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SINISTRA CRITICA

Post n°79 pubblicato il 01 Aprile 2008 da kaduina

Un programma incompatibile con il liberismo e la guerra.





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Un programma anticapitalista



Viviamo in un paese attraversato da un’ondata liberista e conservatrice
a tutto campo: contro i lavoratori e lavoratrici impoveriti da oltre
venti anni di politiche orientate dall’Unione europea; contro i diritti
civili e la laicità a opera di un Vaticano immerso in una logica
oscurantista; contro l’ambiente e le comunità locali da parte di una
logica del profitto che devasta le risorse e mette a rischio la salute;
contro le istanze della pace e del futuro a opera di una guerra globale
di cui l’Italia è tra gli artefici.


Contro questa cappa si sono mobilitati negli anni
passati milioni di persone che hanno poi permesso la vittoria
dell’Unione contro le destre populiste, razziste, clericali e
autoritarie. Questa carica è andata distrutta e devastata
dall’esperienza del governo Prodi e della sinistra tradizionale che ha
avallato la guerra, le politiche filopadronali, la subordinazione alle
gerarchie vaticane. Quello da cui usciamo è un disastro politico e
materiale ben raffigurato dai volti di Prodi, Bertinotti, D’Alema, lo
stesso Veltroni.


Per uscire dalla crisi servono due cose: il
protagonismo diretto dei lavoratori e delle lavoratrici, dei precari,
dei giovani, delle donne, dei migranti; e serve un’altra sinistra che
non sia compromessa con il fallimento del governo Prodi e con il
centrosinistra, una sinistra che fa quello che dice – come dimostra il
comportamento parlamentare di Franco Turigliatto – che lavori alla
ricostruzione di un progetto alternativo, di classe e anticapitalista.
E serve anche un programma e un’iniziativa di trasformazione sociale
per rispondere ai bisogni più immediati e alle istanze che provengono
dalla società, dai movimenti, dai luoghi del conflitto sociale.


1) La prima emergenza è quella salariale:
di fronte al 20% delle famiglie sotto la soglia di povertà, a salari
che si sono dimezzati con l’euro, a uno spostamento di ricchezza verso
l’alto serve innanzitutto un aumento netto del reddito mensile di almeno 300 euro
da realizzare con almeno tre strumenti: la diminuzione dell’Irpef per i
redditi più bassi e l’aumento delle aliquote per quelli più alti; il
recupero del fiscal drag; l’introduzione per legge di un salario minimo
(1.300 euro) introducendo un meccanismo automatico di adeguamento
all’inflazione reale dei salari e dei redditi (scala mobile). Ma noi riproponiamo anche il tema della riduzione d’orario e quindi delle 35 ore a parità di salario.


2) Per ottenere risorse
aggiuntive, aumentare i salari, migliorare il reddito complessivo e i
servizi sociali, serve un forte aumento dell’imposizione fiscale che
colpisca i redditi più alti – avvantaggiati negli ultimi quindici anni
da centrodestra e centrosinistra – la tassazione progressiva delle
rendite finanziarie a esclusione dei redditi dei pensionati e
lavoratori a basso reddito (iscrizione delle rendite nella
dichiarazione redditi). Ma serve anche una Patrimoniale
sui beni immobili e mobili delle grandi imprese, delle società
finanziarie, sui beni di lusso, sugli immobili del Vaticano. Questa
misura è la sola che possa risarcire da venti anni di prelievi alle
tasche dei lavoratori/trici. Ed è una misura che rende credibile, oltre
che necessaria, l'abolizione dell'Ici sulla prima casa.


3) Si continua a morire sul lavoro
e si continuerà se non si prenderanno misure drastiche. Le uniche
misure accettabili sono l’aumento significativo dei controlli e
l’inasprimento delle pene per le imprese responsabili di omicidi sul
lavoro. Servono almeno 10.000 ispettori del lavoro da assumere
riducendo le spese militari – o dirottando risorse umane da questo
comparto alla previdenza pubblica – e colpendo i profitti delle
imprese. Serve un intervento urgente sui lavori nocivi a partire
dall’amianto, riqualificando e soprattutto tutelando quei lavoratori e
lavoratrici che si sono ammalati e che non godono delle necessarie
garanzie.


4) Dal 1997, con il pacchetto
Treu, passando per la legge 30 e poi con il Protocollo sul Welfare, la
flessibilità sul lavoro è aumentata peggiorando le condizioni di vita
di chi lavora, aumentando le morti. È ora di abolire tutte quelle leggi e battersi per misure che combattono la precarietà, estendano le garanzie minime (contributi, maternità, stabilità dell’impiego) fino all’introduzione di un Salario Sociale per i disoccupati e i precari (1.000 euro mensili netti).


