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Messaggi del 24/04/2010

Presagi alla cornetta...

Post n°1795 pubblicato il 24 Aprile 2010 da nadir63l
 

Dietro Calciopoli, aprile 2005
 
© foto di Federico de Luca

“Tutti contro avete? Vogliono farti fuori”. Giorgio Tosatti a colloquio con Luciano Moggi, dodici mesi prima dell’annozero calcistico. Paiono estenuati per colpa di una centrifuga che orbita nella zona di Torino.
Hanno da (ri)dire sui media, piuttosto che sulla Figc, non risparmiando la grande famiglia Agnelli + Elkann. Cappello del botta e risposta è Juventus-Inter (0-1) del 20 aprile 2005, condotta con decisioni contra Vecchia Signoram da Massimo De Santis, il “capo-combriccola”.
La Stampa di Torino reputa più che sufficiente l’operato dell’arbitro: secondo i due amici è solo l’ultimo dei molti messaggi avversi alla compagnia bianconera.
“Il quotidiano locale generalmente sostiene la causa locale”, dice Tosatti. Ma La Stampa sta ad Agnelli come Agnelli sta a Fiat.
Famiglia e azienda hanno vita parallela. Quando però in famiglia una delle parti scavalca i pari, le linee parallele rischiano un contatto o meglio una collisione. La passione dell’Avvocato non è al sicuro dalla cessione, la situazione economica di Fiat non consente investimenti in senso Juventus. Talvolta è meno peggio implodere che esplodere.
“Luciano, cosa avete fatto a Carraro che vi odia?”. “Mi sono rotto i coglioni, non ho più forza e voglia”, replica Moggi.
Aprile 2006. L’anima “è stata uccisa”: Federazione, arbitri, stampa e ‘politica’ sono i temi ridondanti, regressi e progressi.

 
 
 

15 anni fa ci lasciava Andrea Fortunato. Il ricordo di Bettega...

Post n°1794 pubblicato il 24 Aprile 2010 da nadir63l
 

Fonte: juventus.com

Il 25 aprile del 1995, a soli ventitre anni, Andrea Fortunato si spegneva dopo una dura battaglia contro la leucemia. Sono passati quindici anni da allora, ma il suo ricordo non ha mai abbandonato la Juventus, i suoi tifosi e tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo. Tra questi c’è Roberto Bettega, che ha ancora bene in mente tanti momenti condivisi con Andrea: « Una volta ci fermammo nella sala da pranzo di Villar Perosa, dopo cena, a parlare insieme, perché era un momento non troppo positivo per lui. Pensandoci a posteriori, probabilmente stava già covando la malattia. Ho cercato di rincuorarlo, facendogli capire quanto fosse difficile la nostra piazza, indossare questa maglia. Un’altra volta, si giocava un’amichevole a Tortona e tra il primo e il secondo tempo rimase negli spogliatoi perché aveva un po’di febbre. Quello fu il campanello d’allarme».

Quando ad Andrea fu diagnosticata la malattia, fu proprio Bettega a comunicarlo alla squadra: « La notizia toccò profondamente tutti. È chiaro che trattandosi di un ragazzo di quell’età, di uno sportivo, si fa fatica a pensare che possa essere colpito da un male così grave. In piccola parte provai la stessa cosa quando avevo vent’anni e forse ero quello che si era trovato più vicino ad una situazione del genere e quindi toccò a me dirlo ai suoi compagni
Sono rimasto molto legato alla famiglia, perché quelli furono momenti molto difficili e delicati per tutti. Andrea aveva una grande forza, una grande volontà, che credo tutti trovino quando si è costretti ad affrontare certe sfide. Sono sicuro che ce l’abbia messa tutta per provare a vincere la sua, ma purtroppo non è bastato».

La scomparsa di Andrea colpì profondamente tutto il mondo del calcio: «Andrea si ammalò nel pieno della sua giovinezza, del percorso del suo sogno. Il calcio fu sicuramente colpito, anche perché per fortuna situazioni del genere sono rare in un mondo come il nostro, fatto di atleti. E poi la personalità di Andrea aveva toccato tutti e anche per questo furono in molti a partecipare al dolore per la sua perdita. Sono cose purtroppo tristi, che però rimangono dentro e viene da chiedersi perché ad esempio io sono stato più fortunato… Viene da chiedersi: perché lui?»

 
 
 

Chi ha rubato la marmellata?...

