ma solo se facciamo l'ulteriore sforzo di identificare anche -visto che parliamo di prostitute- chi sono i clienti e chi sono i magnaccia.
Senza dilungarsi inutilmente sul complesso intreccio tra la Cupola di Farsopoli e la stampa italiana, più volte sviscerato da amici redattori cento volte più in gamba di me, basta prendere un qualsiasi giornale del lunedì per leggere quattro pagine di peana osannanti proprio Burinho e la sua squadra: Pallonate giù sperando che la prenda Milito? E' una “Visione innovativa e futurista del gioco”.
Entrate in stile Chuck Norris? “Partita di carattere e grinta”.
Partite dove misteriosamente l'altra squadra rinuncia a giocare? “Straordinaria dimostrazione di forza”.
E ovviamente, per finire, se all'arbitro non scappa il rigore inesistente, titolone a nove colonne: “C'è un complotto!”.
Ma l'affermazione peggiore arriva, come una bomba inesplosa sul campo di battaglia, quando meno uno se l'aspetta.
“Quando è scoppiata Calciopoli, anche se non ero in Italia, mi sono vergognato di dar da mangiare alla mia famiglia con i soldi del calcio.”
No, “signor” Mourinho. Stavolta ha esagerato.
Innanzitutto perché Calciopoli (fingendo un attimo di considerarla una storia reale, mentre qui sul forum ben conosciamo la verità) non è una storia solo italiana. E' stata anche una storia portoghese, guarda caso una storia che le è passata molto, molto vicino.
Come un autotreno che l'ha sfiorata per puro caso, altrimenti a quest'ora sarebbe a vedere crescere le margherite dalla parte sbagliata, le ben note vicende del Porto-gate le sono passate vicino. Tanto vicino da sporcarle la giacca, ma non da trascinarla con loro.
Per cui prima di vergognarsi per calciopoli, guardi in casa sua. Cerchi gli scheletri nel supo armadio; anzi, visto che parliamo di spogliatoio, nel suo armadietto.
E poi, soprattutto, "signor" Mourinho, si ricordi che c'è gente che davvero si vergogna della provenienza del denaro con cui davvero dà da mangiare alla propria famiglia. Disoccupati di mezza età che si danno alle rapine improvvisate, e qualche volta finiscono male. Angeli dagli occhi azzurri o dalla pelle d'ebano che sono costrette a vendere il proprio corpo.
Queste persone possono dire di vergognarsi della provenienza di quei -pochi- soldi.
Non lei.
Lei che, a quanto pare, in realtà non se ne vergogna affatto.
Qualche giorno fa Cristiano Ronaldo, portoghese come lei, ha offerto il suo per gli alluvionati dell'isola di Madeira.
Qualcuno senza dubbio obietterà che, con tutto quello che guadagna Cristiano Ronaldo, avrebbe potuto comprarsi l'intera isola e farla ristrutturare. Vero.
Qualcun altro ricorderà che, come insegnò un tale vissuto duemila anni fa, la beneficenza va fatta nel silenzio e -pertanto- lei potrebbe aver già fatto altrettanto per i suoi connazionali senza strombazzarlo ai quattro venti. Verissimo.
Ma dubito che nella nostra società video-cratica sarebbe riuscito a mantenere il segreto.
Per cui, “signor” Mourinho, se davvero si vergogna ancora di quei soldi, ora sa cosa farne.
E, per una volta, taccia.
Il mondo la ringrazierà.
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