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Messaggi del 17/04/2010

L’editoriale di GLMDJ. A noi, invece, risulta.

Post n°1762 pubblicato il 17 Aprile 2010 da nadir63l
 

L’editoriale di GLMDJ. A noi, invece, risulta.



Immagine IPB

Cirdan

La Stampa continua a non dare notizie su Calciopoli in prima pagina, del resto, e come sottolinea Camillo, è il quotidiano di Teramo di proprietà della famiglia che controlla la Cavese.
Il Corriere della Sera vede le cose attraverso gli occhi di un
neroazzurro, che trova imparagonabile il paragone con Calciopoli, e da buon onesto uomo trova esecrabile il trucco prodotto dai soliti furbetti italiani, che il cuore trascina e la mente inganna: qualcuno vuole paragonare un sistema durato anni con una telefonata tra il designatore e il presidente dell’Inter. Lui la definisce: "Quattro chiacchiere piuttosto formali". Non scherziamo suvvia, una telefonata tra il presidente dell'Inter e il designatore degli arbitri non si può certo esecrare.

La Repubblica invece, a firma di
Fabrizio Bocca, scrive testuale: "Forse presto la difesa esibirà telefonate compromettenti, ma per ora siamo all’inciucio e non all’ “illecito strutturale”. Il passo della Juve di chiedere “parità di trattamento” è una frustata alla giustizia sportiva".

Personalmente di frustate in questi giorni ne darei tante a tanti: un po' per le esecrabili (come dicono gli indossatori) letture che sto facendo in questo periodo; un po' perché seguendo la saga di Calciopoli dalla data "0", trovo stucchevole l'ignorare, da parte di tutti i media, un "piccolo" particolare andato in scena nell'ormai famosa aula 216 del tribunale di Napoli; in cui, giusto per non dimenticarlo mai, capeggia la scritta: la legge è uguale per tutti.

Nell'udienza del 4 dicembre 2009 fu ascoltato tale
Rosario Coppola, ex arbitro di serie C e assistente per sei anni in serie A e B. In quell'udienza l'ex arbitro, interrogato dall'l’avvocato Vigoriti dell’Avvocatura di Stato per i ministeri costituiti, espose quanto segue: "I Carabinieri mi dissero: «A noi non risulta che l’Inter facesse pressioni. Non abbiamo registrazioni. Non è un argomento di discussione perché non ci interessa»."
Il giudice Teresa Casoria chiese immediatamente conferma: "Coppola, lei conferma che ha riferito di Inter-Venezia e che le hanno risposto «questo non ci risulta dalle intercettazioni?»"
La risposta dell'ex arbitro fu eloquente: "E’ il motivo per il quale sono andato! Io sono andato lì come arbitro, a me non interessava una società o l’altra. Sono andato a portare la mia piccola esperienza, che riguardava una società che del resto sembra non c’entrasse nulla. Mi è stato detto: «Non ci interessa che parli di questo, se vogliamo parliamo di queste altre società». Questo mi è stato detto, per cui sono stato tarpato subito sull’argomento".

Chiudo con un consiglio spassionato a chi la vede da neroazzurro: non volteremo mai pagina, perché quel passato che qualcuno lo definisce tossico, consigliandoci di lasciarcelo alle spalle con un intimidatorio "è meglio", non è sicuramente peggio di chi, vergognosamente, si è sempre professato estraneo ai fatti.
Adesso, e come dice la Casoria, abbiamo chiarito il punto.

