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Messaggi del 29/03/2011

UCRAINA-ITALIA: CHIELLINI ESCE PER INFORTUNIO..

Post n°4354 pubblicato il 29 Marzo 2011 da nadir63l
 

© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Tegola per la Juventus e preoccupazione per Gigi Delneri. Al 16' del primo tempo della gara amichevole, in corso, tra Ucraina ed Italia, il difensore azzurro e bianconero Giorgio Chiellini ha dovuto abbandonare anzitempo il terreno di gioco per un fastidio muscolare alla coscia (fitta alla parte alta del quadricipite), sul risultato di 0-0 (11' dopo l'Italia è passata in vantaggio con gol di G.Rossi), nel tentativo di rincorrere un pericoloso attacco dei padroni di casa. Lo staff juventino si augura che il ct Prandelli abbia scelto di sostituire "Chiello" (al suo posto debutto per Astori, difensore del Cagliari) soltanto per precauzione e non per un problema grave. Domenica sera, infatti, c'è un importantissimo posticipo in terra capitolina tra Roma e Juventus,  determinante per il futuro europeo (almeno Europa League) della Vecchia Signora ed affrontarlo senza un gladiatore come Chiellini sarebbe davvero un bel guaio, come se, quest'anno, la Juventus non ne avesse avuti già abbastanza. C'è da dire, però, che la prima impressione ha fatto pensare che per il difensore toscano si sia trattato solo di un'uscita dal campo a scopo precauzionale. Il giocatore ha abbandonato il rettangolo verde con un'andatura abbastanza tranquillizzante e questo dovrebbe scongiurare uno stop prolungato.

 
 
 

Affare Quagliarella: entra Melo?

Post n°4353 pubblicato il 29 Marzo 2011 da nadir63l
 

© foto di Daniele Buffa/Image Sport

E' sempre alla ricerca di uno sconto la Juventus per acquisire interamente Fabio Quagliarella, autore di una gran prima parte di stagione prima del crack al ginocchio del 6 gennaio contro il Parma. Il giocatore, in prestito con diritto di riscatto dal Napoli, quasi certamente diventerà bianconero per intero al termine della stagione ma il direttore generale Beppe Marotta è alla ricerca del modo di pagare meno di quei 10 milioni, cifra a cui è fissato il riscatto. Secondo l'edizione odierna de "Il Mattino" potrebbe entrare nella trattativa Felipe Melo, il brasiliano infatti potrebbe lasciare Torino al termine della stagione e i partenopei, alla ricerca a loro volta di un mediano, potrebbero cogliere al balzo l'occasione per collimare entrambe le esigenze.

 
 
 

VINOVO, ripresa senza gli "azzurri". Krasic e Sorensen in gruppo. De Ceglie a parte ...

Post n°4352 pubblicato il 29 Marzo 2011 da nadir63l
 

Oggi pomeriggio la Juventus è tornata al lavoro al centro sportivo di Vinovo, dopo i due giorni di riposo concessi da mister Delneri. Assenti naturalmente i sei azzurri, impegnati stasera nell'amichevole di Kiev contro l'Ucraina. Erano invece presenti Krasic e Sorensen, rientrati anzitempo dalle rispettive nazionali. Milos, infatti, salterà per squalifica la sfida di stasera tra la sua Serbia e l'Estonia, mentre il giovane difensore ha lasciato in anticipo il ritiro dell'Under 21 danese per una lieve contusione, peraltro già smaltita. Entrambi si sono allenati regolarmente assieme al resto del gruppo. I bianconeri, 13 in tutto, hanno sostenuto il riscaldamento in campo e hanno proseguito con un esercizio di conduzione palla tra i “cinesini”, prima di rientrare in palestra. Successivamente i giocatori, a piccoli gruppi, sono tornati in campo, per affrontare una serie di test atletici e di ripetute. A parte ha lavorato Paolo De Ceglie che prosegue nel suo programma di recupero.
Il programma della settimana proseguirà con tre sessioni mattutine nelle giornate di mercoledì, giovedì e venerdì. Sabato, vigilia pomeridiana e partenza per Roma.

