LA NUOVA CASA BIANCONERA
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«Il vantaggio di dodici punti, che a fine campionato diventerà di quindici, non può essere frutto di null’altro che non il fatto che eravamo più forti. Una grande squadra che quella sera, il 12 febbraio 2006, di fatto si portò a casa il ventinovesimo scudetto. La medaglia ce l’ho ancora casa. E non la restituisco. »
Alessandro Del Piero
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Messaggi del 30/09/2012
Sembrava dovesse essere la partita dell'anno e invece è finita dopo 20' minuti soprattutto per i meriti della Juventus ma anche per i tanti, troppi demeriti di una Roma che sta dimostrando di essere stata sopravvalutata. Ad inizio anno c'era chi ipotizzava che la squadra capitolina con Zdenek Zeman avrebbe potuto lottare per lo scudetto e invece la realtà dice tutta un'altra cosa: i giallorossi in sei partite hanno racimolato la misera di otto punti, che poi sul campo sarebbero cinque perché gli altri tre sono stati assegnati loro a tavolino. I demeriti di questo inizio abbastanza disastroso sono soprattutto dell'allenatore boemo che continua a giocare sempre alla stessa maniera, con la quale peraltro non ha mai vinto niente, senza capire che in Italia non puoi fare il 4-3-3 con Osvaldo, Totti e Lamela che non ti rientrano mai, con Piris o Taddei e Balzaretti che coprono sporadicamente, non puoi presentarti allo "Juventus Stadium" e pretendere di giocartela alla pari con una squadra che ha volori tecnici decisamente superiori; ma che ci vuoi fare questo è Zdenek Zeman, abile più come oratore che come allenatore, e non lo dico io ma i fatti. In poche parole gli abbiamo dato troppa importanza, ora speriamo che dopo questa "lezione di calcio" la smetta di attaccare a destra e a manca e si concentri un po' di più sulle problematiche della sua squadra. |
Fonte: di Tony Damascelli per "Il Giornale"
Sempre. La stessa espressione mentre la Juventus ne faceva tre, in minuti venti, e la Roma si scioglieva, spariva, annaspava. Nessuna smorfia, una statua di cera, gialla e rossa, per la rabbia, per l'umiliazione. Perché non c'è altra storia che questa, il campo non tradisce, Zdenek Zeman lo sa da quando ha messo piede in Italia, fuggendo dalla sua terra comunista di cui non parla se non raramente. Non ci sono martiri e vittime del sistema, ci sono eventuali bluff, smascherati dal gioco, dai risultati. Lo stadio gli ronzava attorno come uno sciame di api, Zeman aveva voltato la testa, sotto la pioggia torinese, per capire in che teatro fosse capitato, cercando di scovare qualche striscione di offesa. Niente mortaretti, niente bombe carta, soltanto i fuochi d'artificio di Pirlo, Vidal, Matri e il boemo ad appuntire ancora di più quel viso già di sbieco, le labbra strette segnale di fumo nero, significa che le cose non gli garbano. L'oracolo di Praga è sembrato un uomo solo e nemmeno al comando, incacchiato e ingobbito nella sua tuta, sbalordito dalla povertà assoluta della sua scolaresca, dai propri errori ma anche dalla propria presunzione. Domande: Chi non ha capito la sua lezione? O è il docente che non si fa intendere anche quando continua a dare indicazioni? O forse l'oracolo non può vivere di rendita in eterno con le proprie sentenze alle quali abboccano le anime cosiddette candide e ignoranti? L'hombre vertical si è ritrovato disteso dalla rumba bianconera. In piedi, con le braccia conserte, u' mutu, come lo chiamava suo zio Cestmir Vycpalek che con la Juventus vinse due scudetti, non so se illeciti o ingiusti come lo stesso nipote sostiene, Zeman, dunque, ha finito ieri sera la sua recita da avanspettacolo che ha trovato la sua espressione più ridicola con la staffetta tra Totti e Perrotta, quasi uno schiaffo al capitano che finora ha retto in piedi la squadra e lo stesso boemo. |
Inviato da: diletta.castelli
il 11/10/2016 alle 17:05
Inviato da: dimariamonicaa
il 08/04/2016 alle 21:04
Inviato da: aldo.giornoa64
il 20/12/2015 alle 22:00
Inviato da: aldo.giornoa64
il 13/12/2015 alle 23:54
Inviato da: aldo.giornoa64
il 08/12/2015 alle 23:14