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Messaggi del 01/07/2012

Del Piero su Twitter: "Con il cuore a Kiev"

Post n°6062 pubblicato il 01 Luglio 2012 da nadir63l
 

© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Alle 20:45 a Kiev l'Italia scenderà in campo per affrontare la Spagna nella finale di Euro 2012. Questa sera davanti ai televisori e ai maxi-schermi presenti in tutte le principali piazze del Bel Paese faranno il tifo per gli azzurri milioni di italiani. A sostenere la squadra di Prandelli ci sarà anche un tifoso speciale, Alessandro Del Piero, che attraverso il suo profilo ufficiale di Twittet, ha voluto incitate l'Italia: "Con il cuore a Kiev... Forza ragazzi! #ForzAzzurri Ale", ha scritto l'ex capitano bianconero.

 
 
 

PRONTI ALL'EMOZIONE FINALE

Post n°6061 pubblicato il 01 Luglio 2012 da nadir63l
 

© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport
Ci siamo, ultime ore di passione e sana tensione. Emozioni genuine, da finale. Ce n'era bisogno. Tutti uniti, tutti fieri, nonostante la crisi, nonostante l'imu, nonostante le diverse bandiere e i campanili. Stasera saremo tutti azzurri, tutti uniti ad un solo pensiero: portarla a casa dopo tanti anni, rivincere a livello nazionale dopo sei. I tifosi bianconeri vogliono salire sul carro dei vincitori dopo un solo mese e mezzo, una vittoria azzurra ma anche con una grossa macchia bianconera, tutti uniti, riportiamola in Italia!!!

 
 
 

Quanta fatica costa dire “grazie”

Post n°6060 pubblicato il 01 Luglio 2012 da nadir63l
 

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Immagine IPB

F. Filippin

Parliamo di calcio giocato, o almeno iniziamo da qui.
La Nazionale, nonostante tutti i disfattismi e le cassandre varie che pronosticavano ben poca strada, ne ha fatta e ne sta facendo, invece, parecchia.
Non mi interessa qui tessere le lodi del gruppo o di un allenatore al primo vero banco di prova della carriera, quanto sottolineare il bipolarismo che ha colpito, ancora una volta e senza esclusioni, praticamente tutti i media e, conseguentemente, gran parte dell'opinione pubblica, che da questi trae l'unica fonte di conoscenza.

Come noi ben sappiamo, anche quest'estate gran parte della truppa azzurra è arrivata a Coverciano direttamente da Torino, addirittura 7 giocatori su 23 (a voler essere precisi 7 e mezzo, visto che metà formica era già nostra).
Come ai bei tempi in Spagna con Bearzot, più ancora che in Germania con Lippi (“solo” cinque).
E non si tratta certo di comprimari che non vedranno mai il campo come Sirigu, Ogbonna o Borini (non ce ne vogliano, ma ad ogni competizione in nazionale ci sono “spettatori non paganti”), ma di titolari fissi o prime alternative.
Nulla di cui stupirsi, in un campionato dominato e in cui tutte le rivali contano, sì e no, chi quattro, chi tre, chi (indovinate?) nessun italiano nella formazione tipo.
Non nascondiamoci: l'unico motivo per cui ancora seguiamo questa squadra e, nonostante i vertici federali, non riusciamo a “gufarla” in pieno, è proprio questo.

