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Messaggi del 13/07/2010

GIGI MONCALVO SU CALCIOPOLI 2 E L'IMMOBILISMO DELLA FIGC...

Post n°2129 pubblicato il 13 Luglio 2010 da nadir63l
 

Lo Ju20ro Team ha intervistato il noto giornalista di fede bianconera.
Fonte: ju29ro.com

Gigi Moncalvo, di cui ricordiamo l'intervista che ci concesse nel maggio 2008, e recentemente autore dell'imperdibile I lupi e gli agnelli, ha accettato con la consueta disponibilità di scambiare qualche pensiero sul comportamento della Figc riguardo alle intercettazioni "sfuggite".


Tutte le intercettazioni di Calciopoli sono a disposizione della FIGC dal 2007. Solo adesso Abete dice che le chiederanno ed ascolteranno tutte. Non c'è un colpevole ritardo? Con i tempi di Palazzi quanti anni occorreranno?
Evidentemente la presa in giro continua. Nel codice penale questo comportamento si chiama omissione di atti d’ufficio oppure occultamento di prove o negligenza grave (o dolosa). Il fatto, certo, che da tre anni la Federcalcio ha a disposizione tutte le intercettazioni di Farsopoli dimostra l'inadeguatezza del sistema. Infatti una Federazione che avesse davvero avuto a cuore la “pulizia” generale del calcio, di tutto il calcio, e non solo di alcuni determinati “bersagli”, avrebbe dovuto ascoltare e far trascrivere tutte le intercettazioni, a prescindere. Al proprio interno avrebbe dovuto aprire un’inchiesta, prendendo tutto il tempo che era necessario, e far luce a 360 gradi su tutto il problema connesso a quelle intercettazioni, tutte. Se ciò non è stato fatto, come non è stato fatto, dimostra che il vertice della FIGC di allora e anche successivamente non aveva come obiettivo l’accertamento della verità completa e assoluta e la “pulizia” del calcio italiano. Il fatto che Abete ora dica che tutte le intercettazioni verranno (finalmente) richieste ed ascoltate non significa nulla. Abete quanto ha davvero a cuore le sorti del calcio italiano? Qual è la sua dose di coraggio in questa operazione, col colpevole ritardo di tre anni dopo? Invece di annunciare che le chiederà, perché non è partito per Napoli il giorno stesso in cui sono state “scoperte” tutte le intercettazioni e non ha presentato domanda per averne una copia? Per quanto riguarda i tempi di Palazzi, occorre dire che se l’orologio di Abete funziona con tre anni di ritardo quello di Palazzi gira ancora più lentamente.

I colpevoli di questo ritardo sono tutti al loro posto, come se non avesse sbagliato nessuno e non si fossero adottati due pesi diversi. Cosa avrebbero potuto e dovuto fare?
Il comportamento, la sfrontatezza, l’inamovibilità di questi personaggi è data dalle recenti vicende della ridicola figura nella gestione della Nazionale azzurra ai Mondiali del Sudafrica. Non solo: ma dalla duplice sconfitta avuta a livello UEFA per l’esclusione dalla scelta di ospitare le prossime edizioni dei Campionati Europei. I dirigenti della FIGC fanno parte di una casta ancora più inestirpabile di quella politica, alla quale sono legati a doppio filo. Si parla di Petrucci, che non potrà più ripresentarsi come presidente del CONI, come prossimo presidente della FIGC. E intanto figure di secondo piano come quella di Abete tengono calda la poltrona. Vedere in TV i volti di chi fa parte del Consiglio federale (Vicini, Campana, Macalli) - uomini segnati dal tempo e dall’inamovibilità – fa tornare alla mente il Presidente del CONI, Giulio Onesti. Ma almeno lui, inamovibile e inossidabile, qualcosa ha lasciato allo sport italiano. Meglio i dittatori, come lui, Artemio Franchi, Primo Nebiolo nell’atletica, piuttosto che questi personaggi che non prendono decisioni. E quando le prendono, tipo il dimezzamento dei calciatori extracomunitari nel pieno della campagna acquisti-cessioni, non trovano ostacoli nemmeno nella Lega Calcio, affidata al pupillo di Montezemolo, cioè il suo ex direttore generale in Confindustria, che di nome fa Beretta.

Per revocare quello scudetto di cartone, secondo noi, basterebbe richiamare quei tre saggi, far loro ascoltare le telefonate dell'Inter già note e chiedere se c'era la "limpidezza" di comportamenti da loro richiesta. Secondo voi perché Abete tentenna, e cosa dovrebbe fare?
E' opinione di molti che per la vicenda-Passaportopoli Moratti non sia stato toccato perché spende. Se i requisiti sono questi togliamoci ogni illusione e rassegniamoci. Da costoro non avremo mai né riparazione ai torti subiti, né giustizia (ritardata). Occorre sperare solo nel Giudice Casoria. Ma, se siamo “ridotti” ad affidare tutte le nostre speranze alla giustizia ordinaria di questo paese allora siamo davvero mal presi.

