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« Il senso dello StatoIl Potere e la Follia »

Il valore di un Campione

Post n°39 pubblicato il 02 Settembre 2008 da magnum.3

Guardavo, un paio di giorni orsono, il Gran premio di motociclismo. Ho visto, quindi, le grandi prodezze di Valentino Rossi, ho ammirato la sua capacità di guida, mi sono stupito di fronte alla differenza galattica che si manifesta tra lui ed i suoi concorrenti, sulla pista. Al di là del mezzo e delle capacità tecniche della Squadra della quale fa parte, è evidente che Rossi ha la tempra di un autentico Campione, uno dei pochi. Il Creatore gli ha regalato un insieme di doti fisiche e psichiche tali da consentirgli di scavare regolarmente un vallo tra la coda della sua moto e gli inseguitori. Alcuni dei quali - Stoner, primo fra tutti - certamente bravissimi, certamente supportati da grandi Squadre, ma con in meno, rispetto a lui, un quid di volontà, di quel friccico di compiutezza del senso dell'equilibrio, di perfezione dei canali auricolari, che fanno la differenza.
Poi l'ho visto, Valentino Rossi, di fronte ad un pubblico adorante ed acclamante. Ed il mio cervello, che non riesce a non pensare, nemmeno nei momenti di relax, ha provato una palpabile sensazione di malessere. Perchè colui che appariva come un grandissimo campione sulla pista, precipitava molto al di sotto della media nella vita privata. Nella quale, egli diventa semplicemente il "Signor Rossi", un quisque de populo come la stragrande maggioranza di noi, titolare degli stessi diritti e tenuto ad osservare i medesimi doveri nei confronti della Collettività Nazionale alla quale appartiene. Coloro che urlavano il suo nome in preda ad un raptus, i soliti patriottardi degli Stadi
 usi a sentirsi Italiani solo quando un uomo, una moto, un'automobile salgono sul gradino più alto del podio, tutti costoro dimenticavano, felici di sentirsi vendicati nei confronti della vita amara, che appena il Valentino Rossi campione, "The Doctor" per sua stessa autoinvestitura, scende da quei gradini, egli ridiventa nè più, nè meno, uno di loro.  Un Signor Rossi senza nemmeno le virgolette, che dovrebbe pagare le tasse cxome ognuno è tenuto a fare, e non lo fa. Che per di più, quando dimentica di versare alla Cassa comune di tutti gli Italiani il proprio contributo, non sta sottraendo due o trecento Euro, bensì, dicono le cronache, cinquanta o sessantamila. Cinquanta o sessanta mensilità medie di retribuzione di coloro che stavano là, beceri ma felici, ad osannarlo. Quattro anni o cinque di stipendio o salario.
Dice: "ma poi ha pagato!". Balle. Grazie ad un meccanismo che può risultare giusto solo quando è applicato a chi non ha pagato le tasse non per dolo ma per impossibilità materiale, si precipita velocemente verso l'aberrazione se esso concede la "conciliazione" a chi di quattrini ne ha da strafottere, in rapporto alla gens communis. Io non ho mai contestato la ricchezza, io che ricco proprio non sono: se una persona, per capacità (comunque la si voglia intendere) o perchè in possesso di merci o qualità del tutto fuori dal comune, guadagna una gran quantità di denaro, non sarò certamente io, solo per questo, a reputarlo un delinquente od a dannarmi d'invidia nei suoi confronti. Però deve pagare come pago io, sino all'ultimo centesimo, ciascuno di noi due in rapporto ai propri introiti. Ma se invece io e la mia Famiglia dobbiamo sentire gravarci addosso ogni minima frazione di Euro che pago di tasse o di imposte, e nello stesso tempo sono costretto ad assistere al triste, squallido spettacolo di chi non paga, solo per accrescere un capitale che già al netto delle imposizioni di legge, non riuscirebbe a far fuori nel corso dell'intera sua esistenza prossima ventura, beh, allora qualche problema me lo creo.
Q
uando il Signor Rossi è andato all'Ufficio delle Tasse a"conciliare", sempre a quanto dicono le cronache, ha potuto trovare il modo di pagare non più che la metà di quello che avrebbe dovuto. Cioè, invece di sessantamila Euros ne ha pagato solamente trentamila. E quindi, delle somme che avrebbe dovuto versare e che non ha versato - disonestamente, lasciatemelo dire: se qualcuno non fosse andato a guardargli le bucce, col cavolo che si sarebbe redento... - , gliene sono avanzate in tasca, pensate, quantità pari solamente ad altri trentamila Euros. Solamente. Poveretto. Non le sessanta mensilità medie di retribuzione dei beceri plaudenti, ma solo trenta. Non cinque anni, ma solo due e mezzo. Ma siccome, quando si calcola l'importo globale delle tasse necessarie per mandare avanti il Paese, la cifra deve risultare dal concorso di tutti noi, se uno non paga, necessariamente devono pagare gli altri. Io. Tu. Tutti i beceri plaudenti e felici sotto il palco.
Provate a mettere insieme tutte le tasse conciliate dai vari Signori Rossi, Verdi, tutti i colori dell'arcobaleno - perchè "noi" evasori siamo tutti fratelli - e poi fatevi un po' di conti, per vedere quanto ciascuno di noi, degli "altri", paga al posto loro. E ditemi, alla fine, se avete ancora voglia di plaudire.

 
 
 
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Data di creazione: 26/10/2004
 

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