5) Dopo venti anni di massacro
delle pensioni è ora di ritornare a un sistema pubblico che garantisca
il futuro dei lavoratori, che abbatta il potere delle assicurazioni
private che non si faccia intrappolare dai fondi pensione. Serve un sistema pubblico
– quello esistente è perfettamente in equilibrio se fosse ripulito dal
peso dell’assistenza sociale – sotto il controllo dei lavoratori, con
sistema a ripartizione e con metodo retributivo (pensione commisurata
agli ultimi stipendi), per impedire le nuove povertà e assicurare una
vecchiaia dignitosa.


6) A devastare la vita quotidiana
di lavoratori e lavoratrici, soprattutto di giovani alle prese con il
proprio futuro c’è il peso dei mutui ipotecari per acquistare la prima
casa. Serve una politica di lotta alle speculazioni
immobiliari, di requisizione delle case sfitte, di riqualificazione del
patrimonio edilizio esistente e di reintroduzione di forme di equo
canone
, per garantire a tutti e tutte il diritto a un alloggio
dignitoso. Serve una grande banca nazionale, pubblica, controllata dai
lavoratori e dagli utenti, che adotti una politica “sociale” dei
prestiti e che sia da supporto a un piano economico ambientale e di
riconversione.


7) Le risorse del resto ci sono
basta cercarle. Ad esempio nelle spese militari che il governo Prodi ha
aumentato di oltre 5 miliardi in due anni. Riduzione drastica delle spese militari,
riconversione dell’industria bellica – da tenere sotto il rigoroso
controllo pubblico – progressiva riconversione dell’esercito a uso
civile e finalizzato alla difesa del territorio. Nessun sostegno alle
moderne “guerre umanitarie” e alle missioni internazionali, ritiro immediato e incondizionato di tutte le truppe all’estero, uscita
dalla Nato, chiusura delle basi militari straniere, sono i primi passi
per una politica di pace e una diversa destinazione delle risorse
finanziarie.


8) Sono passati quindici anni
dalle prime, grandi privatizzazioni avvenute in Italia. Con il ruolo
decisivo del centrosinistra, a partire da Prodi, lo Stato ha venduto
gran parte delle sue strutture: la Telefonia, le Autostrade, una parte
dell’Energia, le Banche. Il risultato è sotto gli occhi di tutti:
tariffe più care, servizi più scadenti e, guarda caso, dove è stata
mantenuta una quota pubblica, profitti molto alti (Eni). È venuto il momento di ripubblicizzare le grandi società industriali:
Telecom, Eni, Enel, Autostrade, per ridurre le tariffe e mettere al
servizio sociale i lauti profitti che provengono da questi settori.
Allo stesso tempo, bisogna rilanciare servizi pubblici partecipati,
posti sotto il controllo dei lavoratori e degli utenti, impedendo ogni
forma, anche parziale, di privatizzazione e liberalizzazione,
ripubblicizzando ciò che è già stato venduto.


9) Tra i servizi pubblici
essenziali, oltre a sanità e previdenza c’è l’istruzione massacrata da
oltre un decennio di politiche, di destra e di centrosinistra,
aziendaliste e fallimentari. Lo sfascio è sotto gli occhi di tutti, le
ricette si assomigliano sempre, il governo Prodi ha saputo solo
aggravare una situazione già compromessa. Noi vogliamo un’istruzione pubblica al 100%,
stipendi decenti per gli insegnanti, l’immediata regolarizzazione dei
precari, la fine delle Università di serie A e B prodotte dal 3+2, un
nuovo status per i ricercatori, un diritto allo studio concreto fatto
di una tendenziale eliminazione delle tasse e di servizi affidabili per
gli studenti.


10) Garantire la proprietà e il
controllo pubblico dei servizi sociali è anche il modo per attivare
politiche di difesa ecologica dei territori. Il caso dei rifiuti in
Campania è emblematico: oltre al disastro di un intero ceto politico, a
partire da Bassolino e da tutto il centrosinistra, abbiamo assistito
all’arricchimento illecito di una miriade di strutture private, a
cominciare da quell’Impregilo che chiama in causa i Romiti. Serve una politica di difesa ambientale al 100%:
no ai rigassificatori, al ritorno del nucleare, agli inceneritori, alle
centrali a carbone, alla TAV. Vogliamo un sistema integrato di raccolta
rifiuti, la raccolta differenziata e il riciclaggio. Vogliamo la tutela
delle acque e la riduzione del consumo di acqua da parte di industrie e
agricoltura, lo stop alla cementificazione, l'energia pulita, un
sistema che faccia pagare alle imprese il costo sociale degli
imballaggi eccessivi. È necessaria, inoltre, una politica di  riduzione
drastica delle emissioni di gas, a partire dalla produzione industriale
e attraverso la promozione del trasporto su ferro e del trasporto
pubblico, contro il primato del trasporto individuale su gomma.


