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Maria Immacolata 51

Apre la Scuola Maria immacolata di Alghero 1951

 

 

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Parlano gli ex alunni

Post n°13 pubblicato il 20 Luglio 2011 da mariaimmacolata1951
 
Foto di mariaimmacolata1951

Le testimonianze degli ex alunni/alunne sono veramente ricche di vissuti che sono ritornati alla memoria dopo un istintivo: "Di quegli anni non ricordo nulla!".

Poi è bastata una foto, un particolare, un nome,  per ritrovare ricordi che si credeva di aver perso. Un sapore inconfondibile, un odore, un suono, un'immagine ricostruita inizialmente a fatica hanno ridato vita a eventi che giacevano sommersi sotto decenni di abbandono.

Ciascuno ha raccontato ciò che ha ritrovato nella memoria in quanto non c'erano domande alle quali rispondere.

MARIA TERESA SPANU

Andando indietro nel tempo mi vengono alla mente numerosi ricordi della mia infanzia. Ricordo che non sono andata a scuola il primo ottobre 1951, ma ci sono andata  nel Gennaio 1952, qualche giorno prima di compiere sette anni.

La mia insegnante era Angelina Biliardi e nella classe eravamo trenta alunne. Quando sono arrivata in classe la maestra era molto preoccupata poiché dovevo recuperare tre mesi di lavoro. Ma ho dimostrato subito buona volontà e ho imparato ben presto a leggere e scrivere.

 Ho iniziato nelle Scuole del Sacro Cuore dove ho frequentato la prima e la seconda classe. Poi, dalla terza alla quinta, la classe al completo è stata trasferita dal vecchio al nuovo caseggiato.

Si entrava a scuola e subito si diceva la preghiera. Si faceva il dettato di italiano e il problema. Queste due attività non mancavano quasi mai. Poi poteva esserci la lezione di scienze, di geografia, storia, religione, o altro.

La mia maestra non aveva la bacchetta, ma qualche volta poteva dare qualche schiaffo o qualche sgridata.

Quando entrava un altro insegnante o un estraneo in classe ci alzavamo tutti in piedi.

La ricreazione si faceva solo a volte, come un premio. Non c'era merenda.

La ricreazione era una sospensione del lavoro; in quei momenti di pausa ci si avvicinava alla maestra, e si poteva fare una chiacchierata con lei che si mostrava sempre disponibile ad ascoltarci.

In primavera si portavano le rose alla maestra e si faceva a gara per offrirle un mazzo di fiori colti nel giardino di casa. Era un gesto di affetto perché per noi la maestra era quasi come una mamma ed eravamo ricompensati da una carezza e un sorriso.

La capoclasse doveva scrivere sulla lavagna i buoni e i cattivi e veniva scelta fra le più brave.

Lei era molto affezionata a noi e non si assentava.  Diceva inoltre che non si doveva bocciare anche perché preferiva evitare i nuovi arrivi.

Ricordo che eravamo chiamate per cognome mentre noi ci rivolgevamo all'insegnante dandole del Lei e dicendo "signora maestra".

I nostri banchi erano fatti di legno tinto di nero; la sedia e il tavolo erano uniti quindi non potevamo avvicinare o spostare la sedia. Sul ripiano c'era l'alloggiamento del calamaio e per scrivere dovevamo intingervi il pennino.

Per gli alunni più bisognosi la scuola dava la refezione che consisteva in un pasto caldo da consumare nello scantinato della Scuola subito dopo il termine delle lezioni del mattino.

Molte di noi volevano partecipare a quel momento di mensa che era visto come un privilegio. La maestra allora tratteneva per il pranzo alcune alunne oltre quelle che ne avevano diritto, e questo per noi era un grosso premio.

In quegli anni i bambini andavano da soli a scuola e le mamme non si preoccupavano perché Alghero era una città tranquilla e le strade erano pressoché prive di automezzi.

Di quegli anni conservo dei precisi ricordi riguardo alcune attività che mi sono piaciute particolarmente.

Tutti gli anni si faceva la festa degli alberi. In quella occasione si usciva dalla scuola per mettere a dimora gli alberelli nelle buche già predisposte lungo le nuove strade della periferia.