Personalmente, non so voi (ma sono certo di sì), anche in tempi meno conflittuali di questi, una vittoria azzurra era “più vittoria” se eravamo direttamente protagonisti e se il tabellino contava tra i marcatori un bianconero. L'urlo di Tardelli era “nostro” (andando a ritroso la mia memoria si ferma qui), così come le reti di Schillaci o gli interventi di Cannavaro.
Oggi, se possibile, c'è un motivo di orgoglio in più, ma anche un evidente fastidio nel vedere certi comportamenti e sentire certi commenti.
De Rossi, che per la Rai è sempre il migliore, ancora prima di scendere in campo (gran giocatore, nulla da ridire) è il Capitan Futuro della squadra della Capitale, e non si perde occasione per ricordarlo.
Cassano e Balotelli (quest'ultimo al netto della semifinale, ovviamente) i fuoriclasse dei vicecampioni d'Italia e dei Campioni d' Inghilterra, con medie gol in Nazionale che, se ripetute nei rispettivi club, farebbero chiedere ai tifosi la loro testa.
Montolivo, Di Natale, Balzaretti e Diamanti, fieri rappresentanti di realtà “provinciali”, capaci però di non far mai mancare il loro fondamentale contributo alla causa azzurra.
Solo quando si tratta di nominare una squadra (e dovrebbe capitare spesso) si nota un certo palese imbarazzo.
Evidentemente la Juventus non va ricordata in quanto dà, con pieno merito, la maggior parte dei protagonisti, ma solo perché ha il portiere che parla troppo e butta i suoi (sottolineo suoi) soldi dalla finestra, il difensore che avrebbe dovuto essere mandato a casa, o l'allenatore (che non c'entra nulla con gli Europei, ma a qualcuno fa bene ricordarlo ogni tanto) già squalificato “in pectore”.
Salvo, poi, esaltarsi per le parate del numero 1 o per il cucchiaio di Pirlo, come se fossero stati catapultati da Marte direttamente in Nazionale.

Non accadrà mai, lo sappiamo, in caso di successo (é stata, comunque, una bella figura per un movimento bistrattato), che ci si ricordi della provenienza dei protagonisti e si ringrazi chi, ormai da decenni, è una garanzia, come nessun altro, per capacità di individuare e formare giocatori ed uomini pronti per dar lustro al Paese nelle competizioni internazionali.
Non succederà perché lo abbiamo già visto.
Non era successo sei anni fa, quando i bianconeri, evidentemente delinquenti a vario titolo e non sufficientemente bravi nel loro club per vincere qualcosa lealmente, erano diventati fenomeni ed eroi “di tutti” per il solo fatto di indossare la maglia azzurra, con la sgradevole appendice di tornare, una volta svestita questa, facili bersagli.
Tutto questo con l'ulteriore peso di dover sopportare il conseguente e stucchevole corteo di dirigenti federali e giornalisti vari, grandi e piccoli, importanti o trascurabili, pronti a magnificare una federazione capace di creare un tal gruppo e ottenere un così prestigioso risultato, nonostante tutto quello che noi (!?!) avevamo combinato e scatenato.
Non succederà, e allora lo diciamo sin d'ora prima di conoscere il risultato finale: se capiterà di nuovo ci toccherà per forza turarci naso ed orecchie, per non sentire nulla di quanto abbiamo già visto accadere in passato, ma, almeno noi, potremo dire fieramente “Grazie Juventus” .

http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/...lio.asp?id=2351



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Il Giornale - Xavi e Pirlo, cervelli in fuga per la vittoria

Post n°6059 pubblicato il 01 Luglio 2012 da nadir63l
 

Fonte: di Franco Ordine per "Il Giornale"
© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport

