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Circuito di Monza

Post n°438 pubblicato il 10 Giugno 2006 da lunedi.bs
 
Foto di lunedi.bs

Musica... ricordo. Immediata associazione di un volto sorridente nel retrovisore di un'auto. Un volto di cui nemmeno ricordo il nome.

Milano. Sesto San Giovanni. La solita domenica a casa di parenti, con tanto di pranzo in maxi portate e noia non stop per tutto il pomeriggio. Ma non quella volta, quella domenica fu senza dubbio fuori dalla norma e per questo devo dire grazie a mia cugina. O meglio, a colui che in quel periodo era il suo ragazzo.
Poi si è sposata con un altro, ma questa è un'altra storia.

Arrivarono in 3, dopo pranzo: il ragazzo col fratello ed un loro amico. Erano venuti a prendere mia cugina, per passare il pomeriggio insieme. L'unico motivo per cui potessi apprezzare quelle domeniche di riunione familiare era lei, e lei invece se ne stava andando, lasciandomi in balìa di zii, nonni e varie. Credo che il mio disappunto fosse evidente, mio malgrado, perchè il ragazzo d'un tratto propose di prendermi appresso a loro. Mia cugina prese la palla al balzo e tanto disse e tanto fece che mia madre mi lasciò andare. Strano, ma vero.
Pensavo più che altro di essere per loro un impiccio, data la differenza di 8 anni tra noi, invece mi resi conto che erano tranquilli e contenti di avermi tra loro.

L'amico aveva un maggiolone, ci stipammo tutti e 5 in auto, io (la più piccola) in mezzo, e dopo un'accesa discussione di 5 minuti sulla destinazione il risultato fu: Monza.
L'autoradio stazionava su Radio Deejay, musica moderna e spaccatimpani. Almeno finchè non passò questa, di un allora sconosciuto Rick Astley. Credo di averla sentita almeno una decina di volte quel pomeriggio. Abbastanza da imparare ad apprezzarla, fino a canticchiarla sottovoce, mentre osservavo il parco di Monza chiedendomi in che cavolo di posto stessimo andando. Girovagando con lo sguardo, per non perdere una briciola di quel verde che mi piaceva immensamente, puntai l'attenzione sullo specchietto retrovisore, scoprendo che il ragazzo mi stava guardando e sorrideva.
Imbarazzatissima, mi resi conto che stavo canticchiando quella canzone in inglese, molto probabilmente storpiandola. Mi zittii, ma non per molto. Nemmeno a farlo apposta per l'ennesima volta la passarono alla radio. E senza smettere di sorridermi lui alzò il volume e si mise a canticchiare, come se nulla fosse, facendomi l'occhiolino.

Mi divertii un sacco quel pomeriggio. Alla fine eravamo arrivati al circuito e ci piazzammo sulle gradinate a guardare e prendere in giro i pazzi che si lanciavano in pista con le loro auto. Uno di loro finì addirittura insabbiato e si prese insulti e sberleffi da tutti i presenti, compresi i suoi compagni di avventura.

Tra le altre cose osservavo anche lui, che si divertiva come un bambino. Era alto e magro, mia cugina lo chiamava Grissino, ogni tanto, in contrapposizione alla Pagnotta, che invece era il fratello del suo moroso, abbastanza cicciottello. Aveva i capelli castani, un poco mossi, gli occhi verdissimi. Non successe nulla, non ci parlammo quasi, se non il minimo indispensabile, anche per colpa della mia innata timidezza. Quando ci riportò a casa, quella sera, mi salutò con un bacio sulla guancia, come fossi un'amica conosciuta da tempo. Io ero stata davvero bene con loro, visto cose nuove, divertita anche se con poco. Mi sono sentita trattata da "grande", ed avevo "solo" 12 anni.

Non l'ho più rivisto. Dopo circa un anno mia cugina mollò il suo ragazzo e con lui anche la compagnia di amici. Nessuna possibilità quindi di rivederlo, nemmeno per caso una domenica pomeriggio.
Eppure ogni volta che sento questa canzone rivedo i suoi occhi verdi nello specchietto retrovisore di un maggiolone nero.

 
 
 
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