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Moggi: «Facchetti faceva cose fuori posto, io no»

Post n°1761 pubblicato il 17 Aprile 2010 da nadir63l
 

L'ex dg parla dell'allora presidente nerazzurro: «Non ho detto che ha commesso un reato, però dico che allora faceva comodo a qualcuno dire "questi sono i cattivi" e cattivi in verità non ce ne sono. Tutto finirà quando diranno che non ho fatto niente. Qui non ci sono colpevoli, qui c'è il lavoro di gente che cercava di fare l'interesse della società. Non era il sistema Juventus, era un modus vivendi dove Franco Carraro non solo parlava, ma dava indicazioni»
TORINO, 17 aprile - «Tutto finirà quando diranno che Luciano Moggi non ha fatto niente». Parola di Luciano Moggi intervenuto oggi su Radio 1 nel programma "Ventura Football Club". «Qui non ci sono colpevoli - ha spiegato l'ex dg bianconero - qui c'è il lavoro di gente che cercava di fare l'interesse della società. Non era il sistema Juventus, era un modus vivendi dove c'era Franco Carraro che non solo parlava, ma dava indicazioni». Per quanto riguarda le schede svizzere, Moggi si è difeso dicendo che possederne una non costituisce reato.

FACCHETTI - L'ex dg della Juve ha tirato in ballo anche Facchetti, ma senza voler attribuire all'ex presidente nerazzurro nessun reato. «Dicono che Facchetti è morto e non se ne può parlare: no, bisogna parlarne! Però non ho detto che Facchetti ha fatto un reato: allora faceva comodo a qualcuno dire "questi sono i cattivi" e cattivi in verità non ce ne sono. Sono il primo a dire che sia Facchetti sia altri dirigenti hanno fatto cose fuori posto, ma anche Moggi e Giraudo non hanno fatto cose fuori posto. La verità è stabilire che non c'era un sistema di Moggi, Giraudo e Bettega». Giraudo ha sbagliato a chiedere il rito abbreviato? «
Secondo me ha fatto un errore, ma era in Inghilterra, aveva fretta e con la fretta non si risolvono i problemi».

 
 
 

Calciopoli, sim svizzere: prove o bluff?..

Post n°1760 pubblicato il 17 Aprile 2010 da nadir63l
 

De Santis riceve la scheda e penalizza la Juve: qualcosa non quadra. L’accusa non riesce a dimostrare che gli arbitri fossero dotati di telefoni «schermati»: meno solida la teoria della «cupola»
MILANO, 17 aprileLe schede svizzere, dico­no, sono la prova schiacciante dell’e­sistenza della cupola. Quelle sim te­lefoniche mai intercettate vengono considerate, nell’ambito più ampio della vicenda di calciopoli (quello sportivo e quello penale), l’arma più affilata in mano a chi accusa e a chi ha condannato Luciano Moggi e la Juventus. Il fatto stesso, sempre se­condo l’accusa, che Moggi avesse ar­chitettato un meccanismo per drib­blare le eventuali intercettazioni è una prova dell’esistenza di un’orga­nizzatissima cupola. Ciò che è più difficile dimostrare all’accusa è chi avesse e utilizzasse effettivamente le schede telefoniche, proprio per que­sto messe per tre volte in fuori gioco dal giudice Teresa Casoria, che sta celebrando il processo di Napoli. «Possedere schede svizzere non è un reato», ha più volte ribadito ai pm, spiegando che se non ci sono inter­cettazioni di quei numeri non può bastare dimostrare che queste sche­de esistessero per trasformarle in prove contro gli imputati.

ACQUISTO E DISTRIBUZIONE - Queste schede, effettivamente, esi­stono e Moggi non ne ha mai negato il possesso. Anzi, fu il primo a spiega­re di avere seri sospetti di essere in­tercettato e di aver utilizzato le sche­de svizzere per evitare lo “spionag­gio industriale” che avrebbero opera­to altri club in ambito di calciomerca­to. Ecco perché si rifornisce di queste schede, acquistandone nove a Chias­so nel negozio di Teodosio De Cellis. Queste schede gli servono per lo più per trattare con i club e i procurato­ri in segreto (un controllo, mai fatto, sui tabulati lo dimostrerebbe) e al­meno una di queste sim è stata in mano a uno dei suoi osservatori di fi­ducia. Due di queste le consegna a Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto: cosa si dicono su quelle linee non si sa, ma non sarebbe vietato nemme­no dalla giustizia sportiva parlare con i designatori e d’altra parte è an­che bene ricordare che Bergamo uti­lizza la scheda per poco, perché quando finisce il credito la butta e la stragrande maggioranza delle telefo­nate fra il designatore e l’ex dg avvie­ne su linee intercettabili.
 
