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La Maglietta dello Sport..

Post n°2128 pubblicato il 13 Luglio 2010 da nadir63l
 

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Immagine IPB

di Lucaboo2


Fin dalla loro affermazione, negli anni '40, le T-shirts hanno da subito superato i limiti del semplice "capo di vestiario" per diventare mezzo di comunicazione.
Con una maglietta possiamo dire al mondo che birra ci piace, in quale ideologia politica ci ritroviamo, qual è il nostro gruppo rock preferito.
Possiamo ricordare alle ragazze che siamo liberi o urlare in faccia al mondo che ci fa schifo, possiamo lanciare messaggi sociali o spiritosi.

Da qualche tempo, le t-shirts intese come mezzo di comunicazione di massa, hanno invaso anche il pianeta calcio: dal religioso "I belong to Jesus" al profano "Vi ho purgato ancora", molti calciatori portano sotto la maglia di gioco messaggi da esibire in mondovisione dopo un goal o a fine partita.
A volte i messaggi possono risultare sgraditi o inopportuni: è il caso di qualcuno che ben conosco, che durante la finale di un torneo mostrò una maglietta rossa con l'inconfondibile volto del “Che”.
Già il fatto che la Federazione si chiamasse “Fiamma” avrebbe dovuto metterlo in guardia, ma quando la coppa fu consegnata alla sua squadra da un Ugo Martinat (allora esponente di spicco dell'estrema destra piemontese) che lo guardava con gli occhi di brace, allora capì che -come dire?- la maglietta, probabilmente, non era stata così gradita.

Sorvoliamo sull'identità dell'autore della gaffe, ormai caduta in prescrizione tanto per il vecchio codice sportivo che per quello nuovo, e torniamo a bomba ai giorni nostri.

Negli ultimi tempi, un paio di queste “magliette-messaggio” sono salite agli onori della cronaca: una fu mostrata in mondovisione dopo la finale di Champions' League, ed era indossata da un ormai ex-giocatore della squadra vincitrice. Costui, ormai tenuto a libro paga come mascotte, si imbucò nei festeggiamenti come se la conquista di quella Coppa fosse anche merito suo, e mostrò tronfio una maglietta con su la scritta: “Rivolete anche questa?”; chiaro il messaggio e ancor più chiaro il destinatario, quei tifosi Juventini che da quattro lunghi anni aspettano la restituzione del maltolto ad opera di una giustizia sportiva sempre più prona ai diktat degli "Onesti a prescindere".

Ricordiamo, a questo proposito, che questo personaggio fa parte del gruppo dei signori del “Vinsciamo sensa ruvvare”, dello “Scudetto dell'Onestà”, del “Piaccia o non piaccia” , e del “ho firmato contratti con un inibito ma non lo sapevo” , ed era proprio quella persona che si recò ad una premiazione con un famoso smoking bianco, simbolo di purezza e di onestà.
E così quella maglietta diventa l'ennesimo messaggio in perfetto stile Goebbelsiano mirato ad indirizzare il sentimento popolare: noi siamo i buoni, noi siamo gli onesti, noi siamo i campioni; “quelli là” sono una banda di truffatori che può solo ambire a trofei rubati o sottratti indebitamente dalle nostre ricche bacheche.
Penso sia superfluo anche ricordare che quella maglietta fu presentata dalla Rai come “divertente messaggio goliardico”.

Già, proprio divertente. Da morire.
E infatti, quella stessa sera, davanti ad un bar di Torino un uomo morì accoltellato dopo una discussione proprio per quella maglietta. Da sempre l'odio genera violenza, ma questo forse a Milano non lo sanno.
O forse lo sanno molto bene, dal momento che su quell'odio hanno costruito il loro successo.
E pazienza se capitano di questi piccoli, trascurabili “danni collaterali”, vero?

L'altra maglietta, fresca fresca, è quella mostrata l'altra sera da Iniesta dopo il suo goal all'Olanda che ha portato la Spagna sul tetto del mondo.
Sopra, un messaggio scritto col pennarello in fretta, non una stampa professionale: “Dani Jarque siempre con nosotros” ; Daniel Jarque era un calciatore dell'Espanyol, amico di Iniesta, morto quasi un anno fa a Coverciano dopo un malore improvviso.
Per coloro che non fossero così addentro alle vicende del calcio iberico, ricordiamo che l'Espanyol è “l'altra” squadra di Barcellona, e che Iniesta, al contrario, è una delle colonne dei blaugrana. E già questo basterebbe a far storcere il naso a molti “presunti” sportivi del nostro Bel Paese: immaginare ad esempio Totti che dedica un goal ad un laziale, beh, è difficile anche dopo qualche bicchiere di troppo.
A rincarare la dose ricordiamo il background storico della rivalità tra Barça ed Espanyol: una simbolo dell'autonomia Catalana, l'altra da sempre più vicina al governo centrale; qualcosa che può essere paragonato, in Europa, solo al dualismo che oppone Celtic e Rangers nella città di Glasgow: Cattolici contro Protestanti, Indipendentisti contro Unionisti.
Prova ne sia l'immediato licenziamento, qualche tempo fa, di una calciatrice della squadra femminile dell'Espanyol, pizzicata su Facebook in foto altamente scandalose.
Nudo integrale? Rapporti saffici espliciti? Sessioni di festini fetish? Nulla di tutto ciò, ma qualcosa di molto peggio per un tifoso: la ragazza si era fatta riprendere allo stadio col volto dipinto in rosso e blu, intenta a tifare Barcelona. Orrore! Anatema su di lei e sulla sua discendenza fino alla settima generazione.
E invece Andrès Iniesta Lujàn, in nome dell'amicizia, osa l'impensabile.
Nella notte del trionfo ricorda con una t-shirt un amico che non c'è più, e poco importa se quell'amico vestiva la tanto odiata divisa biancazzurra.

Pochi giorni ancora, e la memoria delle masse cancellerà il ricordo di queste due magliette, com'è naturale che sia. Con l'arrivo delle vacanze saremo circondati da magliette coi loghi delle discoteche di Ibiza (anche se poi chi le porta non ha mai visto l'isola nemmeno in cartolina) o da concorsi dove le virtù muliebri di procaci fanciulle vengono enfatizzate da magliette bagnate ad arte.
Ci saranno i soliti turisti del Nord Europa che faranno il bagno con su la maglietta per proteggersi dal sole e ci saranno i vigili che puniranno coloro che, passeggiando sul lungomare, la maglietta non ce l'avranno.
E scommetto che non mancherà qualche maglietta con su l'effige del Polpo Paul, vero mattatore di questi Mondiali.

Ma mi piaceva ricordare in queste poche righe queste due t-shirts, accomunate dal destino di essere indossate durante un evento calcistico ma
profondamente diverse nel messaggio, nel significato e -soprattutto- nel valore di coloro che le hanno indossate.

E volevo ringraziare Iniesta, perchè se con il suo goal all'Olanda ci ha ricordato l'importanza di essere un Campione inserito in un progetto calcistico lungimirante, con la sua maglietta ci ha ricordato molto di più.

Ci ha ricordato l'importanza di essere un Uomo vero.

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