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Messaggi del 01/01/2013

Més que un club ('Più di un club')

Post n°6826 pubblicato il 01 Gennaio 2013 da nadir63l
 

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Immagine IPB

di G. Fiorito

Capodanno. Tempo di verifiche e di aspettative. Primo: visitare il Camp Nou.
Viaggiare apre la mente. Mette a confronto con culture diverse, soprattutto consente di vedere da fuori ciò che siamo soliti masticare dentro la routine dei giorni. E' una finestra spalancata sul mondo, attraverso la quale fare entrare aria nuova. E luce, che illumini il grigiore stantio di cose che un raggio di sole può rendere nuove e diverse.

Quest'anno fate un salto a Barcellona. E visitate il Camp Nou, che è lo stadio dove gioca la squadra più tifata d'Europa. Il club di Messi, Iniesta, Xavi e Puyol. Il simbolo di oltre un decennio di calcio sbocciato nella "cantera", dove fin dalla più tenera età si pratica il "tiki-taka", un'estenuante, per l'avversario, possesso palla che lo strema e lo disorienta, costringendolo a lasciare spazi liberi tra le linee. Un gioco di squadra simile alla sinfonia di un'orchestra compatta come un unico strumento, arricchito dagli "assolo" del vincitore degli ultimi 3 Palloni d'Oro. Se ci andrete davvero, vi faranno passare attraverso El Museu del Barça, inaugurato una ventina di anni fa sotto la presidenza di Josep Lluís Núñez , presidente del Barcellona per 22 anni a partire dal 1978, il quale iniziò il Barça all'era del Dream Team, culminata con la CL del 1992, vinta da Johan Cruyff, selezionatore scelto dopo l'ammutinamento de l'Hesperia, una ribellione dei calciatori che portò alla cessione di gran parte di essi e aprì un nuovo ciclo. Núñez tuttavia fu spesso oggetto di critica dei tifosi, che alla sua politica contraria agli ingaggi stratosferici dei calciatori addebitarono la perdita di campioni come Diego Armando Maradona, Ronaldo e Luís Figo.

El Museu del Barça è il museo più visitato della Catalogna, perché il Barcellona, come dice il suo motto, è Més que un club ("Più di un club") e lo respiri dappertutto dentro la città. Nelle vetrine dei negozi, nelle bandiere appese ai balconi, sulle maglie dei ragazzini che palleggiano e fanno tiri in porta dentro le traverse e nelle piazze. Il Barça anzitutto è "catalanità". Di due anni più giovane della Juventus, fu fondato da Hans Gamper, a capo di un gruppo di calciatori svizzeri e britannici, ma divenne il simbolo palpitante di vita della Catalunya, convogliando sulla propria bandiera non solo lo spirito indomito e orgoglioso di un popolo, ma anche le istanze del repubblicanesimo. Inaugurato il 24 settembre 1957, il Camp Nou assunse ufficialmente questo nome solo nel 2001. Il campo vecchio era il "Les Cortes", dove il 14 giugno 1925 i tifosi blaugrana non solo avevano esposto striscioni contro il regime di Primo de Rivera, ma avevano anche fischiato la "Marcha Real", che costò al Club la chiusura dello stadio per sei mesi. Anche Francisco Franco tentò in tutti i modi di soffocare le identità regionali, cercando di abolire le lingue locali. Il FC Barcellona divenne l'incarnazione dei valori dell'identità e della libertà politica della Catalogna, al punto da essersi più volte dichiarato pubblicamente a favore del riconoscimento internazionale delle selezioni sportive catalane. Argomento che trova espressione ideale nella rivalità con il Real Madrid, sentito in passato come entità del centralismo di regime e in generale come emblema della rivalità con la Castiglia, contro il quale si gioca El Clásico.

Nella penombra del Museu del Barça si anima oltre un secolo di vita del club e prendono corpo le immagini consegnate dal tempo, grazie ai suggestivi mezzi evocativi e descrittivi dei sistemi audiovisivi. Rapiti in un'altra dimensione, si entra nella storia e nel mito. Attraverso le vestigia della gloria sportiva, emozionandosi al pallone di Alcántara e ai guanti di Zamora e di Valdés, stupefatti dinanzi alla quantità di trofei vinti dal Barça, per i quali le bacheche non sembrano bastare mai. Tra gli altri, 21 titoli di campione di Spagna, 4 UEFA Champions League e 2 Coppe del mondo per club. Unica compagine calcistica europea ad avere sempre giocato dal 1957-1958 ad oggi almeno in una delle coppe calcistiche europee. Autrice, prima squadra spagnola, nel 2009 del treble, Liga, Coppa del Re e CL, coronato dal sextuple con l'aggiunta nello stesso anno solare di Supercoppa Spagnola, Supercoppa Europea e Coppa del mondo per club FIFA.

