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L'IDEOLOGIA DEI NEOCON

Post n°4 pubblicato il 12 Agosto 2006 da lade.blog
 

L’ideologia dei neoconservatori viene da lontano
Paolo Raimondi* - 20 ottobre 2004

Di chi sono figli i cosiddetti “neoconservatori” che
dominano i centri di potere negli Stati Uniti di Bush-Cheney e che
contano influenti alleati un po’ in tutto il mondo occidentale? Sono
solamente degli aggressivi “cani sciolti” che amano mordere potenziali
avversari e nemici, oppure sono un “corpo” organizzato intorno a un’
ideologia e a un disegno strategico ben definito? Saperlo con
precisione non è un semplice esercizio accademico, bensì un’esigenza di
verità storica e politica. Nel secolo appena finito, purtroppo la
società umana ha pagato un grandissimo prezzo quando non ha voluto
subito capire la gravità insita nell’emergere di ideologie dittatoriali
e neo imperiali.
Secondo la rivista americana “Time” del 17 luglio
1996, il professore dell’Università di Chicago Leo Strauss (1899-1973)
è il filosofo prediletto dei politici di Washington ed è il vero
ispiratore della “rivoluzione conservatrice”, allora capitanata dal
fondamentalista cristiano, il repubblicano Newt Gingrich, nel Congresso
americano con il suo programma di austerità, il “Contract with
America”. Dal 1996 a oggi l’influenza della “Weltanschaung” di Leo
Strauss è diventata sempre più manifesta soprattutto tra le fila dei
neoconservatori.

Tra gli straussiani di oggi più in vista c’è il
vicesegretario alla Difesa Paul Wolfowitz, che ha studiato direttamente
sotto Allan Bloom, l’alter ego di Strauss all’Università di Chicago e
sotto il  matematico Albert Wohlstetter, il padre della dottrina
nucleare americana. Wolfowitz dirige al Pentagono il partito della
guerra, costituito essenzialmente da elementi della burocrazia civile.
A lui fa anche riferimento I. Lewis Libby, il capo dello staff del vice
presidente Dick Cheney che gli ha affidato un “consiglio di sicurezza
ombra” nell’Old Executive Office Building, l’edificio più prossimo alla
Casa Bianca.
Oltre a Paul Wolfowitz vi sono tra gli altri: Clarence
Thomas, giudice della Corte Suprema; Robert Bork, giudice;  William
Kristol, editore della rivista “Weekly Standard”, l’organo dei
neoconservatori; William Bennet, ministro dell’Istruzione; William F.
Buckley, editore della National Review; Alan Keyes, ex funzionario dell’
amministrazione Reagan, Francis Fukuyama, consigliere di bioetica della
Casa Bianca, la cui idea sulla “fine della storia” è di stretta
concezione straussiana; John Ashcroft, Attorney General impegnato ad
istituire un regime totalitario giustificandolo con l’”emergenza
terrorismo”; Richard Perle, fautore della guerra, anche contro l’Arabia
Saudita, consigliere del presidente, recentemente rimosso per il suo
indulgere in frodi e scandali; William Galston, ex consigliere dell’
amministrazione Clinton per la politica interna e autore della
piattaforma politica del Democratic Leadership Council, la corrente
democratica di ispirazione neoconservatrice rappresentata da Joe
Liberman.
(In Italia, lo straussiano più esagitato e appariscente è
Giuliano Ferrara.)