 
 
 

I consigli poco convincenti di Sconcerti

Post n°4351 pubblicato il 29 Marzo 2011 da nadir63l
 

glmdj


Immagine IPB

di M. Lancieri

Le idee di Sconcerti mi lasciano come sempre molto perplesso, anche in considerazione del fatto che ormai tutti noi conosciamo gli intenti di tanti giornalisti, quando si parla di Juve.
Secondo Sconcerti, “per la prima volta ci sono ricchi più ricchi (degli Agnelli, ndr), per la prima volta è meno chiaro cosa sia la Fiat, quale sia il suo centro”. Per la prima volta ci sono ricchi più ricchi? Il giornalista arriva un pelino in ritardo, visto che questi discorsi già si sentivano alla fine degli anni ‘80, quando il Milan faceva sfracelli e la Juve stava a guardare. Che poi si tiri in ballo la Fiat in un momento di grandi risultati come questo è quasi paradossale. Cosa dire allora della Fiat anni ‘90, che non azzeccava un modello neanche per sbaglio? Eppure, la Juve in quegli anni vinceva. Non raccontiamoci balle: la Juve attualmente fatica per una sola ragione, che si chiama Farsopoli e che anche Sconcerti contribuì a creare.

Ancora Sconcerti: “C’è nella Juve attuale un’importanza della piazza che non si ricorda in nessuna epoca. Mi sembra questa la vera differenza tra tutte le Juventus precedenti e questa di Andrea Agnelli”. Per valutare la veridicità delle parole di Sconcerti, va ricordato che la Juve di Andrea Agnelli è solo quella dell’ultima stagione, che ha preso un DS ed un allenatore criticati dai più ancora prima di cominciare, è quella che ha portato a casa tanti giocatori nonostante il parere discordante di molti tifosi, è quella che ha ceduto (a mio parere sbagliando) autentiche leggende come Trezeguet, è quella che ha riesumato lo spettro di Farsopoli, nonostante gli inviti a soprassedere da parte di quasi tutti i mass-media e nonostante tanti illustri tifosi sostenessero e tuttora sostengano che “bisogna guardare avanti”. Tutto si può dire di Andrea, tranne che “insegua” i propri tifosi: semmai, a differenza di chi l’ha recentemente preceduto, l’attuale Presidente è anche tifoso. Ed è comprensibile che a tanti anti-juventini la cosa non vada a genio.
Ma è in particolare quel riferimento a “tutte le Juventus del passato” ad indisporre. La Juve degli scorsi anni, quella di Elkann, Cobolli Gigli, Blanc e (anche se in misura minore) Secco, non prese Stankovic perché i tifosi non lo volevano (e non dico che sia stato un errore, ma è un dato di fatto), acquistò Diego per regalare il “fenomeno” alla piazza, strapagò tanti giocatori perché in quel momento “andavano di moda” (Amauri, Melo, ecc., senza contare lo scampato pericolo di D’Agostino, che l’Udinese ci voleva vendere a 25 milioni e sul quale tentennammo!!!). Ripercorrendo la storia bianconera, perché non ripensare alla Juve 1990/91, quando a prendere le decisioni era quello stesso Montezemolo a cui ancora oggi vanno i ringraziamenti di Blatter per avere contribuito alla distruzione della Juve nel 2006? Nel ‘90, dopo le vittorie milaniste, Montezemolo pensò bene di regalare ai tifosi bianconeri il sogno del calcio-Champagne, delle vittorie spettacolari, per poi naufragare miseramente. Di quella Juve vogliamo parlare?

Ma il punto saliente è un altro. L’articolo di Sconcerti puzza un po’ di qualcosa già sentito negli ultimi anni. Non è per caso che il vero ed unico fastidio derivi dal fatto che Andrea sembra ascoltare anche la voce dei “dissidenti” di internet? Quelli che non hanno mangiato la minestra farsopolara e non sono andati in piazza con le bandiere “Bonjour Président”, quelli che non hanno ascoltato l’invito a “guardare avanti”, quelli che un indegno presidente del recente passato definì di Serie C.
Gli inviti ad ascoltare gli illuminati alla Vocalelli, anziché il popolaccio di internet, non convincono del tutto. Strano, eh?

http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/...lio.asp?id=1499

 

 
 
 

Panchina Juve: č corsa a tre ...

