LA NUOVA CASA BIANCONERA
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«Il vantaggio di dodici punti, che a fine campionato diventerà di quindici, non può essere frutto di null’altro che non il fatto che eravamo più forti. Una grande squadra che quella sera, il 12 febbraio 2006, di fatto si portò a casa il ventinovesimo scudetto. La medaglia ce l’ho ancora casa. E non la restituisco. »
Alessandro Del Piero
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Messaggi del 23/12/2011
Nella giornata di oggi, l'edizione del Corriere dello Sport pubblica una clamorosa intervista a uno degli investigatori (che ha chiesto di rimanere anonimo) che se vera confermerebbe che calciopoli e' farsopoli. Ecco alcuni punti chiave. "Io dico la verità, la maggior parte. Cioè, è una cosa fatta, forzata un po', ci stava la telefonata, però se vai a vedere effettivamente le partite partite veramente truccate, dove l'arbitro è stato veramente coinvolto. Non ci sono. Non c'è la partita dove si dice: adesso li abbiamo beccati. Si era parlato di questo è Lecce-Parma, di De Santis, quella di "mi sono messo in mezzo". E' una spacconeria, quello voleva fare il fenomeno. Secondo me, di veramente importante, che uno deve prendere cinque anni, sei anni, non ci sta niente. Poi magari pensi all'eccessivo modo spavaldo di Moggi che può dare anche fastidio, questo ci può stare, quello è il periodo in cui era prepotente, arrogante. Ma da lì ad arrivare a.... Bisognava dimostrare che c'era un'associazione. Lui, solo lui (Moggi, ndr) fa l'associazione? Così è un'altra cosa. . . E' una questione di prestigio, di carriera". " Mi hanno raccontato di alcune cenette: Auricchio, Arcangioli, Narducci, anche altri personaggi che hanno segnato quel periodo di Calciopoli. In qualche caso, mi sono chiesto che importanza poteva avere andare a mangiare con Narducci. Sono andati a cena a Napoli, di fronte al Vesuvio, a Castel dell'Ovo. . . da Zi' Teresa. E non c'erano solo gli investigatori". "Hanno detto che non c'era nulla di penalmente rilevante, Arcangioli. Disse: basta. E lì è nato lo scontro con Auricchio, arrivarono ai ferri corti. Arcangioli voleva stoppare l'indagine. Erano impegnate quindici, venti persone per questa cosa qua. E l'autista; e quello che deve andare di continuo a Napoli. Non era cosa... In una sezione di sessanta persone, ne levi quindici, le altre fanno tutto il lavoro". "No, non c'e' stato alcun pentito". Particolarmente interessante la considerazione sulle schede svizzere: "Quando vai ad intercettare una scheda straniera, in questo caso Svizzera, devi chiedere l’autorizzazione. E loro che cosa hanno fatto? L’hanno chiesta ma, nello stesso tempo, hanno già attaccato il telefono. Ma a quel telefono non parlavano. In quindici giorni, questa scheda, non ha fatto niente". La scheda era di Luciano Moggi, non faceva niente, telefono muto. E’ come se tu metti sotto (controllo, ndr) questo telefono (e indica il suo, ndr) e poi questo è spento per un mese. Zero. E quindi questa cosa delle schede è stata un po’ accantonata perché poi l’autorizzazione non te la dava nessuno". Lo strano caso Manfredi Martino: "Martino Manfredi (ex segretario della Can A-B, ndr). Quando l’abbiamo portato in ufficio era morto, era un cadavere, tremava, aveva paura... Diceva: “io non so niente, non ‘è successo niente, ma quando mai... “. E piangeva sul fatto del posto di lavoro... “come faccio... non posso lavorare più, mi devo sposare...”. Dopo un po’ di tempo, sto Martino un giorno è andato a lavorare in Federcalcio.... quando lui ha cominciato ad essere interrogato. . . . improvvisamente è uscita la storia delle palline. Quella è la cosa che io dico: è lecito e capibile da parte sua, un po’ meno da. . . . Prima non sapeva niente, poi sapeva tutto, sapeva di questo, di quell’altro, di Pairetto, della Fazi...". |
Fonte: di Guglielmo Buccheri per "La Stampa"
Ora che le sentenze di primo grado su Calciopoli sono in campo - 16 i condannati, 5 anni e 4 mesi la pena per Luciano Moggi, di un anno e 3 mesi quelle per Diego ed Andrea Della Valle e Claudio Lotito fuori dal processo, e in attesa dell’appello, c’è un mondo in movimento. Il calcio è impegnato a trovare una pace, oggi impossibile, fra chi è coinvolto nei fatti di cinque anni fa e chi, quei fatti, li vuole tenere distanti. E, una pace con se stesso, adesso, la vuole trovare anche chi quello scandalo l’ha vissuto dall’altra parte, ovvero con le cuffie in testa e un computer davanti agli occhi dove ascoltare le intercettazioni di Calciopoli. C’è un investigatore che parla, racconta, descrive i contorni più discussi del Grande Scandalo. Un investigatore dei dodici che si dividevano fra le migliaia di colloqui intercettati nelle stanze di via in Selci a Roma. «Eravamo dodici, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. Ma non pensate alle bobine di una volta: ci sono computer, entri con la password...e ognuno seguiva una singola utenza...Poi, alla fine, ogni sera, si faceva la riunione, io ho seguito questo, io quell’altro e alla fine ecco il resoconto...», così Roberto, nome di fantasia. La carta d’identità è sul tavolo: l’investigatore la fa vedere ad alcuni giornalisti e chiede che il suo nome non venga svelato sul giornale. Parla per voglia di verità e lo fa perché spera che qualche magistrato, magari quello dell’appello, lo chiami come teste. Per Roberto «alcune cose prima c’erano e sono sparite, altre non c’erano e sono comparse...». L’investigatore sente che è arrivato il momento (il suo) per fare chiarezza su alcuni passaggi dell’inchiesta, da lui svolta sotto gli ordini dei suoi superiori. Così, Roberto, si sofferma sulle sim svizzere («Quando vai ad intercettare una scheda straniera, in questo caso Svizzera, devi chiedere l’autorizzazione. E loro cosa hanno fatto? L’hanno chiesta, ma, nel frattempo, hanno già attaccato il telefono, ma, a quel telefono, non parlavano. In quindici giorni, questa scheda, non ha fatto niente...), ripercorre il giorno del pranzo che, secondo l’accusa di Calciopoli, rappresenta l’architrave del patto per salvare la Fiorentina quando Diego ed Andrea Della Valle incontrano l’allora designatore Paolo Bergamo e l’allora vice presidente della Figc Innocenzo Mazzini in un ristorante sopra Firenze («...io so che non hanno parlato di niente, sono sicuro che l’audio c’è...) e precisa come, fra i suoi stessi superiori, ci fosse chi avrebbe voluto che l’indagine si fermasse non portando a nulla di rilevante («Arcangioli disse basta, Auricchio voleva andare avanti...»). Attorno a Calciopoli c’è un mondo in movimento: ieri l’ex arbitro Paolo Dondarini, condannato con il rito abbreviato, ha presentato un esposto alla procura di Roma sulle intercettazioni inutilizzate. |
Inviato da: diletta.castelli
il 11/10/2016 alle 17:05
Inviato da: dimariamonicaa
il 08/04/2016 alle 21:04
Inviato da: aldo.giornoa64
il 20/12/2015 alle 22:00
Inviato da: aldo.giornoa64
il 13/12/2015 alle 23:54
Inviato da: aldo.giornoa64
il 08/12/2015 alle 23:14