Sono lì le 4 Coppe con le orecchie. L'ho sentita tutta l'emozione di entrare in un tempio quando ho messo piede dentro l'area che ospita lo stadio e il museo del Barcellona. Fin da subito il mio stato d'animo mi ha comunicato un che di simile a ciò che ho provato il giorno in cui lo Juventus Stadium si è spalancato dinanzi ai miei occhi. Con la solita avidità che mi prende di fronte ai cimeli storici mi sono abbeverata alle lavagne luminose con le informazioni e le immagini che diventano filmati al solo sfiorarle con le dita. Senza invidia alcuna ho appiccicato il naso alle vetrate con le sfilate delle coppe e le magliette dei campioni. Ma è stato quando mi sono trovata davanti a quelle 4 Champions League che ho sentito una voce. 1991-1992, 2005-2006, 2008-2009, 2010-2011. Sono queste le stagioni delle vittorie dei blaugrana. Le ultime tre comprese nel fazzoletto di anni che sono stati i più disgraziati della storia della Juventus.
E' ancora forte il Barcellona. Messi & soci abbattono tutti i record. Ma nell'aria c'è un sapore nostalgico, un odore acre. La gente rimpiange Guardiola. Quasi che un ciclo si fosse chiuso. E' sempre così. All'entusiasmo di una stagione che albeggia sopra i successi corrisponderà un giorno un crepuscolo logorato dagli anni e persino dalle vittorie. Per noi no. Come sopra i successi del Milan si adagia la coltre di nebbia incolpevolmente rossonera dell'Heysel e delle squalifiche che ne derivarono, sulla gloria blaugrana si avverte una presenza e grava un'assenza. Un filo conduttore bianconero. Della finale con la Sampdoria 1991-1992 l'eredità bianconera furono Laudrup e Vialli, legati indissolubilmente al futuro ciclo della Triade. Sciolto il quale il calcio ha vissuto dell'essenza catalana. Strameritatamente, ma subdolamente senza una grande protagonista. Estromessa dal gioco per qualcosa che niente aveva a che fare col gioco. La coltre nera di calciopoli è riuscita a rubare qualcosa a tutta la storia del calcio.

Ma il sipario si alza sulla semioscurità del Museo e dei miei pensieri. Il Camp Nou emerge nel sole. Ti accompagna sorridendo attraverso un Tour che mi sembra di avere già fatto. Sono colori diversi, muri e pavimenti già consumati dai passi. Ma straordinariamente simili negli ambienti e nel percorso a quelli dello Juventus Stadium, costruito ricalcando e rammodernando tutti gli schemi di questa struttura. Che intende soggezionare l'avversario trasudando il suo spirito. Eccetto per una curiosità. Io che più volte ho riso dell'acqua santa del Trap e di Conte, mai avrei immaginato che tra gli spogliatoi dei blaugrana e il campo ci fosse una cappella contenente una riproduzione della Vergine di Montserrat. Un po' come se al San Paolo esistesse una cappella dedicata a San Gennaro.

Sia che vi venga spontaneo un sorriso o una preghiera, al Camp Nou andateci. E rendetevi conto di come il calcio sia penetrato nella storia e viceversa. Di come si possa narrare la vita di tante persone attraverso una passione così bella e coinvolgente. In agenda mettete come ugualmente importante una visita allo Juventus Stadium e al suo Museo. Prima o dopo poco importa. Perché in Italia si fa un gran parlare d'Europa. Anzi si fa un gran parlare e basta. E si dicono troppe sciocchezze. E si fanno tante cattiverie. Ma nessuno è capace di essere més que un club. Di mettersi a fare invece che a dire. La Juventus lo ha fatto. E guardando le cose da Barcellona, se sei Juventino, hai tutto il diritto di pensare che in Europa dovrebbe starci soltanto la Juve, con il calcio che conta.

Uscendo dal Camp Nou ti salutano decine di schermi con i tifosi del Barça che intonano l'inno. Penso che a nessuno di loro potrebbero strappare due trofei pretendendo in cambio rassegnazione, perché la loro fede è riposta in qualche cosa che è più di un club. Che è quello che la Juventus è per me. Per noi. Che siamo sempre stati qualcosa di più e ancora di più lo siamo dal 2006. Esco anch'io cantando...
Dove tu arriverai, sarà la storia di tutti noi... Juve, storia di un grande amore.
Anche nel 2013. Sul passato, sul presente, sul futuro. "Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta". (G. Boniperti)

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