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« Bergamo: Calciopoli fars...BUFFON: "CON DEL NERI TUTTO OK" »

DELNERI: "Spero di poter dare alla Juve quello che loro si aspettano. Krasic è un trascinatore."

Post n°3497 pubblicato il 22 Dicembre 2010 da nadir63l
 

© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Gigi Delneri è arrivato alla Juventus in sordina; qualcuno non era convintissimo della scelta. C'era chi lo accusava di non avere la forza e la mentalità di poter gestire un gruppo e una società importante come quella bianconera; accuse che, di riflesso, erano rivolte anche al dg Beppe Marotta che, di comune accordo con il presidente Andrea Agnelli, lo avevano scelto per diventare il nuovo tecnico di una Juventus da ricostruire dopo le macerie della passata stagione. Il tempo, ma soprattutto i risultati, stanno dando ragione al mister friulano che, dopo aver trascinato la Sampdoria ad una storica qualificazione in Champions League l'anno passato, sta riconducendo la Juventus nelle posizioni di classifica che le competono. Gigi Delneri ha parlato a tuttotondo della sua nuova "creatura" al programma "Le interviste di Sky Sport" in onda da giovedì 23 a lunedì 27 dicembre, tutte le sere alle ore 20.30 (lunedì 27 alle ore 20.15) e alle ore 23.30 su Sky Sport 1 HD. Fabio Guadagnini, in esclusiva Sky, ha intervistato i "grandi "del nostro calcio ed il primo ospite è stato proprio l'allenatore della Juventus. Si è parlato del fenomeno Krasic, del riscatto di Aquilani (in tutti i sensi), del caso Buffon, della gestione di Del Piero e del ruolo che avrà la Juventus dall'inizio del nuovo anno fino alla fine del campionato 2010/2011. Insomma, un bel calderone di interessanti considerazioni da parte del tecnico di Aquileia. Ecco l'intervista riportata dall'edizione online du Tuttosport.

Che idea si è fatto della sua Juventus, a questo punto della stagione?
"Buona. Stiamo lavorando bene, abbiamo avuto dei momenti non facili inizialmente. Poi ci siamo ripresi lavorando sodo sul campo e avendo la disponibilità dei giocatori. E quindi adesso i risultati stanno arrivando. Vogliamo migliorare molto. Dispiace essere usciti dall’Europa League in modo inopportuno perché se fossimo stati quelli di adesso tre mesi fa, probabilmente questa competizione avrebbe avuto ancora un’altra squadra italiana, ma la legge del calcio è questa. Continueremo e faremo vedere che i nostri miglioramenti porteranno ad avere, alla fine dell’anno, una proiezione della Juventus molto importante in questo campionato".

Il suo approdo alla Juventus è coinciso con le sue aspettative?
"È una bella sfida. Essere chiamato dalla Juventus è un impegno importante ed un onore, soprattutto. Mi ha dato grandi stimoli e grande vivacità d’interesse verso questa squadra e questa città. Siamo partiti bene. Ricordo che all’inizio nell’ambiente c’era una certa incertezza su chi avesse allenato la Juventus, poi è uscito il mio nome - diciamo così - dal cilindro e ha creato inizialmente un po’ di scetticismo perché non avevo mai allenato una squadra importante. Essere riuscito ad entrare nel cuore della città e dei tifosi, facendo vedere che si fa un buon lavoro impegnandosi, avendo la cultura del lavoro, l’amore per la professione e sposando i colori e la società per cui lavoro, credo mi abbia portato a farmi voler bene. Questo lo dico perché la conseguenza del voler bene alla squadra porta ad avere un atteggiamento di affetto anche per chi la guida".

Che effetto le ha fatto sentir dire che Del Neri non era da Juventus?
"Nessun effetto. Lo scetticismo è anche logico e giusto. La gente pensa che si debba dimostrare sul campo quello che si vale e che si fa. I grandi nomi hanno un ritorno importante per l’immediato, poi i grandi nomi, se non vanno bene, possono essere più scusati, in generale. Il piccolo nome, quando viene chiamato, deve dimostrare di saper agire anche in posti diversi, con obiettivi diversi, con pressioni diverse rispetto a quelle che ha dovuto sopportare in passato. Io sono contento che piano piano le cose si siano messe nel modo giusto. Poi, non so quando diventerò l’”allenatore” della Juventus. Speriamo velocemente..."

Quali sono state le prime parole che ha detto al suo primo ingresso nello spogliatoio della Juventus?
""Insegnatemi a vivere la Juventus", per imparare a guardarla in maniera diversa, sapere che guidi una delle squadre più blasonate al mondo, con un grande seguito di tifosi, dove l’impegno profuso da noi deve essere rapportato al loro tifo, al loro amore. Abbinando queste due cose, si cerca di capire l’ambiente dove si lavora. Credo che ogni allenatore debba sempre guardare l’ambiente dove lavora e cercare di capire quali sono le molle che possono incidere sul risultato e sull’affetto che ci vogliono in questi due rapporti".

