Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
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L'etica del sacrificio non paga mai

Post n°7 pubblicato il 04 Febbraio 2008 da middlemarch_g
 

Facendo una rapida sintesi dei recenti commenti mi pare che si delinei all’incirca questo scenario.

Ci sono due possibilità, che taglio con l’accetta per comodità dialettica:

  1. Se sei libero, indipendente, senza figli, non accompagnato, o comunque accompagnato da qualcuno con lo stesso grado di estrema autonomia mentale, allora sei moralmente e socialmente autorizzato a vivere la tua vita on the road senza tetto né legge, una donna in ogni porto, più tutti i topoi classici che si alimentano di una certa letteratura da Kerouac in giù, del tipo vivi-sempre-come-se-oggi –fosse-l’ultimo-giorno-della-tua-esistenza, la famiglia è una camera a gas, non sopporto i legami, lasciami libero di vivere la mia vita, non sei mica mia madre, no?
  2. Se invece sei sposato o legato in maniera canonica e in più magari hai anche dei figli, allora l’unica alternativa plausibile è: niente sesso, niente moto (se ce l’hai, o l’hai avuta, e se in passato ha rappresentato qualcosa di davvero arrapante per te), niente uscite infrasettimanali,  niente vita sociale, sabato all’Ipercoop, e acquisto obbligato di una station wagon (io infatti mi domando spesso come sia sopravvissuta la mia generazione senza che i nostri genitori avvertissero la necessità di acquistarne una, anche tenuto conto che, al di là delle diverse possibilità economiche, il mercato all’epoca mostrava un’assoluta mancanza di sensibilità circa la rilevanza di questo prodotto. Non era ancora venuto il tempo in cui un battaglione di copy writers dell’esercito della salvezza ci rendessi consapevoli del fatto che non si può avere una famiglia – e famiglia è un concetto da intendersi: un qualsiasi numero di persone superiore a due - e non comprarne una. Dio benedica i pubblicitari che allargono il raggio delle nostre vedute). Insomma quel genere di lifestyle che una decina di anni fa  Ligabue aveva efficacemente sintetizzato nell’epigrafe: vivo, morto o X (sei un po’ nervoso ed un motivo ci saraàà)

La mia perentoria affermazione  – perentoria e provocataria, lo ammetto, anche perè io figli non ne ho – è la seguente: ragazzi, siate consapevoli che esistano vie di fuga alternative, e che se scegliete di non percorrerle, è affare vostro, non delle contingenze astrali.

È possibile che non possiamo prendere in considerazione l’ipotesi che l’opzione A e l’opzione B siano solo  spaventosi canyon scavati dal  luogo comune, e  in cui ci rifugiamo per comodità e perché ci risparmiano il lusso di ricavare un percorso personale e alternativo?

Non sarà che è solo più facile pensare che una famiglia tradizionale imponga sacrifici di sangue umano e l’amputazione parziale della personalità solo perché alimentare il desiderio è bello ma faticoso? Non sarà che alla fine ridursi allo stremo delle forze in nome della famiglia, e in conseguenza di ciò ritrovarsi a fare un uso grammaticalmente passivo della vita, è pur sempre un modo per scampare le responsabilità che abbiamo verso noi stessi?

Parliamoci chiaro: per tanti la famiglia è un alibi per tirare i remi in barca, arrancare verso i quarant’anni, e quel punto poter dire serenamente: quello che è fatto è fatto. Più di così dove vuoi che vada?

È tutto lecito, sia chiaro. Come sempre, basta esserne consapevoli, e non incolparne le tortuose irrequietezze del destino.

 
 
 
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Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

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