 
 
 

La Maglietta dello Sport..

Post n°2128 pubblicato il 13 Luglio 2010 da nadir63l
 

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Immagine IPB

di Lucaboo2


Fin dalla loro affermazione, negli anni '40, le T-shirts hanno da subito superato i limiti del semplice "capo di vestiario" per diventare mezzo di comunicazione.
Con una maglietta possiamo dire al mondo che birra ci piace, in quale ideologia politica ci ritroviamo, qual è il nostro gruppo rock preferito.
Possiamo ricordare alle ragazze che siamo liberi o urlare in faccia al mondo che ci fa schifo, possiamo lanciare messaggi sociali o spiritosi.

Da qualche tempo, le t-shirts intese come mezzo di comunicazione di massa, hanno invaso anche il pianeta calcio: dal religioso "I belong to Jesus" al profano "Vi ho purgato ancora", molti calciatori portano sotto la maglia di gioco messaggi da esibire in mondovisione dopo un goal o a fine partita.
A volte i messaggi possono risultare sgraditi o inopportuni: è il caso di qualcuno che ben conosco, che durante la finale di un torneo mostrò una maglietta rossa con l'inconfondibile volto del “Che”.
Già il fatto che la Federazione si chiamasse “Fiamma” avrebbe dovuto metterlo in guardia, ma quando la coppa fu consegnata alla sua squadra da un Ugo Martinat (allora esponente di spicco dell'estrema destra piemontese) che lo guardava con gli occhi di brace, allora capì che -come dire?- la maglietta, probabilmente, non era stata così gradita.

Sorvoliamo sull'identità dell'autore della gaffe, ormai caduta in prescrizione tanto per il vecchio codice sportivo che per quello nuovo, e torniamo a bomba ai giorni nostri.

Negli ultimi tempi, un paio di queste “magliette-messaggio” sono salite agli onori della cronaca: una fu mostrata in mondovisione dopo la finale di Champions' League, ed era indossata da un ormai ex-giocatore della squadra vincitrice. Costui, ormai tenuto a libro paga come mascotte, si imbucò nei festeggiamenti come se la conquista di quella Coppa fosse anche merito suo, e mostrò tronfio una maglietta con su la scritta: “Rivolete anche questa?”; chiaro il messaggio e ancor più chiaro il destinatario, quei tifosi Juventini che da quattro lunghi anni aspettano la restituzione del maltolto ad opera di una giustizia sportiva sempre più prona ai diktat degli "Onesti a prescindere".

Ricordiamo, a questo proposito, che questo personaggio fa parte del gruppo dei signori del “Vinsciamo sensa ruvvare”, dello “Scudetto dell'Onestà”, del “Piaccia o non piaccia” , e del “ho firmato contratti con un inibito ma non lo sapevo” , ed era proprio quella persona che si recò ad una premiazione con un famoso smoking bianco, simbolo di purezza e di onestà.
E così quella maglietta diventa l'ennesimo messaggio in perfetto stile Goebbelsiano mirato ad indirizzare il sentimento popolare: noi siamo i buoni, noi siamo gli onesti, noi siamo i campioni; “quelli là” sono una banda di truffatori che può solo ambire a trofei rubati o sottratti indebitamente dalle nostre ricche bacheche.
Penso sia superfluo anche ricordare che quella maglietta fu presentata dalla Rai come “divertente messaggio goliardico”.

Già, proprio divertente. Da morire.
E infatti, quella stessa sera, davanti ad un bar di Torino un uomo morì accoltellato dopo una discussione proprio per quella maglietta. Da sempre l'odio genera violenza, ma questo forse a Milano non lo sanno.
O forse lo sanno molto bene, dal momento che su quell'odio hanno costruito il loro successo.
E pazienza se capitano di questi piccoli, trascurabili “danni collaterali”, vero?

L'altra maglietta, fresca fresca, è quella mostrata l'altra sera da Iniesta dopo il suo goal all'Olanda che ha portato la Spagna sul tetto del mondo.
Sopra, un messaggio scritto col pennarello in fretta, non una stampa professionale: “Dani Jarque siempre con nosotros” ; Daniel Jarque era un calciatore dell'Espanyol, amico di Iniesta, morto quasi un anno fa a Coverciano dopo un malore improvviso.
Per coloro che non fossero così addentro alle vicende del calcio iberico, ricordiamo che l'Espanyol è “l'altra” squadra di Barcellona, e che Iniesta, al contrario, è una delle colonne dei blaugrana. E già questo basterebbe a far storcere il naso a molti “presunti” sportivi del nostro Bel Paese: immaginare ad esempio Totti che dedica un goal ad un laziale, beh, è difficile anche dopo qualche bicchiere di troppo.
A rincarare la dose ricordiamo il background storico della rivalità tra Barça ed Espanyol: una simbolo dell'autonomia Catalana, l'altra da sempre più vicina al governo centrale; qualcosa che può essere paragonato, in Europa, solo al dualismo che oppone Celtic e Rangers nella città di Glasgow: Cattolici contro Protestanti, Indipendentisti contro Unionisti.
Prova ne sia l'immediato licenziamento, qualche tempo fa, di una calciatrice della squadra femminile dell'Espanyol, pizzicata su Facebook in foto altamente scandalose.
Nudo integrale? Rapporti saffici espliciti? Sessioni di festini fetish? Nulla di tutto ciò, ma qualcosa di molto peggio per un tifoso: la ragazza si era fatta riprendere allo stadio col volto dipinto in rosso e blu, intenta a tifare Barcelona. Orrore! Anatema su di lei e sulla sua discendenza fino alla settima generazione.
E invece Andrès Iniesta Lujàn, in nome dell'amicizia, osa l'impensabile.
Nella notte del trionfo ricorda con una t-shirt un amico che non c'è più, e poco importa se quell'amico vestiva la tanto odiata divisa biancazzurra.

