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Messaggi del 09/09/2012

Antonello Angelini: "Le antinomie dell'ordinamento sportivo: il caso Conte..."

Post n°6436 pubblicato il 09 Settembre 2012 da nadir63l
 

LE ANTINOMIE DELL'ORDINAMENTO SPORTIVO: IL CASO CONTE"

Dalle pagine del suo blog su radioradio.it, Antonello Angelini, conduttore del programma "Il Bianco e il Nero" assieme a Massimo Zampini, si è addentrato nel caso Conte. Ecco la sua analisi:

La Corte di Giustizia della Federcalcio, con il provvedimento del 23 agosto 2012 (C.U. n. 031), ha reso note le motivazioni delle decisioni riguardanti l'appello del processo sul "calcioscommesse". L'attesa era per la decisione sulla posizione dell’allenatore della Juventus, Antonio Conte. Questi i primi commenti delle parti coinvolte (e le anticipazioni alla stampa di un giudice della Corte): “A Conte è andata bene: in uno dei due casi gli è stata data ragione” (Sandulli). “Una vergogna. Procura pappa e ciccia con Carobbio” (Conte). “A Roma ci sono le guardie nerazzurre: siamo sospettosi dopo quello che è successo nel 2006” (Chiappero). “Carobbio è considerato come Jessica Rossi: unico piattello sbagliato su Novara-Siena” (Bongiorno). “Il patteggiamento è un ricatto: gli avvocati ti dicono di non rischiare” (Conte). “Questa giustizia è una caccia alle streghe in cui è impossibile difendersi” (Agnelli). E queste le reazioni delle istituzioni sportive: “Basta con questi attacchi ai giudici e alla giustizia sportiva. Il calcio non può pensare di vivere senza regole o in spregio di quelle esistenti approfittando di casse di risonanza mediatiche superiori a quelle degli altri sport che invece rispettano le regole e i verdetti anche nei settori professionistici” (Petrucci). “Non esiste una giustizia del calcio ma una giustizia dello sport italiano. La fiducia della Figc su tale giustizia ed i giudici che prendono le decisioni è massima” (Abete).

Commenti e giudizi che portano ad evidenziare, ancora una volta, un ordinamento (quello calcistico, ma più in generale quello sportivo) che necessita di riforme radicali. Senza entrare nell’analisi dei motivi di merito della decisione impugnata, appare utile richiamare, in tal senso, la questione, di ordine processuale, sollevata dalla difesa, secondo la quale la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale “sarebbe affetta da violazione del principio di rango costituzionale (oltre che sancita dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo) del ‘giusto processo’, in quanto pronunciata sulla scorta di elementi non emersi in sede dibattimentale, ma raccolti nella fase delle indagini dalla Procura Federale”. In ordine a tale rilievo la Corte di Giustizia federale così motiva: “l’autonomia riconosciuta agli ordinamenti settoriali, come l’ordinamento sportivo, rispetto a quello generale, comporta che spetti a ciascun ordinamento di settore la determinazione dei criteri regolatori dell’ammissione della permanenza in essi di chi ne abbia interesse. L’organizzazione di struttura, il plesso normativo dell’ordinamento settoriale devono, pertanto, riflettere il sistema di valori e fini eletti dall’ordinamento stesso al momento della sua costituzione: proprio il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente con inequivoche disposizioni legislative, e con non meno esplicito orientamento giurisprudenziale, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’organizzazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore. Il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza ad esso e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno. E’, infatti, da reputare intimamente ed immancabilmente connesso con l’autonomia dell’ordinamento sportivo la sua idoneità a munirsi in via indipendente di un sistema normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport: anche questa pronta capacità di replica alla rottura delle regole interne è implicita condizione del riconoscimento e della salvaguardia provenienti dall’ordinamento statale. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare in linea generale la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alle singole fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti svolgentisi in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari, ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggono al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto”.

