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« Beati...Salve Regina... »

Colleferro...

Post n°460 pubblicato il 09 Settembre 2020 da il_parresiasta

Sollecitato dall’omelia ascoltata ieri sera, propongo questa riflessione.
E’ un brano dell’omelia del Vescovo don Tonino Bello dettata in occasione dei funerali del Sindaco di Molfetta, ucciso il 7 luglio 1992
Ritengo che queste parole possano aiutarci a riflettere meglio sul fattaccio di Colleferro e su tutti i “fattacci di cronaca”, come troppo sbrigativamente li etichettiamo e archiviamo, al presumibile fine di tirarcene fuori.
.
“Come un fiammifero, acceso sulla caldaia di una miscela esplosiva. Sì, questa è la vera tragedia: che chi ha sparato non è un mostro. Oh, come vorremmo che fosse un mostro, per poter scaricare unicamente sul parossismo della sua barbarie le responsabilità di questo assassinio!
Ma chi ha sparato non è un mostro, e neppure un pazzo e forse neppure un criminale nel senso classico del termine.
Non è un mostro.
«Un nostro!», un nostro concittadino, che, come ultima miccia, ha dato fuoco alle polveri di cui, almeno un granello, ce lo portiamo tutti nell’anima.
Ecco perché quel fucile a canne mozze apre un discorso alla cui logica nessuno di noi può sottrarsi, dichiarando ipocritamente la sua estraneità.
È il discorso del cuore di sasso che ci portiamo al petto, forse l’unica reliquia che ci è rimasta dell’età della pietra, e che, a dispetto dei progressi di cui meniamo vanto, ancora non è stato trapiantato con un vero cuore di carne.
È il discorso sulla rifondazione di un metodo educativo più serio e diuturno che dovrebbe vedere impegnate tutte le istituzioni, dalla scuola alla famiglia, nella creazione di argini che ci preservino dagli smottamenti verso la cultura dei cavernicoli.
È il discorso sul ruolo della Chiesa, dalle cui sedi catechistiche oggi passano tutti, senza purtroppo, portarsi nell’anima le stigmate benefiche di una cultura di nonviolenza e di pace.
Ecco perché a Gianni voglio chiedere perdono anch’io, vescovo di questa città, responsabile di una Chiesa forse un po’ troppo attardata in una pastorale di contenimento e di conservazione, che stenta a uscire dai perimetri rassicuranti delle sagrestie per compromettersi con gli ultimi, ritrovando audaci cadenze missionarie, ed è ancora ben lontana dall’essere «testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo»”.

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