11) Difesa dell’ambiente, qualità della vita richiedono anche una politica pulita. Basta con i privilegi della “casta”,
non per una rivolta demagogica contro la politica in generale ma per
una politica che rompa le separazioni e incentivi la partecipazione e
la democrazia diretta. Serve una rivoluzione democratica: riduzione
drastica delle indennità almeno della metà, limite ai mandati,
rotazione degli eletti, elezione delle alte cariche dirigenziali nei
servizi pubblici. Solo la partecipazione diretta, non delegata,
espressione del conflitto sociale e delle istanze che provengono dal
basso può aprire nuovi spazi pubblici per la democrazia.


12) L’emergenza non è oggi solo
sociale ma anche democratica e civile. Viviamo in un tempo segnato da
vecchie e nuove forme di razzismo anche “istituzionale” con i vari
decreti e patti sulla sicurezza, pratiche autoritarie, in cui la Chiesa
recupera la tradizione più oscurantista e tenta di ingeritisi nella
vita quotidiana. Siamo contro il razzismo e per la conquista di nuovi diritti:
per il diritto di cittadinanza di residenza, l’abolizione della
Bossi-Fini e del legame tra permesso di soggiorno e contratto di
lavoro, la chiusura dei Cpt, per la libertà di circolazione dei/delle
migranti


13) Siamo per diritti civili, non
negoziabili e non subordinabili a nessuna gerarchia ecclesiastica.
Diritto alla libera sessualità, diritto all’autodeterminazione delle
donne, difesa della 194, diritto ai PACS, rifiuto delle ingerenze e
diritto al dissenso contro ogni dogma imposto. Per questo siamo al fianco degli studenti e dei professori che hanno contestato il Papa, delle
donne che si battono contro la violenza maschile dei gay lesbiche,
trans che vogliono vedere affermato il proprio diritto alla libera
sessualità.


14) Siamo antiproibizionisti e rifiutiamo la criminalizzazione del consumo di droghe. Per questo ci battiamo per la liberalizzazione di quelle leggere e la legalizzazione delle altre.


15) Vogliamo uscire dall’emergenza
democratica di cui è prigioniero questo paese. Quindici anni di
maggioritario hanno moltiplicato le sigle e stabilizzato le politiche,
tutte legate al rispetto dei parametri di Maastricht, alla fedeltà agli
Usa, alla subordinazione al Vaticano. Oggi si profila una nuova svolta
autoritaria di stampa presidenzialista. Noi siamo per il proporzionale senza sbarramenti, per la libera dialettica e per i governi fondati sui programmi.
Siamo per la rotazione degli eletti, per il limite di mandato a due
legislature, per il divieto di cumulo degli incarichi, per la
democrazia diretta e partecipata, per il potere dal basso a partire dai
luoghi della produzione sociale.


Un tale programma non si realizza semplicemente con
un bel risultato elettorale ma ha bisogno di almeno due condizioni: una
partecipazione e un protagonismo di massa, la possibilità di decidere e
di determinare le grandi scelte. Noi siamo dalla parte dei
movimenti contro la base di Vicenza, contro la Tav in Val di Susa,
contro gli inceneritori e la devastazione ambientale, siamo con le
donne in lotta per la propria autodeterminazione, con i lavoratori e
lavoratrici per gli aumenti salariali, con gli studenti per il diritto
allo studio, con il movimento lgtbq per la laicità e i diritti civili
contro le ingerenze vaticane.
Questi movimenti sono il sale
della politica e la loro organizzazione e autorappresentazione è
condizione essenziale del cambiamento. Non ci proponiamo quindi di
rappresentare nessun movimento di lotta né vogliamo avocare a noi le
sole istanze della trasformazione sociale. Ma noi siamo anche per la
formazione di un nuovo soggetto anticapitalista, protagonista di lotte
e vertenze che si pone il problema di una visione generale del
cambiamento radicale della società. La presenza di Sinistra
Critica a queste elezioni non equivale alla chiusura di un progetto di
lungo periodo, la ricostruzione di una sinistra anticapitalista e di
classe per la quale continueremo a spendere le nostre energie
.
Ci presentiamo alle elezioni ma non stiamo fondando, da soli, un nuovo
partito. Vogliamo tenere aperto un percorso. Dichiararsi comunisti/e,
ecologisti/e, femministe non prefigura alcuna facile sommatoria ma una
strada da percorrere con altri/e.


 
 
 
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