Siffatta interpretazione del principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo sembra però dimenticare l’esistenza di alcune regole – cogenti – elaborate dallo stesso Coni, a mente delle quali “le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline Sportive Associate devono adeguare gli statuti ed i regolamenti ai Principi di Giustizia emanati dalla Giunta Nazionale del Coni e, per quanto non espressamente previsto, ai principi del diritto processuale civile, penale e amministrativo” (cfr. deliberazione n. 1458 del febbraio 2012); e ancora, “i giudici sportivi sono tenuti alla più rigorosa osservanza dei principi di riservatezza e non possono rilasciare dichiarazioni agli organi di stampa e agli altri mezzi di comunicazione di massa in ordine ai processi in corso o a quelli nei quali siano stati chiamati a pronunciarsi se non sono trascorsi almeno dodici mesi dalla conclusione” (cfr. deliberazione n. 1412 del 19 maggio 2010). Ma, ancor più significativo, è l’oblio dei reiterati principi espressi dai giudici europei e nazionali in tema di specificità e autonomia dell’ordinamento sportivo, ribaditi dalle stesse istituzioni dell’Unione europea, per le quali “la specificità dello sport continuerà ad essere riconosciuta, ma non può essere intesa in modo da giustificare un’esenzione generale dall’applicazione del diritto dell’UE” (cfr. Commissione europea, Libro bianco sullo sport, luglio 2007); “la maggior parte dei problemi possono essere risolti mediante l’autoregolamentazione in linea con i principi del buon governo, a condizione, però, che sia rispettato il diritto comunitario” (Parlamento europeo, risoluzione 8 maggio 2008). Laddove, infatti, un regolamento sportivo contenga delle restrizioni all’esercizio di libertà fondamentali - garantite, a livello nazionale, dalle Costituzioni degli Stati membri; a livello comunitario (rectius, di diritto dell’Unione), dal Trattato di Lisbona e dalla Carta dei diritti fondamentali (cd. Carta di Nizza); a livello convenzionale, dai principi contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) - tali restrizioni devono essere “proporzionate, ovvero fondate e necessarie per raggiungere gli obiettivi sportivi perseguiti, nel quadro della legislazione dell’Unione europea” (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 16 marzo 2010, caso Bernard). L’autonomia dell’ordinamento sportivo “non può – pertanto – significare impermeabilità totale rispetto all’ordinamento statuale quando si tratta di garantire l’osservanza e il rispetto di valori e principi aventi fondamento in convenzioni internazionali, in norme costituzionali e in norme primarie dell’ordinamento italiano”.

In conclusione, al fine di evitare che l’espressione migliore di riconoscimento dell’autonomia possa consistere nella formula “a ognuno il suo”, è necessario e non più procrastinabile, per il legislatore sportivo italiano, “rendere la regolamentazione federale conforme ai principi costituzionali e al diritto primario europeo” (cfr. Giacomardo, Brevi note di giurisprudenza, in www.giustiziasportiva.it, n. 1, 2010).

 
 
 

2005 - Il Trionfo Della Triade, Appuntamento con la storia...

Post n°6435 pubblicato il 09 Settembre 2012 da nadir63l
 

Immagine IPB

Juventus vicina al 1° scudetto dopo l'addio a Gianni e Umberto. Implacabili, "cattivi", vincenti: così Giraudo, Moggi e Bettega stanno trionfando in proprio
di Luca Curino (Gazzetta dello Sport, 10/05/2005)

TORINO, 10 maggio 2005 - Il 28° scudetto della Juventus sarà più che mai lo scudetto della Triade. Non perché negli ultimi cinque, quelli conquistati sotto la loro gestione, Moggi, Giraudo e Bettega non vi abbiano messo mano, anzi. Ma perché il prossimo sarà il primo senza la "tutela" di un Agnelli al vertice della società. Dalla morte di Umberto, infatti, nessun membro della famiglia compare nell’organigramma. Se si considera che 26 dei 27 campionati conquistati dai torinesi sono arrivati negli 82 anni di proprietà degli Agnelli, quello che verrà avrà una connotazione del tutto particolare.
Vero che la tutela del Dottore era più morale che pratica. Suoi gli uomini e l’indirizzo, ma neanche una lira o un euro di investimento : la Juventus in questo periodo si è autofinanziata. Ma Umberto era sempre il punto di riferimento, rappresentava la proprietà con più carisma degli eredi. Prima di questa stagione, invece, quel riferimento è venuto a mancare e la storia di questo Paese, quella di un’intera città, racconta quanto potere, peso e influenza avessero gli Agnelli.

Ora che i due fratelli non ci sono più, il futuro di Torino e del suo motore industriale è sicuramente difficile. La Juventus invece ha dimostrato in questa stagione di saper correre da sola e primeggiare anche senza la loro tutela . Riesce difficile immaginare il Milan o l’Inter senza la presenza e/o i soldi di Silvio Berlusconi e di Massimo Moratti. La Juventus senza Agnelli è una realtà vincente sotto gli occhi di tutti. Questo grazie a Umberto che undici anni fa volle svincolarla dalla Fiat rendendola autonoma. Le strategie economiche, industriali e tecniche sono state tutte della Triade, compresa l’ultima scelta, determinante per il probabile scudetto 2005.