Pochi giorni ancora, e la memoria delle masse cancellerà il ricordo di queste due magliette, com'è naturale che sia. Con l'arrivo delle vacanze saremo circondati da magliette coi loghi delle discoteche di Ibiza (anche se poi chi le porta non ha mai visto l'isola nemmeno in cartolina) o da concorsi dove le virtù muliebri di procaci fanciulle vengono enfatizzate da magliette bagnate ad arte.
Ci saranno i soliti turisti del Nord Europa che faranno il bagno con su la maglietta per proteggersi dal sole e ci saranno i vigili che puniranno coloro che, passeggiando sul lungomare, la maglietta non ce l'avranno.
E scommetto che non mancherà qualche maglietta con su l'effige del Polpo Paul, vero mattatore di questi Mondiali.

Ma mi piaceva ricordare in queste poche righe queste due t-shirts, accomunate dal destino di essere indossate durante un evento calcistico ma
profondamente diverse nel messaggio, nel significato e -soprattutto- nel valore di coloro che le hanno indossate.

E volevo ringraziare Iniesta, perchè se con il suo goal all'Olanda ci ha ricordato l'importanza di essere un Campione inserito in un progetto calcistico lungimirante, con la sua maglietta ci ha ricordato molto di più.

Ci ha ricordato l'importanza di essere un Uomo vero.

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Intervista al dg Marotta: «Dzeko? Ci sto lavorando»

Post n°2127 pubblicato il 13 Luglio 2010 da nadir63l
 

 
 
Il dirigente bianconero si confessa in esclusiva: «La'ttaccante del Wolfsburg è uno dei migliori al mondo, arriverà a determinate condizioni. Krasic è ancora un obiettivo ma la nuova norma ci frena. Chiellini vuole un aumento? Non siamo in Champions»
TORINO, 13 luglio - Beppe Marotta, so­no passati 52 giorni dal suo insediamen­to alla Juve, è possi­bile tracciare un primo bilancio? «Sì ed è sicuramente positivo. Vivo un’espe­rienza straordinaria e nuova, perché solo dall’in­terno capisci quale sia il li­vello d’attenzione mediatica e di consenso popolare che accompagnano la Juve».

Dopo il suo insediamento, come prima mossa ha ri­voluzionato la staff medi­co e dei preparatori atle­tici. Dobbiamo attenderci ulteriori novità?
«Il tutto è stato facilitato dalla presenza attiva del presidente Agnelli e dall’e­sperienza di Jean Claude Blanc. Insieme abbiamo rin­novato, non rivoluzionato, alcune aree, come quella sa­nitaria. Ma non c’era nessu­no sul banco degli imputati, si cerca semplicemente di rafforzare le strutture. Un lavoro che procede piano, piano».

Che rapporto ha creato con Andrea Agnelli?
«Il feeling è nato spontaneo, perché mi sono trovato da­vanti una persona giovane ma al tempo stesso esperto delle dinamiche del mondo del calcio. Il presidente fre­quenta gli spogliatoi da quando era ragazzo, parlia­mo lo stesso linguaggio. E non ho avuto nessun proble­ma a sposare la sua filoso­fia: bisogna fare, più che ap­parire».

Puntate su Dzeko, che economico non è. Quando vale la pena...
«Dzeko è uno dei migliori attaccanti del mondo e, chiaramente, è un oggetto del desiderio della Juven­tus. Ma bisogna fare i conti con l’oste».

Dietro il bancone c’è Die­ter Hoeness. Vi siete par­lati?
«Ci siamo parlati, ma non è che si possa raccontare tut­to».

Krasic è ancora un obietti­vo?
«Lo è, ma su di lui incombe la legge sugli extracomunitari. Se oggi acquistassi il serbo, mi pre­cluderei la possibilità di prende­re Dzeko. Preferisco valutare co­sa possono dare Pepe, Martinez e Lanzafame».

 
 
 

     

 

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