Un ambiente di lavoro che il presidente ha più volte rinominato un cantiere. È così?
"Sono due i cantieri in corso: la squadra e lo stadio. Speriamo che il prossimo anno saremo ancora e sempre protagonisti in competizioni importanti, nel nuovo stadio".

Le piace pensare alla sua squadra come ad "un cantiere"?
"Mi piace. Penso che il mondo del calcio sia sempre un cantiere. Nessuna squadra è perfetta, c’è sempre da lavorarci sopra, da migliorare quello che si sbaglia. Credo che il mondo del calcio sia un po’ un cantiere aperto, ha nuove idee, nuovi modi di vedere, nuovi atteggiamenti, nuove giornate. Nella mia carriera non ho mai visto un anno in cui non aver avuto un cantiere aperto. Anche perché se è un cantiere chiuso, è meglio smettere di allenare".

Lei ha detto che la sua squadra aveva bisogno di ritrovare la fiducia smarrita nella stagione scorsa. È stato così?
"Dipende dai risultati. È chiaro che i risultati danno energie. Le ultime partite hanno dato consapevolezza, c’è più tranquillità nel giocare, c’è più consapevolezza in quello che si fa. È un’annata un po’ particolare, si perdono energie perché non si capisce, perché non si riesca a rendere come si vorrebbe e perché i risultati non sono magari all’altezza della situazione. Un po’ di nervosismo e di difficoltà ci sono. Io rispetto sempre molto il lavoro di chi c’era prima di me. Non penso al passato ma rispetto il passato. È chiaro che noi dovessimo ricostruire qualcosa d’importante, dare credibilità a noi stessi, infondere fiducia nei giocatori che l’avevano smarrita. E credo si sia visto che questo lavoro è stato fatto, al di là della tattica e della tecnica, che nel calcio lasciano il tempo che trovano".

È una Juventus che può ancora crescere nei prossimi mesi? In quale componente?
"Penso che la crescita ci sia sempre, non c’è una fine della crescita, come non ci sarà mai una fine delle difficoltà. Si migliora quello che si è fatto, si cerca di tappare dove si sbaglia per migliorarsi. Spero mantenga la mentalità, che mantenga l’equilibro anche quando i momenti non saranno poi tanto semplici, perché capiteranno anche dei momenti abbastanza difficili. Nel calcio, come nella vita, penso che questa cosa sia all’ordine del giorno. Quindi, penso che in quei momenti devo mantenere l’equilibrio giusto, pensare a migliorarsi sempre, pensare ad avere un progetto giusto, un’idea giusta, continuare su questa strada, perché tante strade non portano ad un risultato giusto. Una strada giusta, che tu pensi sia quella giusta, porta ad un risultato efficace".

Quale sarà il ruolo della Juve: inseguitrice del Milan o qualcosa di più?
"Il ruolo sarà quello di vincere tutte le partite, andare in campo con l’intendimento di vincere tutte le partite, mentalmente. Penso, però, che questo lo facciano tutte le squadre, non credo solo la Juve. Penso che tutte vadano in campo per vincere, senza calcoli. Penso che nessun allenatore, nessuna squadra di calcio, dalle più piccole alle più grandi, abbiano il pensiero di andare in campo per fare zero a zero o per perdere la partita. Tutti vanno per vincere la partita. C’è chi ha più qualità, chi ha più fortuna, i momenti decidono quello che tu ottieni. Non penso di essere solamente io un fautore di quelli che vanno per vincere, tutti vanno in campo per vincere. Questa deve essere la nostra filosofia. La filosofia dei piccoli passi, porta ad un grande risultato. La filosofia di un grande risultato pone solo un obiettivo, invece, i piccoli obiettivi portano ad un grande risultato. Devo sempre stimolare l’obiettivo piccolo, cioè, fare più gol, prendere meno gol, fare un punto in più dell’anno scorso, arrivare quinti, poi quarti, terzi, secondi. Quelle cose che vanno ad innescarsi in motivazioni".

Si può considerare Krasic l’Ibrahimovic di questa Juventus? Il serbo ha ulteriori margini di miglioramento?
"Margini di miglioramento, sicuro. Secondo me, ha le doti del grande trascinatore, ha questa verve d’intensità che è riscontrabile in pochi giocatori, per quello che ho visto io in giro. Nessuno, forse, ha questo stop e ripartenza, questa aggressività sull’avversario. E’ un giocatore che mi ha stupito molto, che deve cominciare a spendere meno nell’arco dei 90 minuti. Alle volte, per eccesso di generosità spende energie anche quando non deve spenderle. Penso sia un giocatore diverso da Ibrahimovic, Ibrahimovic è unico nel suo modo di giocare, non ce n’è un altro come lui, che ha tutte le caratteristiche per essere un giocatore universale".