Il giorno prima che morisse il Dottore, Moggi, Giraudo e Bettega arruolarono Fabio Capello. La coincidenza dei due eventi, tanto importanti per la vita della società e della squadra, fu tale che per suggestione Capello passò per l’ultimo regalo di Umberto alla Juventus. In realtà non andò così. All’allenatore della Roma a Torino in quei giorni drammatici non pensava nessuno, tantomeno Agnelli. I dirigenti erano già in parola con Didier Deschamps, quando furono informati della clausola rescissoria grazie alla quale Capello poteva svincolarsi dalla società di Sensi. In poche ore chiusero un’operazione che pareva impossibile, da fantacalcio.
Fu un autentico blitz e non ci furono né il tempo né il cuore di consultare Umberto che si stava spegnendo. Fece tutto la Triade, in autonomia come sempre, ma per la prima volta senza l’avallo della proprietà. Era una scelta per niente facile vista la provenienza del tecnico e gli screzi precedenti, però si è rivelata giusta e vincente. Non è stato facile neanche portare via Emerson alla Roma, dopo l’ingaggio di Capello e di Zebina. Visti i problemi finanziari della controparte, solo tanti soldi potevano indurre Sensi a mollare il brasiliano. Ma la Juventus che si apprestava a chiudere il primo bilancio in rosso dopo anni di utili non li aveva e non c’era più chi avrebbe potuto darglieli. Perciò ancora una volta la Triade ha fatto ricorso alla sua formula di successo, quel vendere per comprare che fin dal principio ha contraddistinto l’attuale gestione, e Di Vaio è andato al Valencia.

L’ingaggio di Fabio Cannavaro, scambiato alla pari con l’oscuro e pure malconcio Carini, è stato un capolavoro di Moggi, ma con Zlatan Ibrahimovic la Juve ha rischiato grosso. Anche in questo caso era necessario trovare prima il denaro, recuperato da Della Valle grazie alla cessione in comproprietà di Miccoli, Chiellini e Maresca alla Fiorentina. Quando però Miccoli era già viola, in chiusura del mercato l’Ajax ha preteso delle fidejussioni che non era facile produrre in così breve tempo e per un paio d’ore la Juventus si è trovata senza il leccese e senza Ibrahimovic. Altre volte in passato era stata la Ifil, ovvero la proprietà, a fornire le garanzie finanziarie richieste, ma in questo caso non si poteva: non c’era più la tutela di Umberto Agnelli. Il rischio si risolse grazie ai buoni rapporti dell’amministratore delegato con una banca.

Abilità e relazioni della Triade hanno permesso di costruire una squadra vincente anche senza l’assistenza della famiglia , senza un Agnelli al vertice della società o anche solo nel consiglio di amministrazione. (Anzi, alcune esternazioni di Lapo Elkann in questa stagione hanno piuttosto irritato la dirigenza). E continuerà così, perché i tre nuovi consiglieri che verranno annunciati nell’assemblea di domani sono dei tecnici, professionisti italiani e stranieri nel campo del marketing, della finanza e giuridico. Dell’ingresso di uno o più membri della famiglia si riparlerà più avanti. Ma quest’anno Giraudo, Moggi e Bettega hanno brillantemente superato l’esame.

 
 
 

CONTE a Tuttosport: "Nuovi top player? Giovinco già affermato, punto su Pogba e Marrone"

Post n°6434 pubblicato il 09 Settembre 2012 da nadir63l
 

 Champions? Ci proveremo"

© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Il quotidiano torinese Tuttosport ha posto quattro domande ai tecnici di Serie A e quindi anche ad Antonio Conte, che ha parlato dei potenziali top player del nostro campionato, del cammino in Champions League delle italiane e della possibile sorpresa del campionato. Ecco le sue risposte:

Quale top player può emergere in serie A quest'anno?
"Considero Giovinco già un giocatore di alto livello, per cui spero che alla fine si rivelino top i nostri giovani Pogba e Marrone"

 

La Juve può essere la sorpresa della Champions come dicono i tecnici europei?
"Manchiamo da tanti anni e abbiamo ancora molta strada da percorrere per essere alla pari dei top club europei, ma come sempre non ci poniamo obiettivi minimi. La Champions League è il proseguimento del percorso che abbiamo appena cominciato".


Il Milan dove può arrivare in Europa?
"Difficile fare previsioni, come pure per noi: arriveranno dove saranno capaci e dove meriteranno".

Quale può essere la sorpresa del campionato?
"Fiorentina: ottimo tecnico e rosa interessante

 
 
 

     

 

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