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Messaggi del 24/12/2012

Agnelli a Repubblica: "La vittoria unisce la Juve di ieri e di oggi, l'Iter contro la FIGC va avanti.

Post n°6819 pubblicato il 24 Dicembre 2012 da nadir63l
 

 

Fonte: Repubblica
© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport

Andrea Agnelli ha parlato a Repubblica intervistato da Maurizio Crosetti e Aligi Pontani: "La vittoria unisce la Juve di ieri e quella di oggi. La prima cosa, l'unica. Non saprei dire quante volte siamo arrivati secondi in campionato, non tengo il conto dei fallimenti. Se l'anno scorso fossimo arrivati secondi sarebbe stato un pessimo risultato. Nel calcio moderno, arrivare secondi o terzi o quarti porta comunque voci di ricavo, ma per la Juve non basta, è chiaro. L'obiettivo e' vincere e raggiungere e mantenere l'equilibrio economico. Se vinci pesi, e se pesi conti. Quando arrivai nel 2010, l'attività dell'azienda Juventus era fortemente compromessa, a parte il progetto per il nuovo stadio. Oggi abbiamo di nuovo una società forte e una squadra forte. Senza risultati, la parola potere è astratta. Nelle stanze che contano, però, la Juve è di nuovo un interlocutore. Lo scudetto degli invincibili e' un primato che può essere solo eguagliato, mai battuto. In quest'anno e' tornata la consapevolezza, il senso di quello che siamo da oltre un secolo. È un magnifico destino: vincere. Abbiamo giocato per quattro mesi senza allenatore ed è sembrato normale: di questo ringrazio tutti i dipendenti della Juventus, la nostra macchina viaggia ai 350 all'ora. Ora la Juve chiede di cambiare radicalmente, innovare, riformare. Il calcio, ma in fondo tutto lo sport ha bisogno di una svolta. La priorità sono gli stadi, l'unico nostro prodotto è la partita. Dunque, serve un perfetto contenitore: senza il teatro, lo spettacolo muore. Sky e Mediaset sono d'accordo, il telespettatore cambia canale quando vede la diretta dentro uno stadio vuoto e brutto. Gli stadi si possono costruire anche senza una legge apposita: noi ci siamo riusciti, ed è un modello legato ad accordi pubblicitari, oltre ovviamente ai mutui del Credito Sportivo. Anche piccoli club ci possono provare. o penso che invece servirebbe un vero ministro dello sport: le ingerenze ci sono comunque, anche se informali. Capisco che il Coni tema quelle formali, però è un rischio da correre. Il calcio rappresenta poco meno del 2 per cento del prodotto interno lordo del nostro Paese, la serie A paga circa un miliardo di euro all'anno di tasse. Stiamo parlando di una passione popolare che riguarda almeno 40 milioni di persone, tutto lo sport intendo, non solo il pallone: una responsabilità sociale vera. Occorre riscrivere l'intero quadro normativo attraverso un testo unico dello sport: si cambi la legge sul professionismo sportivo, si faciliti l'impiantistica e si tutelino i marchi. Questo lo deve fare un soggetto politico. La questione non è avere venti club in A quanto averne ancora 102 professionistici ".

Danni alla FIGC: "È un iter che va avanti. Bisogna aspettare il terzo grado di giudizio della giustizia ordinaria, molto meno rapida di quella sportiva".

L'articolo 39 del codice di giustizia sportiva per riavere gli scudetti: "La legge stabilisce che quel jolly, sia pure importante, possa essere usato una volta sola. Dunque, bisogna farlo nei tempi giusti: appunto dopo l'ultimo grado di giudizio nei processi ordinari su Calciopoli".

Le stelle sulla maglia: "Lo stemma della Juve è più importante delle stelle, quelle non sono un problema. Mi interessa di più che sulla maglia ci sia lo scudetto. La Juve ne ha vinto statisticamente uno ogni quattro anni dalla sua fondazione e uno ogni tre da quando è gestita dalla mia famiglia".

Sulla giustizia sportiva: "Ora è in mano a una sola persona, sempre quella, il presidente federale che di fatto nomina tutti i giudici attraverso il consiglio federale. Accusa e giudizio sono in mano a un unico soggetto, il quale sceglie pure la commissione di garanzia. Questo è contrario ad ogni principio di indipendenza e terzietà della magistratura. Esistono i concorsi, no? Ed esistono persone che occupano certi posti da decenni. Guardate, non voglio che si parli di una ricetta Agnelli. Non ho questa presunzione. Voglio però che si pongano i temi sul tavolo, che si offrano soluzioni. Sulla responsabilità oggettiva ribadisco quello che pensavo cinque mesi fa, e che ora starà pensando il Napoli, la cui vicenda mi ha impressionato. Se tre miei tesserati si mettono d'accordo e scommettono, io che ci posso fare? Sono dipendenti infedeli, mica posso pedinarli. Ma il danno che ne ricevo è enorme. L'omessa denuncia, di fatto rappresenta anche un freno all'indagine penale: non si parla davanti ai pm per evitare di essere condannati dai giudici sportivi per omessa denuncia".