Post n°4350 pubblicato il 29 Marzo 2011 da nadir63l
 

© foto di Daniele Buffa/Image Sport

La corsa alla panchina della Juventus in vista della prossima stagione sembra essersi ridotta a tre nomi. I tecnici che hanno convinto di più la dirigenza bianconera sono Luciano Spalletti, allenatore dello Zenit San Pietroburgo, Walter Mazzarri, tecnico del Napoli, e Roberto Mancini, che allena il Manchester City. Secondo "Tuttosport", l'attuale allenatore della Juve, Gigi Del Neri, non verrà confermato, a meno di un miracolo che riuscirebbe a portare la squadra a quel quarto posto che significherebbe preliminari di Champions League l'anno prossimo, e pare che siano questi tre tecnici quelli rimasti ancora in lizza per la panchina del club torinese. I dirigenti del club bianconero hanno approfittato della pausa del campionato per sondare il terreno con i tre allenatori, e tutti e tre hanno chiesto del tempo per decidere, dal momento che Spalletti sta per ricominciare il campionato russo, vinto lo scorso anno, con lo Zenit, mentre Mancini e Mazzarri sono impegnati nel rush finale per portare le rispettive squadre in zona Champions.

 
 
 

parlano i subsonica un granata e un gobbo.....

Post n°4349 pubblicato il 29 Marzo 2011 da nadir63l
 

La band torinese è mezza bianconera e mezza granata: e ugualmente arrabbiata: «Agnelli, lotta per Calciopoli. Cairo? Surreale». Lo juventino Ninja: «Ormai solo i tifosi sanno cos’è la Juve, devono coinvolgerli». Il granata Boosta: «La Torino che guida la rinascita italiana merita due squadre più forti»TORINO, 28 marzo - Metà della Juve e metà del To­ro, ma soprattutto innamorati di Torino da cui stanno per partire per l’ennesima conquista dell’Italia. Perché i Subsonica sono un po’ la terza squadra della città, al momento l’unica che vince, visto che il lo­ro disco Eden è ai vertici delle classifiche e il tour che inizia giovedì a Pordenone si annuncia un successo. Il concerto di prova, nello storico locale torinese “Giancarlo 2”, li ha visti applaudire anche da Andrea Agnelli, invitato da Boosta, suo socio nel­la casa editrice “Add” e granata purosan­gue. E’ con lui e lo juventino vero Ninja che organizziamo un derby di parole.

Partiamo dalla base. Perché la Juve? Perché il Toro?

NINJA: «Perché la Juve è uno stile parti­colare di interpretare lo sport: campioni che davano sempre il massimo, una ma­glia da onorare. Parlo al passato perché nel 2006 sono successe cose...“strane” e la Juve non è ancora tornata a essere ciò che ho imparato ad amare».

BOOSTA: «Il Toro è un retaggio familia­re. Un imprinting che poi maturando, co­noscendo la storia, guardando le partite, parlando con i tifosi ho consapevolizzato: “nel Toro” mi sono sempre trovato a casa».

Pensieri e sensazioni sulla difficile at­tualità delle due squadre.

N: «L’attualità della Juve è un incubo ini­ziato nel 2006 e dal quale non mi sono an­cora svegliato. Il futuro è nebbioso e sono convinto che possa iniziare solamente fa­cendo chiarezza sul passato. Quelli che di­cono: giriamo pagina, Calciopoli ci ha stu­fato, mi fanno arrabbiare. Ritengo ciò che è successo un'ingiustizia devastante. Ci è stata tolta una grande ricchezza, senza che si siano ritrovati dei riscontri delle ac­cuse. Sto seguendo molto attentamente il processo di Napoli e mi appare chiaro che allora si trattò di una montatura. Spero non ci sia prescrizione, vorrei che alla fine qualcuno pagasse il conto».

B: «Posso ridere e basta? Una risata sareb­be la perfetta sintesi. Noi granata abbia­mo raggiunto un livello mai visto nel cal­cio professionistico. Cairo ha sbagliato tut­to: serviva una persona più seria, con un’i­dentità più forte, non un emulo di ben al­tri personaggi. Anche perché non basta comprarsi una squadra per fare il presi­dente del consiglio... Il Toro di oggi sembra un film, una cosa di Carpenter degli inizi, molto low budget. Una storia spaventosa e girata tutta in casa».