Questa non era l'unica uscita. Infatti si andava anche al teatro vecchio per vedere delle rappresentazioni dove i bambini presentavano delle divertenti scenette in italiano, e mi piaceva moltissimo. Allora il teatro era più semplice rispetto al suo arredo attuale.

Un anno abbiamo realizzato con la carta un paese e abbiamo fatto le casette, la chiesa,  il municipio e la piazza con l'aiuto della maestra. Le casette erano  realizzate con cartoncino che veniva piegato e incollato a casa con la collaborazione dei genitori. Era venuto il direttore a vedere il nostro lavoro.

Mi era piaciuta anche una ricerca di scienze. Si ritagliavano le figure da vecchi libri, e si incollavano a seconda della classe di appartenenza. Ricordo che non avendo trovato l'immagine di un serpente avevo messo una biscia e la maestra me lo aveva fatto notare.

Un'altra attività piacevole consisteva nell'inventare delle storie che poi la maestra aveva raccolto in un quaderno.

In quegli anni in conclusione della terza elementare si faceva un esame con la maestra e con due insegnanti esterni.

Arrivati in quinta, chi aveva intenzione di passare alla scuola Media da gennaio non frequentava più la scuola  ma andava a lezione perché occorreva prepararsi all'esame di ammissione alle Medie.

Spesso era la stessa insegnante di classe che ci preparava per questo passaggio.

 

 NINO GNANI

Ho frequentato l'anno scolastico 1956-57 nella scuola della Mercede e il mio insegnante si chiamava Antonio Carta.

Ricordo che eravamo circa 25 alunni. Le lezioni iniziavano alle 8,30 e uscivamo alle 16. L'attività che preferivo svolgere era il gioco del calcio.

Non ricordo gli orari della ricreazione e del pranzo.

Per il pranzo scendevamo nel refettorio che si trovava nei locali sottostanti la scuola ed eravamo assistiti da una maestra e da alcuni collaboratori.

Un particolare ricordo di quegli anni è la festa degli alberi.

Noi bambini preparavamo le buche con l'aiuto degli adulti e poi piantavamo gli alberi.

Vescovo ed autorità locali parteciparono alla giornata ed il vescovo fece una solenne benedizione. Fu una grande gioia per noi alunni perché nacque in noi la consapevolezza di aver partecipato a qualcosa di grande.

foto Gnani

Anno scolastico 1951-52  - La classe di Nino Gnani. Tra i maschietti si nota minor cura nella divisa scolastica. L'insegnante è Antonio Carta.

 

MICHELE PALOMBA

 Ho frequentato Le Scuole Nuove dal 1951. Il mio maestro era Fancellu e in particolare ricordo che all'uscita scendevamo anche le scale esterne mantenendo la fila; poi il maestro ci dava l'ordine di rompere la fila e potevamo andarcene a casa.

Quello era anche il momento di regolare i conti in sospeso con qualche compagno con il quale c'erano stati attriti durante la mattinata.

Naturalmente l'indomani era il maestro a fare i conti con i litiganti e spesso arrivavano severe punizioni.

 

Interno classe

 Anno scolastico 1956-57

Una parte della classe di Michele Palomba. La foto è stata scattata all'interno dell'aula così possiamo osservare i vecchi banchi di legno con la pedana, il sedile fisso e la ribalta verniciata di nero che era il piano di lavoro inclinato verso il basso e ribaltabile verso l'alto per consentire l'uso del cassetto.

I bambini usavano portare il berretto che vediamo sull'attaccapanni alle loro spalle.

 

 

LUISA DETTORI

I primi due anni della scuola elementare li ho trascorsi nelle "Scuole Vecchie". La mia maestra è stata "la C." Era di piccola statura con il viso sempre imbellettato. Portava sempre il cappello. Era molto severa. Quando il caseggiato delle "Scuole Nuove" fu ultimato la mia classe, insieme ad altre, vi si trasferì. La nostra aula era al centro del corridoio del primo piano, sulla sinistra. Era tutto confortevole e ordinato. Qualche volta durante la ricreazione avevamo il permesso di giocare nel corridoio un gioco, come lo definiva la maestra, "molto composto", il girotondo. Si rientrava in classe in fila, ognuno occupava il proprio posto stando attento a non raggrinzire il grembiule nero ed il fiocco bianco. Poi la maestra rifaceva l'appello al quale dovevamo rispondere stando in piedi. Alla fine avevamo il permesso di restare seduti e di parlare solo se interpellate. Seguivamo tutte la lezione ma gli occhi erano puntati sulla stramaledetta bacchetta con la quale era solita picchiarci. Girava per l'aula e se qualcuna sbagliava l' "ortografia" era costretta a riscrivere, anche 50 volte, i termini scorretti.