Quanto è importante Aquilani dal punto di vista tattico? Punterebbe al riscatto di questo giocatore?
"Penso che la società ci stia già pensando, non devo dirglielo io. Io ho il giocatore, gioca e gioca bene. Quando un giocatore gioca bene nella Juventus, non è che la Juventus butta via facilmente un giocatore che dà rendimento. Penso sia un giocatore importantissimo a tutti gli effetti per noi, come gli altri. Ha una qualità spiccata, che è quella di giocare veloce e in profondità, ha questo piede importante. Negli ultimi anni è stato un po’ sfortunato. Io l’ho conosciuto quando l’ho avuto a Roma, era giovanissimo, è un giocatore che può giocare a due in mezzo al campo, perché ha una qualità tecnica fantastica. Essendo stato un anno in Inghilterra, adesso è abbastanza tignoso, abbastanza nervoso nel rubare la palla. Secondo me è migliorato molto. Quando recupererà totalmente, quando riprenderà il passo, con un campionato lungo, è un giocatore importante per noi".

Può essere utile per la Nazionale?
"È un giovane giocatore, centrocampista, penso sia proprio utile alla Nazionale un giocatore come Aquilani".

A proposito… Prandelli in Nazionale. Qual è la sua impressione?
"Rinnovamento. È un ragazzo giovane che ha fatto molto bene a Firenze. Ha costruito negli ultimi anni una Fiorentina giovane e penso che il passaggio generazionale in Nazionale ci debba essere. Penso che punti su una massa di giocatori giovani innestata in un telaio di giocatori di personalità. E’ una scelta ottima per la Nazionale in questo momento e sono sicuro che i frutti si vedranno".

Del Piero e il rinnovo del contratto. Può diventare un problema per la sua gestione?
"La gestione riguarda i giocatori, non i contratti dei giocatori. Ha giocato quasi tutte le partite fino adesso, dunque per me non ci sono e non ci saranno problemi".

Non teme l’effetto mediatico di questa trattativa?
"A me l’effetto mediatico non è che interessi molto. Se dovessi andare dietro all’effetto mediatico, dovrei far giocare 30 giocatori ogni domenica. Il concetto è scegliere chi penso sia utile alla squadra in quel momento, chi è in forma in quel momento, questo è un diritto dell’allenatore".

Dunque oggi ridirebbe le stesse cose che ha detto in conferenza stampa, su Buffon, facendo sollevare un polverone?
"La comunicazione con la stampa diventa problematica quando vuole o non vuole capire certe cose. Non siamo due neonati, né io né la stampa. C’è sempre un bicchiere mezzo vuoto e uno mezzo pieno. La stampa sceglie quasi sempre il bicchiere mezzo vuoto. E la girano come vogliono. Io non posso discutere le qualità tecnico-tattiche di giocatori come Buffon, che ha insegnato a tanti come si fa il portiere. Quando lui è nato, era il prototipo del portiere da cui bisognava imparare. Quando dico che Buffon debba tornare a diventare un giocatore importante, non lo giudico da un punto di vista tecnico-tattico, lo giudico da giocatore che due mesi fa ha fatto un’operazione e quindi deve recuperare. Con i miei giocatori ho un rapporto molto buono".

Cassano al Milan spariglierà gli equilibri del nostro campionato?                                                                                                              "Sì, perché è un giocatore di grande caratura. Avrà anche voglia di dimostrare la sua forza e andrà in un mondo dove ci sarà anche la serenità da parte sua di affrontare gli impegni in maniera diversa di quanto facesse in altri posti".

A 60 anni, cosa significa approdare alla Juventus? È stato il suo anno speciale?
"A 60 anni approdare alla Champions League con la Sampdoria, prima di tutto. E’ la dimostrazione del non voler mollare mai. Devo ringraziare altre persone che lavorano e hanno lavorato con me per essere approdato alla Juventus, Agnelli in primis, e poi Marotta, che ha avuto parole di elogio per poter intraprendere questo abbinamento. Il mio lavoro va rapportato a quello che di buono hanno fatto queste persone, i collaboratori, che sono di fondamentale importanza per un allenatore. Io ho la fortuna di avere collaboratori bravissimi, che sono anche amici. Io sono molto fortunato perché il rapporto con i miei collaboratori, il Presidente e Blanc è ottimo. Spero di poter dare alla Juve quello che loro si aspettano".

Cosa si aspetta dal finale di stagione?
"I risultati sono sempre quelli che contano. Se fai un buon lavoro, ottieni anche i risultati. E vorrei che qualcuno mi dicesse a fine stagione: "Qua la mano, hai fatto un buon lavoro!".

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