Dopo la seconda guerra mondiale, tra gli alleati e
i protetti di Strauss nel lanciare
il movimento neoconservatore si
contavano anche Irving Kristol, nome noto della destra intellettuale,
Norman Podhoretz, editorialista del New York Post e del “Weekly
Standard”, Samuel Huntington, il padrino dello “scontro di civiltà”.
Utile al riguardo il libro di Shardia B. Drury “Leo Strauss e la destra
americana” pubblicato nel 1997.
Allontanatosi dalla Germania nazista
perché di origine ebraica, Leo Strauss continuò a far proprie senza
imbarazzi le teorie filosofiche e giuridiche alla radice del nazismo
proposte da Friederich Nietzsche, da Martin Heidegger e da Carl
Schmitt.
Alcune biografie recenti di Heidegger pongono nuovamente e
dettagliatamente in risalto il suo entusiasmo per Hitler ed il nazismo
negli anni in cui fu rettore dell’università di Friburgo, per tutto il
tempo in cui il regime fu al potere, e il suo revival di Nietzsche e
del suo nihilismo.
Il presidente dei giuristi nazisti, Carl Schmitt
(1888-1985), si premurò personalmente di ottenere per Strauss nel 1933-
4 una borsa di studio della Fondazione Rockefeller affinché potesse
studiare in Germania e in Francia  prima di trasferirsi definitivamente
negli Stati Uniti, dove diventò poi docente di successo all’Università
di Chicago negli anni Cinquanta e Sessanta.

Anche il filosofo
cattolico Jacques Maritain, che nel 1949 era stato invitato dalla
Fondazione Charles Walgreen  all’Università di Chicago a tenere alcune
“lectures”, poi raccolte nel suo libro “L’uomo e lo Stato”, con altri
filosofi tra cui Leo Strauss, aveva criticato quest’ultimo per la sua
vicinanza a Carl Schmitt da cui mediava la sua concezione dell’uso
politico della religione.
Leo Strauss, solitamente noto per i suoi
studi apparentemente accademici sull’antica Grecia e su Platone, ha in
realtà negli anni rilanciato l’ideologia schmittiana della divisione
del mondo tra amici e nemici ed era partito dal crollo della Repubblica
di Weimar, di cui era inorridito, per criticare il parlamentarismo e la
democrazia liberale incapaci di usare la forza, per forgiare una nuova
elite politico-intelletuale, i neoconservatori,  che avrebbe dovuto
prepararsi ad occupare i centri nevralgici del potere.
La visione
politica di Strauss è sinteticamente contenuta in una lettera che inviò
in data 4 settembre 1932 al suo professore Carl Schmitt:” Il fondamento
ultimo del diritto sta nel principio della malvagità naturale dell’
uomo: giacchè l’uomo è per sua natura cattivo, ha pertanto bisogno di
dominio. Ma il dominio può essere fondato, cioè gli uomini possono
essere uniti, solo in una unione contro, cioè contro altri uomini. La
tendenza a separare (e in questo i raggruppamenti in amici e nemici) è
data dalla natura umana, ed in tal senso è il destino, e basta”.
In
una seconda lettera datata 10 luglio 1933, Strauss ringraziò Schmitt
per l’approvazione data al suo studio su Thomas Hobbes che gli aveva
meritato per il secondo anno consecutivo la borsa di studio della
Rockefeller Foundation.

Carl Schmitt fu definito dai nazisti “il
giurista principe del Terzo Reich”, grazie al ruolo che ebbe nel
sovvertire sistematicamente la costituzione della Repubblica di Weimar
a partire dal 1919. Fu infatti consigliere dei governi di Brüning, Von
Papen e Hitler. Si schierò contro il sistema costituzionale fondato
sugli ideali del liberalismo politico e del diritto dei singoli,
ritenendolo impotente e corrotto, e fu lui a proporre il governo per
decreto e una temporanea dittatura commissariale presidenziale per
“salvare” la costituzione. Fu un grande ammiratore di Benito Mussolini,
con il quale ebbe uno scambio di vedute sul Diritto Romano. Riconosceva
al Duce il merito di aver instaurato un sistema perfetto, fondato sullo
stato autoritario, la chiesa e la libera impresa, e capace di gestire i
miti con cui comandare alla volontà popolare.
Nel 1933 Schmitt
giustificò giuridicamente la decisione di Hitler di imporre la
dittatura dopo l’incendio del Parlamento tedesco, il Reichstag,
(provocato in realtà da Hermann Goering) e poi l’invasione della
Polonia come “guerra preventiva”: secondo lui la Germania aveva diritto
ad estendere il territorio per la propria sicurezza di fronte al
rischio delle orde bolsceviche che volevano invaderla. Il presupposto
teorico è che lo stato non è legittimato dal suo scopo morale, ma dal
modo in cui reagisce di fronte al “pericolo concreto”.
Heinrich Meier,
professore tedesco della Fondazione Siemens, ha scritto due libri su
Schmitt e Strauss, che sono egemoni negli ambienti della destra
straussiana in Germania e negli USA. Meier spiega che grazie alla loro
collaborazione, le idee di Schmitt sono diventate più congeniali alla
“rivelazione” cristiana. Così, dice Meier, nel distinguere i nemici
dagli amici si obbedisce alla forza nascosta della fede: il leader
obbedisce alla rivelazione divina quando prende la decisione storica su
chi è il proprio nemico. Strauss invitò Schmitt a “riconoscere
apertamente” questa forza ispiratrice, e da ciò prese le mosse quell’
ideologia straussiana che successivamente è sfociata nelle
teorizzazioni dello “scontro di civiltà”.