Decidono loro, questa volta. Xavi e Pirlo che non sono n´ Balotelli e nemmeno Iniesta. Decidono loro perch´ Spagna e Italia hanno sconvolto il calcio muscolare e seppellito gli schemi di un tempo. Non sono tipi da innamorarsi del gol, semmai sono pronti a suggerirlo. Rare le loro presenze nel tabellino delle singole sfide. Basta dare un'occhiata anche all'ultimo europeo per capirlo. Xavi è ancora a digiuno, Pirlo conta una sola prodezza balistica da mostrare dopo aver fatto scuola e moda con quel cucchiaio su rigore, contro gli inglesi, al volo imitato da Sergio Ramos. Decidono loro, le due muse delle finaliste di Kiev. E la spiegazione risulta molto semplice anche se stravagante: perch´ loro custodiscono la password dei rispettivi computer. Senza quella chiave di accesso, è impossibile mettere in azione un lancio pericoloso come un serramanico oppure chiudere un triangolo come succede agli spagnoli che son capaci di giocare a occhi chiusi. Certi tocchi, ripetuti e ossessivi, son diventati automatici. Decidono loro perch´ sono i rappresentanti del cambiamento avvenuto nel calcio, una rivoluzione silenziosa partita da Barcellona, adottata a Madrid da Del Bosque e adesso capace di contagiare in modo prodigioso anche in giro per l'Europa un paese da sempre abituato a difendersi, dentro il fortino di una difesa ben organizzata dimenticando la lezione di Sacchi, la mediazione di Lippi. «Grazie alla Spagna e adesso all'Italia abbiamo soppiantato il calcio muscolare e dimostrato che si può fare calcio e bene anche con giocatori di piccola statura come me e come Pirlo» la perfetta descrizione della rivoluzione intervenuta sotto i nostri occhi in questi quattro anni, da Vienna 2008 fino a oggi, terza finale consecutiva per spagnoli, seconda per gli azzurri dopo quella di Berlino 2006. Di quei reduci resistono solo in tre: Buffon, De Rossi e Pirlo. Appunto.
Decidono loro due, Xavi e Pirlo, perch´ tutto passa da loro due, dai loro piedi con una ripetitività che a volte risulta persino fastidiosa, ma che si trasforma in forza, in sicurezza, visto che il pallone rimane per tanto tempo, troppo tempo, tra i loro piedi e diventa dura provare a sottrarlo. Prendete per esempio Pirlo, studiato dai tecnici dell'Uefa nei minimi dettagli per decifrarne la statura tecnica e per coglierne lo straordinario peso. Nell'ultima semifinale, contro la Germania, contati i suoi passaggi: 146 di cui 117 felicemente arrivati a destinazione, al sodale giusto nel momento giusto. La continuità è il suo banale segreto, la precisione la differenza rispetto a tanti altri apprendisti stregoni. Prendete per esempio Xavi e fate il calcolo dei falli ricevuti: appena due, un record. E tutti e due con concentrati in quale partita? Ma nella sfida di Danzica con l'Italia, naturalmente. Appena due perch´ diventa difficile riuscire a prendere Xavi, ti porta via il pallone, sotto il naso, sfuggendo anche al famoso fallo di frustrazione. Più «tartassato» Pirlo, forse perch´ meno veloce nel corto rispetto allo spagnolo: 15 i falli ricevuti distribuiti in tutte le precedenti esibizioni. Lui, Pirlo, attira i cacciatori di pressing avversari, se li porta a spasso e li disorienta con dribbling e finte ripetute, a destra e sinistra.
Decidono loro due, con palla a terra, meglio se su un prato scivoloso che renda ancora più veloce il suo scorrere e perciò il gioco stesso. A Danzica chiesero di poter bagnare il prato, gli spagnoli. Incassarono il rifiuto italiano, ripetuto anche questa volta. Palla a terra, decidono sempre loro due. «Avete mai visto un nostro calcione?» chiede Prandelli per far capire che tutto parte proprio da quel tic.  Invece di rifugiarsi nel rinvio alla «viva il parroco», meglio rischiare una giocata complicata. Fondamentale è che ciascuno conosca bene il proprio compito e anche il proprio limite come spiega bene il ct d'Italia: «Non dobbiamo avere la presunzione di poter competere con la Spagna nel possesso palla, deve essere invece brava la squadra nel cogliere i momenti in cui si può ripartire». Decidono loro due, allora, Xavi e Pirlo che si somigliano e si sfidano senza pensare a qualche trucco. Piuttosto alla felicità rispettiva di ritrovarsi da una parte e dall'altra a giocarsi un europeo. «Siamo pronti a scrivere un altro capitolo della nostra magnifica storia» promette Xavi che non è certo il tipo da grandi annunci. Quasi come Pirlo che per scaramanzia cancella il suo nome dalla conferenza-stampa. Decidono loro due, ogni parola in più è di troppo.
 

 
 
 

     

 

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