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Docenza neonatale

Post n°465 pubblicato il 16 Marzo 2009 da middlemarch_g
 

baby

Pensavo ai criteri di valutazione di una scuola. Perché fino a quando siamo bambini o adolescenti, vabbè, la scuola non la scegliamo e non dipende da noi. Ci teniamo quella in cui ci iscrivono, e a meno che proprio non succedano cose terribili, ci tocca arrivare fino in fondo tra quelle 4 mura. Del resto arrivare fino in fondo è una cosa obbligatoria per legge, per cui, muti.

Da adulti invece è diverso. Quando decidi di imparare qualcosa di nuovo puoi scegliere tu. Almeno auspicabilmente. La scuola che ho scelto io mi è piaciuta fin dall'inizio perché ha sede in un posto che ti riconcilia col mondo. Ci sono montagne, un fiumiciattolo limaccioso pieno di oche cinerine, e un edificio neoclassico dove andiamo a sentire le lezioni. In giardino c'è perfino un tempietto a pianta centrale. Una delizia.

Come se non bastasse, appena fuori dalla scuola c'è una pasticceria che si chiama Il Monaco, vai a sapere perché. Fanno una cornetto speciale con la crema al centro, che è la cosa più vicina all'idea platonica di cornetto che mi sia mai capitato di mangiare in vita mia. In più, la pasticciera è sensitiva. Non è che lo dichiari esplicitamente, ma io l'ho capito benissimo la prima volta che ci sono andata, e lei, semplicemente dandomi uno sguardo di sfuggita mentre mangiavo la mia idea platonica di cornetto, mi ha detto: lo facciamo senza burro, solo grassi vegetali. Quindi - ha alluso melliflua - te ne puoi mangiare tranquillamente anche due. Credo che l'avrei fatto lo stesso. Ma con quel tipo di apostolica assoluzione preventiva me lo sono goduto il doppio.

Ma non è da questo che ho capito che si trattava della scuola fatta per me, no. E' stato sabato mattina, quando in aula ci hanno portato una bambina di due mesi. Viva. Sveglia, a tratti. In altri momenti ronfante che era una bellezza. In entrambi i casi splendida e perfetta. Anche lei, un'idea platonica di bambina. Va detto che i bambini a quell'età sono tutti idee platoniche, o incarnazioni viventi dell'idea di perfezione. Poi si guastano crescendo. O meglio: è crescendo che li guastiamo. Loro verrebbero su benissimo se non gli facessimo trasfusioni di minchiate per anni e annorum fino a riempirgli la testolina di idee bacate, preconcetti, minima e moralia, paure, proiezioni, restrizioni, inibizioni, e alti valori di riferimento tipo Dio, Patria, e Famiglia. 

L'hanno portata per farci vedere coi nostri occhi una cosa che si legge sui libri di psicologia dello sviluppo ma che tende a restare fredda e molto concettuale finché non la vedi in atto. L'indifferenziazione. La fase della vita di un neonato in cui lo sviluppo embrionale della sua coscienza non conosce il senso del limite e si tiene ben distante dallo steccato dell'identità. A quell'età non c'è differenza tra tu e io. Non c'è qui finisco io e lì cominci tu. C'è un organismo che si percepisce in unità con la madre e con quello che lo circonda. Ed è totalmente aperto all'accettazione di ogni possibile realtà. Una creatura senza filtri cognitivi, emotivi, strutturali, psichici, o fisici. Pura essenza. Pura esperienza. Quello che c'è dentro di lei e quello che c'è fuori di lei non hanno ancora cominciato a darsele di santa ragione per sanare medioevali conflitti. Non s'è ancora scatenato l'armageddon fra Ciò che E' Bene Provare e Ciò che E' Male Provare, conflitti a seguito dei quali una parte della tua energia vitale finirà schiacciata sotto i tacchi dell'inconscio, dove rifiuterà di starsene tranquilla, e da dove si farà un dovere di rovinarti la vita restando sempre molto al di fuori della portata della tua consapevolezza e quindi della tua possibilità di gestire e risolvere il problema.

Insomma ho pensato: una scuola dove mi portano questo splendore di bambina come materiale didattico invece di farmi studiare due capitoli, be', c'è poco da fare: è la scuola che cercavo.

 
 
 
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Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

Samuel Beckett

 

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