Sul presidente di Lega: "Penso che il consenso che sta convergendo su Andrea Abodi non sia da disperdere: lo sostengono già undici club molto eterogenei tra loro, con interessi diversi, e questo conta. Un esempio di riforma sono le squadre B, con un loro campionato. Noi siamo favorevoli, sarebbe un ulteriore incentivo a valorizzare i vivai. Eviterebbe di dover mandare i giovani fuori dopo la Primavera, quando non sono ancora pronti per il salto in prima squadra".

Rapporti con Moratti: "La nostra rivalità non morirà mai, e neppure cambierà mai la diversa visione di quanto accadde nel 2006. Dopo di che, sarebbe autolesionista non collaborare alle politiche di sviluppo".

Sul futuro: "Juve-Celtic, sorteggio che non avremmo sgradito a priori, e sono curioso di visitare il Celtic Park. Per la Champions ci proveremo, siamo la Juve. Per intanto si continua a sognare. E poi bisogna rivincere lo scudetto: una volta può succedere, due è più difficile".

Sul mercato: "Abbiamo già la miglior difesa e il miglior attacco. Il mercato invernale è atipico: se ci saranno occasioni, ben vengano. Vorrei ricordare che Barzagli, Pirlo e Pogba sono stati presi con 300 mila euro".

Conte: "Quei famosi quattro mesi hanno visto la crescita di tutti. Difendere il nostro allenatore in quel modo è stata la cosa più normale del mondo: mi è bastato guardarlo negli occhi una sola volta, in primavera, per fidarmi di lui. E se poi qualcuno vuole provare a giocare oltre venti partite senza allenatore, si accomodi".

Infine Del Piero: "Se uno sceneggiatore avesse immaginato l'addio del capitano nel suo stadio, sollevando il trofeo dello scudetto, sarebbe stato preso per pazzo. Quando Ale è uscito dal campo, per venti minuti nessuno più guardava la partita: tutti gli juventini del mondo guardavano solo Del Piero, un finale perfetto".

 
 
 

Antonio Conte a Tuttosport: "Bilancio 2012 più che positivo, la Juve o la ami o la odi.

Post n°6818 pubblicato il 24 Dicembre 2012 da nadir63l
 

 allenarla un sogno mi auguro un percorso lungo, poi... Su Drogba, nessuno me ne ha parlato, ma..."

© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport

Antonio Conte ha parlato a Tuttosport in una bellissima intervista pre Natalizia ai microfoni di Vittorio Oreggia, trattando tutti i temi della stagione: «Un buon Natale, sì. Un Natale da Conte, in famiglia, tranquillo. Non ho mai avuto sfizi da vip. Sono uno così, semplice semplice. Il bilancio del mio 2012 è più che positivo, sotto tutti i punti di vista. Abbiamo conquistato lo scudetto da imbattuti, siamo arrivati a disputare la finale di Coppa Italia, abbiamo vinto la Supercoppa, concludiamo l’anno in testa alla classifica, negli ottavi di Champions League e nei quarti di Coppa Italia... Insomma, più di così».
Conte ha trattato proprio tutti i temi, di campionato, aspettative e del futuro.
Sul campionato dell'anno scorso: «A novembre e dicembre, quando eravamo alla pari con il Milan, a chi mi chiedeva se ce l’avremmo fatta, rispondevo sempre così: per i miracoli ci stiamo attrezzando. In effetti, è stato compiuto qualcosa di eccezionale grazie all’impegno e alla professionalità di tutti, dai dirigenti fino ai giardinieri di Vinovo».
Su Coppa Italia e Supercoppa: «Se non avessimo vinto lo scudetto non sarebbe finita in quel modo. Il Napoli è sceso in campo con più rabbia di noi, anche se...se l’arbitro avesse fischiato il rigore netto su Marchisio...La Supercoppa e' stata una partita vinta meritatamente, dominata in maniera netta. Senza discussioni».
Sulla sfida al Milan e all'Inter e il gol di Muntari: «Il gol di Muntari mi fa venire in mente la rete annullata a Matri. Allegri e' un avversario e se c’è una guerra, lo dico in senso lato, diventa un nemico. La guerra esiste anche a livello mediatico, chi meglio la fa più destabilizza l’avversario. Mai detto "mafioso" a Galliami, mai detto. Di Galliani ho grande rispetto perché lo considero un ottimo dirigente calcistico, come lo fu Allodi. Moratti, e' un nemico pure lui nella guerra mediatica di prima... Tutto, però, deve svilupparsi nel rispetto e nell’educazione».

La Juventus antipatica: «Prevedibile, in un certo senso. L’avevo anticipato: ridiventeremo antipatici nel momento in cui avremo riannodato il filo con il successo. Perché - vi domando - Lippi, Capello e Sacchi sono mai stati simpatici? In più metteteci la componente Juventus: o la ami o la odi. Stop».