La crisi delle due squadre di Torino ha a che fare con una qual­che crisi cittadina?

B: «In realtà è il contra­rio. Viviamo un parados­so, perché la città si è at­trezzata, nonostante la crisi e i debiti, a guidare la riscossa culturale ita­liana. Torino è la città meglio connessa con l’Europa, è stata capita­le di tutto: albero, libro, giovani... Del cal­cio ultimamente no. E una città che può davvero trainare un rinascimento cultura­le italiano meriterebbe anche due squa­dre all’altezza della storia».

La vostra musica prende spunti nel mondo amalgamandoli in un sound vincente. E’ la ricetta per Juve e Toro?
B: «In Italia non abbiamo il piacevole vizio di importare le cose migliori dall’estero. Non lo facciamo con i modelli di democra­zia e governo, figuriamoci con il calcio. Il tutto con la spocchia di “essere stati” ai vertici di tutto... Sarà è vero, ma oggi tutte le classifiche si aggiornano velocemente: senza umiltà finisci in fondo».

N: «La Juve ha bisogno di persone che riportas­sero lo spirito e la menta­lità di una volta. Chi sta nella stanza dei bottoni sembra essersi dimenti­cato cosa sia la Juve. O non l’ha mai saputo. Pen­so a esperienze tipo Barcellona, con il coin­volgimento diretto dei tifosi: sarebbe una carta da giocare perché c’è bisogno di ripor­tare dentro la Juve-società quello che è quasi solo nello spirito dei tifosi».

B: «Ma la differenza Agnelli-Cairo mi sem­bra abissale: Agnelli ama la Juve, Cairo...».

Chi è Andrea Agnelli per voi?

N: «E’ una speranza di continuità fra pas­sato e futuro. Capisco le enormi difficoltà che deve gestire nei rapporti con il resto della proprietà e imma­gino che si sia dovuto adattare a una realtà che non ha creato lui. Spero acquisisca più si­curezza, più potere deci­sionale e che prenda in mano il club con scelte coraggiose e anche con­trocorrente ».

B: «Con lui non parlo mai di calcio, né di affa­ri, ma di vita. Fondando insieme la casa editrice Add è nato un rapporto umano autentico. Ma devo ammettere che qualche sms di sfottò parte».

Contratto Del Piero: rinnovo o no?

N: «Sono combattuto. Del Piero oggi è la Juve, è ancora lui che risolve le partite, è forse l’unico campione. Però per me deve firmare se rimane Del Piero. Spero comun­que che il suo spirito e la sua esperienza ri­mangano all’interno della Juve. E di non vederlo mai in Giappone o simili».

Il vostro gotha dei campioni storici?

N: «Platini è in cima. Lui rappresenta la Juve che ho amato di più. Subito dopo viene Del Piero...» B: «Anch’io sono legato agli Anni 80. Per mere questioni anagrafiche, o perché dopo c’è stato po­co o niente... Le mie pri­me partite le giocavano uomini veri: Zaccarelli, Junior, Dossena».

A proposito di “uomini”, cosa pensate di quel tipo di calciatore d’oggi: sem­pre più “divo”, accoppiato alla show­girl televisiva, modaiolo, eccetera?

B: «E’ imbarazzante, una vergogna. Vent’anni fa c’erano riferimenti diversi. Fa parte del degrado culturale generalizzato e così si offende l’intelligenza dei giovani, perché chi ha un minimo di visibilità, ha il dovere morale di comunicare e insegna­re qualcosa. Comunque non voglio genera­lizzare, non tutti sono così».

Suonate nei palazzetti, che sono luo­ghi di sport: ci pensate ogni tanto?

N: «Ci sono molte analogie fra concerto e partita, soprattutto nel momento della preparazione: la concentrazione che sale, il riscaldamento. Il nostro concerto è mol­to fisico. Poi il rientro nello spogliatoio: grondanti di sudore, la doccia...».

Voi avete un “rito” preconcerto che vi fa somigliare a una squadra...

B: «Toro e Juve dovrebbero copiarci: tutti in cerchio e chupito di vodka prima di en­trare in campo. Magari gli svolta la parti­ta: tanto peggio non può andare di sicuro!».

Vi piacerebbe fare un concerto nel nuovo stadio della Juventus?

