Come molti avranno potuto notare in questi giorni si è parlato spesso della Turchia e del suo turbolento periodo di instabilità politica.
All’interno della società turca si stanno verificando notevoli frizioni che minacciano l’equilibrio di questo delicato paese a cavallo tra Europa ed Asia.
I partiti laici, che si ispirano al padre fondatore Ataturk, che per la loro frammentazione hanno lasciato campo aperto al partito islamico “moderato” attualmente al governo del paese e i gruppi radicali di ispirazione nazionalistica, vedi i Lupi Grigi, i gruppi del terrorismo islamico e i partiti di rivendicazione di diritti etnici come il Pkk.
Questa spinta verso una moderata islamizzazione del paese sta portando alla sollevazione delle correnti laiche, che costituiscono la stragrande maggioranza del paese, ma che per la sua scarsa rappresentanza parlamentare si deve limitare alle manifestazioni di piazza.
Queste pressioni di piazza hanno portato i rappresentanti delle forze armate, vero baluardo della laicità dello stato, a manifestare la loro preoccupazione verso una svolta islamista.
La Suprema Corte ha annullato la prima votazione del parlamento per l’elezione del presidente della Repubblica a cui aspirava l’islamico Gul aprendo la strada ad elezioni anticipate.
La società turca è piuttosto complessa e presenta forti disparità sia geografiche che sociali ed economiche ma non è in grado di esprimere una forte classe dirigente visto che le sue elites sono incapaci, anche per un mancato processo di elaborazione critica del passato, di fornire un indirizzo coerente alla sua politica e al suo progresso democratico.
Come troppo spesso accade, è la religione a cercare di riempire quel vuoto di valori della società civile, per cui i partiti islamici cercando di dare la loro risposta ai problemi che vengono dalla popolazione.
Soluzioni, che come accade in Italia, sono purtroppo parziali e faziose e non tengono in considerazione le vere esigenze della collettività ma solo quelle di una parte di essa volendo applicare dei principi etici di matrice religiosa come unico balsamo per le ferite del tessuto sociale.
Spero che l’Europa sia abbastanza intelligente da capire che deve aprire le porte alla Turchia, cercando di partecipare anche essa a questo dibattito su quale forma di società vogliamo in un mondo sempre più integrato ed interdipendente, che anche volendo non potrebbe separare le culture ma sicuramente siamo ancora lungi dal superare l’atteggiamento di rigetto reciproco che tanto ci spaventa.
In Turchia è sicuramente presente un forte spirito anticristiano, una paura dell’invasione cristiana che di certo non rappresenta una minaccia per il paese, visto l’esiguità del numero dei cristiani, ma che da la misura di una diffidenza e di una paura reciproca, che si rispecchi nel terrore di noi Europei verso i Turchi ed i musulmani in genere.
Del resto la Turchia è sempre stato il luogo di scontro privilegiato fra oriente ed occidente, dall’antichità bizantina al presente, se riuscissimo a ricucire questa frattura penso che avremmo guadagnato una grossa opportunità sulla via della pacificazione e della collaborazione tra le culture.
Save the Turkey for safe Europe.