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Post n°209 pubblicato il 14 Gennaio 2022 da setacuoio.2008
Mi è capitato per caso tra le mani "Le rire des femmes: une histoire de povoir" scritto da Sabine Melchior-Bonnet, docente al Collège de France e ricercatrice di Storia del pensiero occidentale moderno. Alle donne per lungo tempo è stata a lungo negata non soltanto l'istruzione, la parola e la scrittura, ma anche la risata. A loro era concesso sorridere per tenerezza o divertimento, ma mai e poi mai ridere. Lo spirito delle donne andava coperto non meno del loro corpo e così il decoro, le regole della conversazione e della seduzione, la moralità vietavano loro di indulgere nel ridere. Per secoli il mondo maschile ha cercato di spiegare e di stabilire, da un punto di vista biologico, morale e sociale, perché ridere non si addicesse a una donna. Scriveva Ovidio nel suo Ars Amatoria: Vi è qualcuna che storce la bocca con risate scomposte; un’altra, quando ride allegramente, crederesti che pianga; quell’altra ride con un suono rauco e sgradevole; ride come dalla ruvida macina raglia una brutta asinella». Da allora queste poche righe hanno ispirato manuali e trattati di buona educazione per 'signore', che hanno cercato di giustificare sia da un punto di vista morale che sociale perché ridere, per una donna, fosse sconveniente. La risata era associata alla sessualità perché secondo i costumi dell'epoca, ma anche fino al XIX secolo, una donna che rideva manifestava direttamente e pubblicamente il proprio piacere sessuale (apriva la sua bocca e ciò evidentemente voleva alludere anche ad aprire altro), ed era di conseguenza sospettata di essere una prostituta, una cortigiana o una donna poco onesta e lussuriosa. Il saggio non è ancora disponibile nella traduzione in italiano. Tuttavia, dell'autrice, in Italia è invece disponibile il volume "Storia dello Specchio" che è la storia dell'uomo e della donna con la propria immagine, con il proprio doppio, quindi. |
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