ARBITRI - Ma dove l’accusa fatica è nella dimostrazione che anche gli ar­bitri fossero dotati di scheda svizze­ra. Dovrebbero avere la scheda i se­guenti arbitri: Bertini, Gabriele, Cassarà, De Santis, Paparesta, Ra­calbuto, Dattiloe Pieri, oltre al pre­sidente dell’Aia Lanese. La giustizia sportiva ha assolto Bertini, Dondari­ni, Dattilo e Pieri, ma condannato De Santis (4 anni) e Paparesta (3 mesi). Gli altri non sono stati coinvolti nel­l’inchiesta. Gabriele e Cassarà sono stati assolti invece a Napoli con il ri­to abbreviato (lo stesso che ha con­dannato Giraudo): appare dunque evidente che in quel caso il presunto possesso di scheda svizzera non è stato provato o considerato rilevante. Pieri, sempre nel rito abbreviato, è stato condannato, ma in attesa di co­noscere le motivazioni del giudice De Gregorio, si può ipotizzare che non gli sia imputato il possesso della scheda svizzera (che altrimenti avrebbe “incastrato” anche Gabriele e Cassarà, assolti).

IL CASO DE SANTIS - Ma come fa l’accusa ad associare le utenze telefo­niche svizzere, di cui possiede dei ta­bulati con i numeri chiamati e le cel­le a cui si sono agganciati? Proprio con le celle: ovvero, se un’utenza chiamava Moggi - supponiamo - da Arezzo, quello doveva essere Berti­ni. Un po’ poco se si considera che di schede di quel tipo il solo negozio del De Cillis ne vende 25.000 all’anno e in Italia ne circolano quasi centomi­la. Oltretutto c’è qualcosa che non quadra con l’arbitro De Santis, pre­sunto possessore di scheda svizzera. Oltretutto, secondo la prima infor­mativa dei Carabinieri, quella che ri­costruisce la formazione della cupo­la moggiana, l’arbitro De Santis ini­zia la stagione 2004/05 facendo par­te dell’organizzazione, ma a un certo punto si “sdogana” e ne esce, diven­tando una specie di “nemico della Ju­ventus”, salvo poi ravvedersi e torna­re nella cupola nelle ultimissime giornate di campionato. Secondo gli inquirenti De Santis uscirebbe dalla cupola il 6 gennaio, quando arbitra Parma-Juventus, penalizzando evi­dentemente i bianconeri. Di lì, una serie di arbitraggi poco favorevoli, in particolare a Palermo il 6 febbraio e contro l’Inter il 20 aprile: tutti segna­li, secondo chi indagava, che De San­tis era fuori dalla cupola.

 
 
 

La Juve ha deciso: chiederà la revoca dello scudetto 2006!

Post n°1759 pubblicato il 17 Aprile 2010 da nadir63l
 

Questo è quanto affermato dall'inviato di Sky Sport Federico Ferri
© foto di Castellani / De Luca

Dopo essersi a lungo consultata, la società bianconera ha deciso di richiedere agli organi competenti della Figc la revoca, non la rassegnazione, dello scudetto 2005/2006, assegnato da Guido Rossi all’Inter. Questo è quanto affermato da Federico Ferri, inviato a seguito della Juve, ai microfoni di “Sky Sport”. Il primo passo da fare è quello di richiedere il tutto al presidente Abete, e successivamente alla procura, che a sua volta dovrebbe riaprire il procedimento.

 
 
 

     

 

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