FATA VIAM INVENIENT
Contenitore di idee, riflessioni ed amenità varie.
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Tomorrow I'm going to the cinema with my friend. Forse, mi chiederete se la persona con la quale andrò al cinema è un uomo o una donna ed io potrei rispondervi che è una cosa che non vi riguarda. In italiano, invece, dovrei rinunciare all’ambiguità dovendo specificare, nella frase stessa, se esco con un amico o un’amica. A differenza di noi italiani, un inglese non è “costretto” a fare riferimento al sesso delle persone ogni volta che le menziona in un discorso. Ciò, naturalmente non significa che un inglese non è in grado di distinguere tra una serata trascorsa al cinema in compagnia di un amico o di un’amica. Già negli anni quaranta alcuni ricercatori cominciarono a fare alcune considerazioni sul potere che la lingua ha sulla mente. Oggi, alcuni studi sembrano dimostrare che quando impariamo la nostra lingua, acquisiamo anche delle abitudini mentali che condizionano le nostre esperienze in modo significativo. In italiano siamo obbligati ad assegnare il genere maschile o femminile anche ad una serie di oggetti senza un apparente motivo specifico. Ad esempio, cosa c’è di femminile nella barba di un uomo? Negli anni novanta una lunga serie di esperimenti ha dimostrato che una lingua che attribuisce un genere agli oggetti costringe le persone a pensarli e a parlarne come se fossero maschi o femmine attribuendo loro delle caratteristiche che sono tipiche del genere maschile o femminile. In altre parole, le connotazioni di genere portano a vedere il mondo degli oggetti inanimati attraverso una lente emotiva che gli inglesi, ad esempio, non conoscono. E’ allora lecito porsi una domanda: le connotazioni di genere influenzano e condizionano i gusti, le mode, le abitudini e le preferenze? Ragionando su un libro di Guy Deutscher: Through the language glass: why the world looks different in other languages – (Metropolitan Books – 2010)
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