B: «Certo! Servono sempre più posti che permettano alla gente di stare vicina, in un periodo in cui tutto tende a separarti. Lo stadio fa circolare idee e parole: quello della Juve non deve fare eccezione».

N: «Ho un problema con il nuovo stadio: lo associo a una persona, Blanc, che ritengo responsabile degli ultimi disastri. Ma sbir­ciando le foto vedo che dovrebbe essere bel­lissimo. Lo stadio vero per vedere la parti­ta a Torino è sempre mancato. Il Delle Al­pi era freddo, quello nuovo dovrebbe ri­mettere i tifosi vicino alla squadra».

Questione Filadelfia.

B: «Bisogna combattere! E’ una ricchezza, in un periodo in cui i simboli mancano. Può spostare il baricentro di una squadra e di una città. Come i cancelli di Mirafiori, anche il Fila ha contribuito a scrivere la storia di questa città».

Campagna acquisti. Avete via libera...

N: «Capello allenatore. Giocatori? Provoco e dico Messi: quello deve essere il target della Juve! Campioni, non mezze figure».

B: «Basta che siano dei giocatori di pallo­ne e che ci sia un tecnico capace di resiste­re per più di due domeniche in panchina».

Tuttosport.com


 
 
 

Calciopoli, Moratti voleva la conferma di Bergamo ...

Post n°4348 pubblicato il 29 Marzo 2011 da nadir63l
 

 
L’ex designatore sul nerazzurro: «Mi ha detto: non disperi, vedrà»
ROMA, 29 marzo - E’ la settimana del­le risposte di Moratti alla Procura Figc, ma anche quella in cui riemerge una telefonata sunteggiata in modo assai sbrigativo dai carabinieri di Auricchio nel 2005, che parlano di questa telefonata con Moratti (e al­lora che senso aveva il «piaccia o non piaccia»?). Avessero ascoltato bene i primi 20’ di una lunga chia­mata di Paolo Bergamo e Maria Grazia Fazi, il 23 marzo 2005, avrebbero sco­perto cose sorprendenti e assai interessanti sul rap­porto che c’era - in partico­lare dalla cena con Fac­chetti del 5 gennaio 2005 in poi - tra il designatore li­vornese e l’Inter. In partico­lare con Massimo Moratti , proprio questo è uno dei te­mi all’ordine del giorno del­l’audizione di giovedì sullo scudetto 2006.

ALLEATO&PRESAGO - Bergamo parla in tutta scioltezza dalla sim svizze­ra alla sua braccio destro alla Can, Fazi, di una telefo­nata fatta lo stesso giorno (ma non con l’utenza inter­cettata, italiana, diciamo) col patron interista. Sco­priamo che Moratti tifava per una conferma di Berga­mo e Pairetto (nonostante il memoriale Facchetti e lo spionaggio Telecom), visto che rispetto al passato «nes­suno si può lamentare, og­gi». E non solo: Bergamo, professando il rimpianto per uno scudetto perso il 5 maggio 2002, dice a Morat­ti: «Quando la sua Inter co­mincerà a vincere, farà un filotto che farà invidia a tut­to il mondo». Bergamo dice alla Fazi: «Oggi, parlando con Morat­ti, m’ha detto: “Bergamo non penserà mica che Car­raro gli (ad Abetecui riser­va una definizione non pia­cevole, ndr) lascerà la fede­razione (erano i giorni del Patto della Staffetta, ndr). Io ho gran rispetto per il fratello, ma lui è considera­to zero. Ma sai s’è fatta que­sta cosa (il patto, ndr) s’è fatta per necessità, mica perché poi lui può ambire a qualcosa”. Pensa te che con­siderazione ha di lui». Fazi: «E lui (Moratti) che t’ha detto?» Bergamo: «Lui mi ha detto quello che può dire una per­sona di buonsenso. L’ho rin­graziato. Mi fa:“So cosa suc­cedeva prima, oggi nessuno si può lamentare. E se glie­lo dico io che non ho vinto nulla, ne sono convinto. Non è una cosa semplice fa­re il vostro lavoro, qualche errore c’è senz’altro. Rispet­to a prima, però, ora siamo veramente nelle condizioni di stare tutti tranquilli. Co­sì anche voi non dovete di­sperare”. Io però non capi­sco come la Federazione in­tende fare con noi (si parla­va di fine dell’avventura di Bergamo&Pairetto, ndr). Se uno può essere utile, ma­gari per il ruolo che ha all’e­stero: Pairetto in Uefa, io in Fifa. Se no, sono anni di la­voro buttati: io ho la respon­sabilità della selezione dei 18 che... (gli arbitri del Mon­diale, ndr). E gli faccio: do­mani vedrò (in Slovacchia, da dove Bergamo chiama la Fazi, ndr) l’arbitro che farà il derby di Champions»

 
 
 

Il dovere del giornalista secondo Liguori...