Strauss esortò il suo
maestro a riconoscere che la “politica” non è soltanto una delle sfere
dell’attività umana, ma che è piuttosto l’attività umana principale,
conferendole al tempo stesso una dimensione religiosa. Nel rielaborare
il pensiero di Schmitt, Strauss sostiene che la fede in Dio costituisce
la base per distinguere gli amici dai nemici e questo consente di
preservare la supremazia della politica sulle altre sfere della vita
sociale. La fede insegna la contrapposizione tra Dio e l’Anti-Cristo,
“ma lascia all’uomo tutto lo spazio d’azione per decidere come e in che
modo l’Anti-Cristo appare e come è meglio combatterlo”.
Nel criticare
il liberalismo e la modernità Strauss prende di mira lo spettro di una
rinuncia alla distinzione tra amici e nemici, una distinzione vantata
invece come la salvaguardia della politica e della religione. L’
interpretazione straussiana di Schmitt legittimizza così ogni guerra di
religione. Quando una tale definizione della politica è intesa come
identità primaria di una società ne consegue che anche i rapporti entro
lo stato si definiscono allo stesso modo: un “nemico interno” è
chiunque si oppone a ciò che si reputa “la volontà divina”.
Dopo l’11
settembre 2001, i neoconservatori sono venuti completamente allo
scoperto con la loro politica aggressiva di guerre preventive, di
scontro di civiltà, di rifiuto di ogni rispetto per la convivenza
reciproca e per i trattati politici internazionali e di negazione dei
diritti civili e umani inalienabili.

Quest’influenza nefasta di Leo
Strauss è stata messa a fuoco per primo dall’economista e politico
democratico Lyndon LaRouche che nel 2002 ha iniziato in America una
mobilitazione e una campagna politica di denuncia dell’ideologia e dei
programmi autoritari e neoimperiali dei neoconservatori. Questa
denuncia dettagliata e fattuale è stata poi ripresa dalla grande stampa
americana: il 4 maggio 2003 il New York Times pubblicava un articolo di
James Atlas sull’influenza di Strauss “A classicist’s legacy: new
empires builders” (L’eredità dello studioso classico: i costruttori del
nuovo impero); il 5 maggio Seymour Hersh, uno dei più importanti
editorialisti americani, pubblicava un lungo dossier sul settimanale
New Yorker. In seguito rapporti sui legami ideologici tra Leo Strauss e
i neoconservatori sono apparsi su molta stampa europea come Le Monde,
Liberation, Sueddeutsche Zeitung, Corriere della Sera, etc.
Adesso si
capisce forse in modo più chiaro come le elezioni del 2 novembre 2004
siano uno spartiacque storico e non solo una contrapposizione
elettorale tra repubblicani e democratici. La sconfitta di Bush è
essenziale per fermare il progetto straussiano. E se Kerry vincesse
bisognerà fare in modo che non venga avvolto e influenzato dalle stesse
reti politiche ed economiche neoconservatrici.

* PAOLO RAIMONDI,
PRESIDENTE DEL MOVIMENTO INTERNAZIONALE PER I DIRITTI CIVILI  -
SOLIDARIETA’


*** Inviato via e-mail da Simone Bilotta il 07/08/2006 ***

 
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