Post n°1793 pubblicato il 24 Aprile 2010 da nadir63l
 

glmdj



Immagine IPB

di Cirdan


Su di Lui ve ne avevo scritto ad inizio anno, consigliandovi letture molto più approfondite sulla tematica di Calciopoli. Con la speranza che l'istinto e la ragione vi abbia portato nella miglior direzione, non posso far altro che riprenderlo, Lui, perché continua a ricalcare quel disegno apparso più e più volte su quel giornale rosa che passa i suoi giorni appoggiato ai banconi dei bar; e su cui l'Auricchio's team scopiazzò per completare le indagini.

Stavolta, però, devo dargli ragione: «Se chi ha pubblicato le 75 intercettazioni sapesse anche leggerle, ne trarrebbe l’unica conseguenza possibile: bene han fatto il colonnello Auricchio e i pm Narducci e Beatrice a escluderle dal processo, visto che non contengono notizie di reato».
Chiaro e limpido: le intercettazioni che hanno interessato Facchetti, Moratti, Galliani, Meani, Foschi, Pradé e altri (tanto per usare una terminologia consona) non contengono notizie di reato. Si badi bene, questo non è sarcasmo ma quanto crede lo scrivente: chiacchiere da Bar dello sport. Apro parentesi: se poi queste saranno ritenute da chi di dovere, utili per ulteriori accertamenti, apriremo nuovamente il portafogli per l'ennesima inchiesta, magari seguita da un bel processino senza senso; chiusa parentesi.

Me ecco subito pronto un altro "però"; Marco Travaglio scrive: «I fatti dicono che Moggi telefonava ai designatori per ordinare arbitri à la carte, come al ristorante, per le coppe e addirittura per le amichevoli, mentre per il campionato dettava le griglie per tener lontani i (rarissimi) fischietti sgraditi. E veniva puntualmente accontentato».
Premettendo che per un attimo avevo sperato che il buon Travaglio avesse finalmente imboccato l'uscita giusta, cerchiamo almeno di essere seri. Di "giornalisti" che nel periodo fanno a gara a chi la dice più grossa, sinceramente non se ne può più, la storiella che tiene banco dopo la "scoperta" delle "nuove" intercettazioni, secondo cui quelle "vecchie" erano di gran lunga più compromettenti di quelle "nuove", è una balla grande così; che se poi volessi fare il pignolo e ricordare che Moggi è stato condannato per «aver intrattenuto contatti realizzati anche su linee telefoniche riservate e aver partecipato agli incontri, con modalità non pubbliche; condotte contrarie ai principi di lealtà, probità e correttezza e al contempo dirette a procurare un vantaggio alla Juventus», mi viene da chiedere dov’è la differenza tra quello che ha fatto Moggi e quello che hanno fatto gli altri, visto che anche gli altri telefonavano, cenavano, grigliavano, si incontravano e si "spingevano". Ma al di la di questo; se il buon Travaglio ci suggerisce, a ragione, che le "nuove" intercettazioni non contengono notizia di reato, e visto che ci sono suggerirei di scrivere: "non contengono notizia di illecito sportivo", come si fa a sostenere che quelle riguardanti l'ex dirigenza bianconera, invece, erano sanzionabili di illecito?

Nel 1976 Lino Toffolo cantava "Chi ha rubato la marmellata?". Oggi i giustizialisti continuano a dare la colpa a Moggi, dimenticando due particolari: a) in tutto questo a rimetterci è stata la sola Juventus, e così facendo sarà la sola che pagherà le millanterie di tutto il movimento calcistico italiano; b) sarebbe ora che Travaglio e quelli come lui la smettessero di fare i pappagalli e gli elefanti per conto di "Johnny bassotto", quello che con un fischio ha arrestato la nostra fantasia.

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Capire, capirsi e, forse, anche capirci...