Quando un'alunna diceva di aver dimenticato a casa il quaderno controllava nella borsa di cartone marrone. Se trovava il quaderno l'alunna veniva punita perché menzognera e perché non aveva eseguito il compito. La punizione consisteva nell'essere posta in un angolo con il viso rivolto al muro. Passava sempre tra i banchi, sfogliava veloce i quaderni e diceva: "Io conosco le mie pecore!"

Spesso poggiava la bacchetta sul banco della malcapitata e sbarrava con una croce il compito eseguito male.

- Con quale mano hai scritto? - chiedeva.

E l'alunna "Con la destra, signora maestra" e porgeva la mano, non il palmo, ma il dorso: "Uno, due, tre, quattro, cinque" contava la maestra. Poi doveva essere mostrato il palmo: "Sei, sette, otto, nove, dieci" contava la maestra. Nessuna di noi fiatava. Le mani, alle volte, per il bruciore si tenevano sotto le braccia.

Allora la cattedra poggiava su una alta pedana e quando lei scendeva la guardavamo con ansia.

Un giorno una madre venne a parlare con lei. Si incontrarono nel corridoio. La madre vociava perché sua figlia era rimasta più di mezz'ora in castigo e lei non approvava questi metodi. La maestra rispose solo:  - Si accomodi e non venga più a disturbarci!".

La madre non ritornò più ma la figlia fu controllata a lungo e sempre con le punizioni. Ai genitori non si poteva riferir niente "Perché la maestra ha sempre ragione".

Un giorno lesse un mio componimento. Disse subito: - Io conosco le mie pecore! Questa non è farina del tuo sacco!" Io alzai la mano per dirle che era stato scritto da me. Mi rispose che forse avevo ragione doto che mio padre era un muratore. Poi perché l'avevo contrariata mi prese per l'orecchio torcendomelo e mi mandò in castigo all'angolo.

Nonostante i suoi comportamenti le volevamo molto bene. Era per noi la maestra "più migliore" delle Scuole Nuove. Dal punto di vista didattico si prendeva  molta cura dei suoi alunni soprattutto di quelli un poco "indietro che vanno a passo di gambero".

LAURA ANGIUS

I cinque anni della scuola elementare hanno rappresentato per me un periodo di serenità.

Andando indietro nel tempo con la mente, posso affermare che, noi alunne della classe, ci sentivamo privilegiate non solo perché avevamo un'insegnante giovane e bella, ma anche perché attuava una metodologia innovativa in un periodo in cui i maestri facevano uso di punizioni corporali. Sapeva mantenere la disciplina trasformando la scuola del leggere, dello scrivere e del far di conto in attività interessanti, dando ampio spazio alle conversazioni per chiarire i contenuti dei testi, per conoscere, per conoscerci.

Ringrazio la mia insegnante Anna Santandrea che mi ha aiutato a porre le basi della mia formazione intellettuale e morale.

Per noi era una seconda madre e, come tale, riusciva a percepire i nostri problemi.

Io ero magrina, gracilina e la signora Santandrea aveva contattato mia madre affinché, dopo la lezione, andassi alla refezione, nello scantinato della scuola per stimolare il mio appetito.

foto classe

Primavera 1952 - La prima elementare dell'insegnante Anna Santandrea fotografata sui gradini della scuola.

Il giorno in cui la maestra era di turno alla mensa io mi recai con il tovagliolo portato da casa, mi sedetti e iniziai a mangiare la minestra.  Ho il ricordo disgustoso del cucchiaio che sapeva di ferro e mi rifiutai di mangiare.

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