Post n°2919 pubblicato il
17 Ottobre 2010 da
nadir63l
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di Edgar 74
L’altra settimana è scoppiata l’ennesima bomba doping sul ciclismo mondiale. L’ultimo vincitore del Tour de France, il tre volte maglia gialla Alberto Contador, è risultato positivo ad un controllo antidoping effettuato durante una tappa del Tour 2010.
Una settimana dopo il Capo della Procura Antidoping del CONI, Ettore Torri, “getta la spugna” arrendendosi all’evidenza, dichiarando che avanti di questo passo tanto varrebbe legalizzare il doping, perché tutti i ciclisti professionisti si doperebbero: «Non sono l'unico che lo dice» - ha dichiarato ad Associated Press – «ultimamente tutti i ciclisti che ho interrogato hanno detto che tutti si dopano». Due giorni dopo ha rettificato: «uno sfogo». Ovviamente…
Vi dico sinceramente come la penso: per me il doping andrebbe legalizzato. E lo dico non per sfogarmi, io, ma con raziocinio.
Mi spiego: in un mondo ideale il doping non dovrebbe esistere; la competizione sportiva, che ritengo il modo più alto e nobile che l’uomo abbia per confrontarsi e duellare l’un l’altro, dovrebbe essere sempre improntata al rispetto delle regole ed all’elevazione del concetto di rispetto dell’avversario e del proprio fisico, ovvero: “mens sana in corpore sano”.
Ma questo non è propriamente un mondo ideale. Qualcuno, molto più importante e saggio di me, dice che il principe di questo mondo sia il Diavolo. Quindi dobbiamo cambiare la prospettiva dei nostri pensieri, visto che il “bene”, inteso nel più ampio significato del termine, non è la priorità nelle azioni dell'uomo, bensì l'utile, il potere e la prevaricazione di un essere umano sull'altro.
Nello sport professionista, tutto: non parlo solo di ciclismo, la media dei dopati è altissima, sia che lo si pensi seguendo l'intuito, sia che lo confermi Ettore Torri col suo “sfogo”.
Detto questo, casi come quello del povero Pantani o quello decennale della Juventus dimostrano come il doping possa assurgere a mezzo legale per eliminare l'avversario; per questo motivo trattasi di mezzo non solo legale, ma anche fortemente ipocrita, perché oggi è facile fare controlli mirati, non solo quelli di routine durante le manifestazioni ufficiali; se c'è la volontà da parte delle procure antidoping (ad ogni livello: nazionale ed internazionale) si riesce a scoprire “il reo”, o per lo meno a limitarne fortemente se non ad impedirne l'utilizzo di sostanze illecite. Di contro se tale “trattamento” non viene riservato anche all'avversario, ad esso si consente di fatto l'utilizzo delle suddette sostanze.
Ad esempio: chi di voi non ha arricciato il naso, quando ad Aprile prima della semifinale fra Inter e Barcellona i catalani hanno avuto un controllo antidoping a sorpresa, mentre ai nerazzurri tale sorte non è toccata?
Quindi chi scrive ritiene che esistano validi motivi per legalizzare una pratica moralmente discutibile; vediamo perché.
Primo: esiste un motivo strettamente medico, ovvero: con la legislazione antidoping attuale il medico sportivo valuta (illegalmente) la somministrazione di sostanze dopanti, ma non le modalità di assunzione, perché una volta che ha prescritto la "bomba" l'assunzione è spesso demandata all'atleta stesso, magari accompagnata con una spiegazione alla bell'e meglio; inoltre viene assunta in dosi massicce e con farmaci "coprenti" per evitare i controlli; il tutto provoca gravi danni, soprattutto a reni, fegato, cuore e cervello.
Se il doping fosse"legale", il medico sportivo seguirebbe anche le modalità di assunzione, ovvero l'atleta verrebbe monitorato sempre da un medico professionista e le dosi verrebbero assunte in modo accurato e non a dosi massicce “una tantum”; inoltre si eviterebbero anche i farmaci "coprenti", che tanto bene non fanno.
Certo: stiamo parlando sempre di sostanze che fanno male al fisico, ma almeno sarebbero assunte con criteri più scientifici, più igienici e più professionali; inoltre, se il doping diventasse legale ci sarebbero dei protocolli medici da rispettare; anche perché il doping oltre un certo livello di assunzione non fa più effetto, diventa solo dannoso per l'organismo, più di quanto non lo sia già con un'assunzione "normale".
Né è da trascurare il fatto che un atleta maggiorenne verrebbe messo a conoscenza sia dei vantaggi che comporta l'assunzione di sostanze dopanti, sia dei rischi e dei danni che ne derivano; ci sarebbe più libertà di scelta nell'eseguire pratiche legali, al contrario di oggi, perché i medici non avrebbero più nessun motivo per nascondere gli effetti del doping o peggio somministrarlo di nascosto; quindi si otterrebbe un monitoraggio medico sull'atleta molto migliore, lasciando fuori dalla porta i ciarlatani e gli "stregoni"
Secondo: esiste anche un motivo pratico : il doping legalizzato otterrebbe l'esatto contrario, da un punto di vista del rispetto delle condizioni di parità di mezzi nella prestazione sportiva, rispetto al doping illegale, ovvero se tutti potessero assumerlo legalmente non ci sarebbero più le disparità che esistono oggi e torneremmo a vedere vincere effettivamente (e senza ombra di dubbio...) l'atleta più forte e non quello più dopato o peggio, quello meno controllato; tutti partirebbero alla pari e vincerebbe chi ha più talento, chi ha il “motore” migliore e non la “benzina” migliore.
Terzo: esiste, in fine, un motivo di rispetto della legalità: ricordate l'estate 1998? Fu fatto un controllo a sorpresa nel ritiro del Parma, stagione '98/'99; 22 atleti su 24 risultarono avere l'ematocrito più alto del limite massimo, esattamente come sarebbe successo a Pantani un anno dopo. Ma in quel caso la stampa abbuiò tutto, nonostante Zeman avesse parlato tre settimane prima e l'argomento, per questo, fosse caldissimo. E lo fecero perché evidentemente "non interessava" (cit.), poiché il pezzo grosso da “colpire” era la Juve e il doping divenne il mezzo per farlo, anche se di prove non ne trovavano, né ne avrebbero mai trovate in futuro. Mai più si farebbe carne di porco del rispetto e dell'onorabilità di una società sportiva o di un singolo atleta da parte di scribacchini farisei o di giudici “degni” delle liriche del grande Fabrizio De Andrè.
E per chiudere: come società generalmente intesa dobbiamo ricostruirci un minimo di credibilità e se non lo si può fare nel rispetto della morale e dell'etica, proviamo a farlo almeno in punta di diritto evitando di creare situazioni paradossali per le quali è un laboratorio di analisi mediche a stabilire chi sia il più forte in una manifestazione sportiva e non il verdetto sacro del campo di gioco; senza scordarci mai che è l'uomo che stabilisce cosa, di volta in volta, sia legale o meno e che è sempre l'uomo a capire quando e perché una vicenda umana debba considerarsi non più legale o illegale.
Se così non fosse oggi in America ad ogni brindisi scatterebbero le manette.
http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/...lio.asp?id=1110