Post n°4347 pubblicato il 29 Marzo 2011 da nadir63l
 

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Immagine IPB

di P. Cicconofri

“Noi abbiamo il dovere di valutare come sono state fatte le indagini”- Ed Ancora: “…elementi che si danno in pasto ai media per coprire una verità…”; “non c’è attività umana e professionale che non lavora sotto giudizio dell’opinione pubblica”.. Paolo Liguori.

E’ sorprende come le buone intenzioni, manifestate in modo chiaro con semplici parole, come in questo caso, possano a volte non trovare conferma nei fatti, e lo è ancora di più quando un giornalista - pubblicamente - si rende protagonista in negativo di questo modus operandi.
Sto parlando di Paolo Liguori, che domenica pomeriggio, all’interno di un format televisivo in cui si parlava di un episodio di cronaca nera, interveniva in maniera perentoria rivendicando il suo diritto/dovere di giornalista di valutare come sono state fatte le indagini e far presente gli eventuali buchi o contraddizioni emerse. Il tutto perché a volte - afferma Liguori -
si danno in pasto ai media degli elementi che servono a coprire la verità.

Tutti i tifosi juventini che hanno potuto e voluto approfondire la questione calciopoli, conoscono Liguori per la sua forte posizione colpevolista, in alcuni casi estremista, che è rimasta tale dal 2006 pur in presenza di elementi che ne hanno stravolto le fondamenta.

Per una volta mi trovo in accordo con le parole di Liguori e colgo l’ occasione per rivolgergli un invito.
Visto che i fatti hanno chiaramente messo in evidenza come alcuni elementi sono stati dati in pasto ai media per coprire la realtà e creare un sentimento popolare atto a giustificare l’infondata condanna di calciopoli, perché non rivendicare, anche in questo caso, il dovere del giornalista e fare una bella inchiesta sul modo in cui sono state condotte l’indagini? Perché in questo caso non sente il dovere di valutare, con professionalità, le novità emerse dal processo napoletano che hanno contraddetto il teorema del 2006? Pur non volendo minimamente avvicinare i due fatti (la morte di una ragazza e calciopoli), ci chiediamo solo il motivo per cui il dovere del giornalista debba essere diverso in base all’argomento trattato.

Questo perché in molte occasioni ci siamo trovati ad essere testimoni di una spiacevole situazione; quella in cui il giornalista smette di compiere il suo dovere per rivendicare i diritti da “tifoso”, gettandosi nella mischia delle “arene sportive ” dei salotti televisivi, dove si urla una verità aggrappandosi proprio a quelle “notizie” date in pasto ai media, la cui autenticità è stata smentita anche all’interno di un’aula di tribunale a suon di prove. Il tutto reso ancora possibile dalla copertura mediatica capace di creare l’oramai famoso sentimento popolare che accoglie la lettura di parte dei principali media che non forniscono in molti casi, tutti gli elementi utili per giudicare con serenità.

Parafrasando lo stesso Liguori, è vero che ogni attività professionale è soggetta al giudizio dell’opinione pubblica, quindi permetterà anche noi, umili tifosi, di avere dubbi su chi predica bene ma razzola male. Perché, a volte, con queste prese di posizione a prescindere, si corre il rischio di creare il “mostro” solo per la scarsa voglia di fare una seria inchiesta. E’ questo il limite che rende meno credibile il giornalista, mostrando invece l’essenza del tifoso, che non ha più doveri ma solo diritti e che abusa della posizione di giornalista, per diffondere un’informazione non corretta atta a giustificare il tifoso che si cela dietro.

http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/...lio.asp?id=1498


 
 
 

     

 

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