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Il tocco maledetto...

Post n°3471 pubblicato il 19 Dicembre 2010 da nadir63l
 

Immagine IPB

di M. Lancieri

Si dice che Mida trasformasse in oro tutto ciò che toccava. Il mitico re della Frigia rivive oggi nel presidente della squadra più “onesta” d’Italia, anche se in versione leggermente diversa. Quando, nel lontano 1995, acquistò l’Inter, l’obiettivo di Massimo Moratti fu subito chiaro: emulare il padre Angelo, capace di portare al vertice mondiale la propria squadra, pur tra mille polemiche e tante morti strane (ma questa è un’altra storia). Il povero ricco Massimo, però, dovette immediatamente fare i conti con la propria incapacità: in pochi anni, passarono più allenatori dalla panchina dell’Inter che capi di governo in Italia. E di trofei importanti non se ne vedeva neanche l’ombra: la bacheca interista era stracolma di coppe Moretti, Moratti, Muratti, trofei Tim, Omnitel, Tele2, targhette di partecipazione (quelle che si danno a chi riesce a finire una gara amatoriale) e medaglie di legno. L’unico suono che rimbombava nelle orecchie del presidente nerazzurro era quello delle pernacchie di tutte le tifoserie d’Italia.

La mancanza ripetuta di successi diede alla testa al patron nerazzurro, che cominciò a dilapidare l’impero finanziario di famiglia, strapagando chiunque gli passasse vicino. Per un bel pezzo, qualsiasi sconosciuto pedatore in ogni angolo del pianeta coltivò un solo sogno: segnare all’Inter. Già, perché un gol ai nerazzurri corrispondeva ad una quasi certa chiamata da parte della sua dirigenza e conseguentemente ad uno stipendio faraonico. Passarono gli anni e Moratti decise di fare qualcosa di meglio: comprare chiunque fosse (o passasse per essere) un giocatore di alto livello. Eppure, il risultato era sempre lo stesso: niente, nulla, nisba. Fu allora, che cominciò a diffondersi l’idea che tutto ciò che veniva a contatto con l’Inter si trasformasse come d’incanto in qualcosa di poco allettante (per usare un eufemismo). Com’era possibile che, nel corso degli anni, giocatori ritenuti validissimi altrove, come Bergkamp o Jugovic, all’Inter avessero fallito miseramente? Senza contare i casi inversi: Cannavaro, Pirlo, Seedorf, tutti autori di prestazioni mediocri all’Inter, si rivelarono devastanti appena andati via da lì.
Era forse una maledizione? Anziché il “tocco d’oro”, all’Inter c’era qualcuno dotato del “tocco di m**da”?

Ciò che accadde nel 2006 tutti lo sappiamo. Non c’è bisogno di ripetere come l’Inter abbia “vinto” gli ultimi scudetti, inaugurando la serie con un titolo corrispondente ad un campionato in cui la squadra di Moratti era arrivata ad un’eternità dalla Juve, vera Campione d’Italia. Proprio in quel periodo, il calcio italiano, nonostante il terremoto che si stava verificando, era arrivato in cima al Mondiale, grazie ad un allenatore che – guarda i casi della vita! – aveva vinto tutto con la Juve ed aveva fatto pena con l’Inter. Da allora, il campionato italiano, che ha visto costantemente la squadra di Moratti protagonista, è sprofondato a livelli pietosi, tanto che molte reti televisive straniere un po’ alla volta investono sempre meno nel nostro calcio. Insomma, possiamo dirlo: il campionato italiano è passato dall’età dell’oro a quella della m**da. Anche in questo caso, non si può fare a meno di ripensare a quella leggenda sul “tocco maledetto” del patron nerazzurro. L’anno scorso, poi, è arrivata l’apoteosi: scudetto, coppa italia e champions league (tutte rigorosamente in minuscolo). Raramente, negli ultimi anni, si era vista una competizione europea di così basso livello tecnico. In finale sono andate due squadre poco più che mediocri, grazie ad episodi che definire vergognosi sarebbe riduttivo. E la coppa l’hanno alzata proprio loro: gli interisti. Poi cosa succede? Il nasuto bomber nerazzurro, che già in maggio era indicato come uno dei pretendenti al Pallone d’Oro (dimenticando magari che mancavano 7 mesi ed un Mondiale all’assegnazione…), marcisce sulla panchina argentina in Sudafrica, per non riprendersi più. L’altro fenomeno, l’olandese pelato, disputa anche un ottimo mondiale, sfiorando addirittura il titolo. E, come da prassi interista, si affretta a dichiarare di pretendere il Pallone d’Oro. Peccato che non se lo fumi nessuno: Sneijder non finisce neppure tra i primi tre e, in un certo senso, quella esclusione certifica il valore infimo dei titoli nerazzurri.

Infine, veniamo ai giorni nostri. C’è da disputare il mondiale per club, che da qualche anno sostituisce la molto più affascinante Coppa Intercontinentale del passato. L’Inter vince, giocando contro due squadre che in Italia con tutta probabilità non si salverebbero neppure in Prima Divisione. Roba da barzelletta. In semifinale, gli avversari sembrano una formazione di pulcini. In finale, invece, c’è una squadra di volenterosi africani, che probabilmente sono i primi a sorprendersi di doversi giocare il titolo di “migliori del mondo”, non avendo alcuna dimestichezza con quell’oggetto sferico da calciare. Tornano in mente i trofei estivi che erano abituati ad alzare gli interisti nei primi anni dell’era Massimo Moratti e sinceramente è difficile decidere quale tra quelli passati e quest’ultimo abbia più valore. Eppure, come al solito, i nerazzurri festeggiano, fingendo di avere compiuto una grande impresa sportiva. Ma, sotto sotto, anche loro probabilmente sanno che il “tocco di m**da” ancora una volta ha colpito.

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