Post n°1792 pubblicato il 24 Aprile 2010 da nadir63l
 

glmdj
Immagine IPB

di Cirdan

Sembra che adesso non se ne possa fare a meno: da Stefano Palazzi alla FIGC, dai giornali alle televisioni, dai tifosi di serie A-B-C a quelli che dichiarano che lo scudetto, loro, non lo restituiscono, sono divenuti tutti ansiosi di conoscere gli eventuali colpi di scena in arrivo dalle 171.000 telefonate intercettate fra il 2004 e il 2005 e per la stragrande maggioranza ignorate dagli inquirenti. E a quanto pare le sorprese non dovrebbero mancare.
La prossima settimana potrebbero saltare fuori chiamate che da numeri fissi di importanti dirigenti di club di serie A arrivavano sui cellulari di altrettanto importanti arbitri. Anche in prossimità di partite di campionato.
Ora. Che il fatto mi interessi in maniera relativa non ne ho mai fatto mistero, anche ieri ne ho scritto, perché se "altri" telefonavano, e telefonavano, permettendosi addirittura di figurare in pubblico con l'aria di quelli che niente sapevano e niente facevano, la loro "sentenza", tribunali o meno, è già stata scritta.
Il tasto, invece, che non smetterò mai di schiacciare è quello della Juventus.
In un mondo comunque "confuso", quello del pallone, chiunque metta mano alla questione delle indagini di Auricchio e company, dei brogliacci ignorati o sottovalutati, del lavoro di indagine smembrato e selezionato tra la Procura della Federcalcio, i carabinieri e la Procura di Napoli, ha il formidabile sentore di trovarsi appunto di fronte a una sorta di Brogliacciopoli, in cui si è combinato, come scrive Oliviero Beha, eufemisticamente un enorme pasticcio.
E a rimetterci chi è stato? La risposta, purtroppo, è sempre la stessa: la Juventus.
In tempi non sospetti (il giorno dopo le prime indiscrezioni sulle "nuove" telefonate) scrissi di "carne avvelenata", oggi, e certamente non in ritardo, c'è chi scrive che tutti mordono solo la polpetta di Moggi, domandandosi se non è un po' riduttivo, se coloro non abbiano voglia di altre polpette, se, temendo che siano avvelenate (le polpette), siano arrivati al punto di chiudere occhi e orecchie dibattendo alla morte se in un'intercettazione il nome di Collina l'ha fatto Bergamo oppure Facchetti.
Riporto testuale il
"post scriptum" dell'articolo-risposta di Beha a Travaglio che "Il Fatto Quotidiano" non ha pubblicato, per chi ha voglia di capire, di capirsi e forse anche di capirci: "Come è vero che finirà in burletta (prescritta) la seconda Calciopoli della "giustizia" sportiva, così è vero che in un mondo marcio la rimozione del capataz Moggi è partita dall'interno della Juventus per un regolamento di conti, di cui gli altri capoclan calcistici si sono giovati conoscendo perfettamente, mafiosamente e omertosamente come tutto ciò avvenisse. Ma finora sono stati zitti e solo adesso reagiscono perché toccati, avvalendosi della stampa che abbiamo sotto gli occhi".

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Calciopoli, Rodella: «Rinuncino alla prescrizione!»

Post n°1791 pubblicato il 24 Aprile 2010 da nadir63l
 

La provocazione dei legali di Moggi: «Se le intercettazioni inedite sono irrilevanti, come dicono, perché i protagonisti non si fanno giudicare dalla giustizia sportiva volontariamente?»
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TORINO, 24 aprile - Il match è sempre quello: etica contro prescrizione. Si gioca nelle stanze della Federcalcio, dove a un certo punto si dovrà decidere se l’inchiesta, aperta ufficialmente dal procuratore Stefano Palazzi, possa sfociare in un processo o tutto verrà archiviato per prescrizione (ipotesi, quest’ultima, assai probabile se si considera la vicenda sotto l’aspetto strettamente tecnico-legale). Il che vorrebbe dire che le intercettazioni emerse al processo di Napoli e non prese in considerazione quando si celebrarono i primi processi di calciopoli, avranno una rilevanza nella difesa di Moggi nel processo penale e nessuna conseguenza dal punto di vista sportivo (a parte, forse, la revoca dello scudetto del 2006 all’Inter, ma questa è un’altra storia).

LO SCONTRO - In questi giorni, le opinioni si scontrano. C’è, per esempio, chi sostiene che le nuove telefonate non abbiamo alcuna rilevanza, soprattutto dal punto di vista sportivo. E proprio a questi ragionamenti mediatici, reagisce Paolo Rodella, l’avvocato di Moggi che ne cura gli aspetti sportivi della difesa. «Si legge da più parti che le condotte dei dirigenti calcistici coinvolti nelle intercettazioni telefoniche di recente salite ai fasti delle cronache configurerebbero, al più, ipotesi di “slealtà sportiva” giammai ipotesi di “illecito” come sarebbe accaduto per Luciano Moggi. Ebbene, a questo punto rispondo a chi sostiene questo: rinunciate alla prescrizione e fatevi giudicare dalla giustizia sportiva. È una provocazione, ma è un’ipotesi che non dovrebbe spaventare chi si sente così sicuro. Telefonate irrilevanti o innocenti? Bene, facciamo decidere a un giudice, senza nascondersi dietro la prescrizione».

 
 
 

     

 

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