Conte e il calcio, partendo da Andrea Agnelli che ha definito il mister un fuoriclasse: «Fossi ancora giocatore mi piacerebbe avere un allenatore come Conte. Mi aiuterebbe a vedere il calcio in maniera diversa, il mio calcio lo definirei organizzato. Il peso di un allenatore e' variabile: il 10 %, il 20 % o di più... Dipende da cosa riesce a trasmettere ai giocatori delle sue idee. Io giocavo nelle giovanili del Lecce ma per divertimento facevo l’allenatore della squadra di mio fratello che frequentava le elementari. Vado oltre? Da giocatore sono stato un buon gregario, però non avrei mai potuto raggiungere le vette di un fuoriclasse, di uno Ziande, di un Baggio, di un Del Piero. Ho raccolto il massimo, cinque scudetti, una Champions League, sono diventato capitano della Juventus. Il top del mio top. Da allenatore no: ho sempre pensato di poter arrivare dove non mi sono neppure avvicinato da calciatore. Io il calcio lo studio dal punto di vista tecnico, tattico, psicologico, fisico, gestionale. Se sono a casa, scelgo un libro che mi aiuti nella mia professione. Adesso sto leggendo Open, l’autobiografia di André Agassi, mi agevola per capire come può essere la testa di un campione. Sto pure studiando inglese e devo ammettere che fatico da bestia: però mi serve con gli stranieri per comunicare in maniera corretta, per essere persuasivo sotto il profilo motivazionale. Un buon allenatore deve essere un po’ tutto e non può essere una cosa sola».
Sul futuro dopo la Juventus: «Vedremo... Per me questo è il coronamento di un sogno. Non a caso, quando smisi di giocare dissi: il mio è un arrivederci, non un addio, perché sulla panchina della Juventus tornerò da allenatore. Mi auguro che sia un percorso lungo... Dopo sarà all’estero, la Nazionale mi piacerebbe, però è uno step successivo».

Conte prima di parlare del futuro ha parlato anche della terribile vicenda personale: « Il primo scudetto da tecnico mi ha regalato una gioia indescrivibile, un trionfo che ha superato in termini di emozioni anche il successo ottenuto in Champions League da giocatore. No, niente e nessuno possono sporcare questa felicità, anche se è stata una vicenda dolorosa che mi ha portato a riflettere e a lavorare su me stesso per costruire qualcosa di positivo. Ora posso tranquillamente affermare di essere più forte... è stata dura... C’è qualcosa che non va nel sistema. Vedere cosa accade al Napoli mi dispiace, non lo trovo giusto. Come sostiene il presidente Agnelli c’è bisogno di una riforma della giustizia sportiva. Io ai giocatori del Napoli darei una medaglia: da quanto si legge, loro ascoltano una proposta e la rifiutano categoricamente. Lo ripeto, questa vicenda ha reso me e la società più forti. Poteva essere un disastro, invece è venuta fuori una compattezza straordinaria e una straordinaria unità di intenti. L’anormalità è diventata ordinaria amministrazione. Anche in questo caso è stato Agnelli a dettare la linea politica a indicare la rotta. Il presidente mi ha fatto sentire più protagonista,
più partecipe. Da parte mia, con i giocatori non ho mai accennato a nulla che mi coinvolgesse, le mie grane le ho lasciate fuori dallo spogliatoio».

Dal passato ormai sepolto al futuro a breve: «La Juve e' più forte dell'anno scorso, perché un anno di lavoro alle spalle ci ha consentito di superare quattro mesi delicatissimi senza l’allenatore in panchina. Fosse successo la scorsa stagione sarei stato il primo a consigliare Agnelli di cambiare strada».

Impossibile non parlare di mercato: «Non so come sia uscito il nome di Drogba. A me nessuno ne ha parlato né tantomeno io l’ho chiesto. Detto questo, si tratta di un fuoriclasse che ha alzato la Champions League ci farebbe comodo.
Una frase per convincere Agnelli? Non una frase ma una serie di argomentazioni. Beh.... fino adesso è stato contento, potrebbe essere ancora più contento.
L’egoismo serve alla società per conquistare risultati di prestigio, ma c’è anche l’aspetto dei conti aziendali di cui si è partecipi. Io sono una via di mezzo...Sappiamo cosa ci serve e sappiamo dove intervenire. Sappiamo anche che 50 milioni non li abbiamo da spendere. Ma con la progettualità arriveremo a comprare campioni da 35-40 milioni».

Il Celtic è : «Da azzannare con la medesima forza del Barcellona o del Real. La presunzione ci ammazzerebbe, dobbiamo volare bassi e stare concentrati. Vincere la Champions? Per i miracoli ci stiamo attrezzando. A parte tutto, non possiamo non credere di andare avanti. Sarebbe un delitto. Siamo lì, lotteremo... Io il sogno lo coltivo».

Infine, il tormentone Del Piero: «La gestione di Alessandro non era facile e io me ne sono accorto. Sono stato aiutato dal fatto che i tifosi rispettavano lui e me in eguale misura. E’ stato il mio secondo scudetto. E lo ringrazio: quando la palla scottava, Del Piero c’è sempre stato. Il nuovo Del Piero e' Lo zoccolo duro che si è creato, come ai tempi di Lippi. I Padoin, i Caceres, i Giaccherini, i Marrone non li cambio con nessuno, gente che sta fuori e non protesta, gioca e dà il massimo».

 
 
 

     

 

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