Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
 

 

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Con l'auspicio di non diventare così

Post n°496 pubblicato il 27 Aprile 2009 da middlemarch_g
 

Non so bene esattamente perché, ma la Levi Montalcini non mi è mai stata particolarmente cara, per cui non è da escludere che quando l’ho vista ieri da Fazio fossi leggermente prevenuta. Ho fatto lo sforzo di ascoltarla, ma resto della mia opinione: parla di cose che mi inquietano.

Per esempio, a un certo punto ha detto che lei ha l’abitudine di dormire non più di 3 ore per notte – e vabbè, a cent’anni suonati non ti puoi aspettare che si faccia di acido lisergico con gli amici fino alle 5 del mattino e poi si alzi alle 3 del pomeriggio chiedendo un cappuccino e due briosche – ma soprattutto che l’ultima cosa che pensa prima di addormentarsi è quello che dovrà fare il giorno dopo. Perché è impegnata, impegnatissima. Fondazioni di qua, beneficienza di là, non ha un attimo di requie. Ora è chiaro che la cosa in sé è apprezzabile, e finché la diverte e la tiene impegnata, sarà probabilmente giovevole anche per  la sua salute. Però per essere il carnet di un’ultracentenaria a me sembra piuttosto carico,  senza contare che avverto un’ansia di retrogusto calvinista nel mostrare che si può arrivare alla sua veneranda età senza mai fermarsi un attimo. Come se l’atto di fermarsi in sé costituisse una resa abbastanza disdicevole e una cosa che le persone perbene non fanno. Ora io mi domando: ma se nelle tue condizioni ancora non hai il diritto di sederti a non fare un cazzo tutto il giorno per riflettere sulle implicazioni della tua fruttuosa esistenza, quand’è esattamente che lo puoi fare? E’ così disdicevole sedersi a pensare? Mettersi buoni da una parte con un tè a non fare niente se non godere della potenza dell’attimo presente, della gioia dell’essere qui e ora, della profonda consapevolezza della propria esistenza? Una cosa che secondo me nella vita si fa semmai troppo poco, e che peraltro è assai sana a tutte le età, non necessariamente a 100 anni.  Ritengo probabile che le condizioni di salute del pianeta sarebbero parecchio più salubri se tanta gente invece di fare, fare, fare e fare ancora, si mettesse un attimo buonina a cercare di capire cosa vuol dire essere. Così, tanto per cambiare.

Lì dove però mi sono veramente indisposta è quando l’ho sentita partorire questa cosa qua. Ha detto così: la maggior parte dei problemi dell’umanità sarebbero risolti se solo trovassimo il modo di eliminare l’emotività. Non la passione, che è un prodotto dell’area corticale superiore del cervello, ma l’emotività, connessa invece con il sistema limbico, la zona più arcaica e primitiva del sistema nervoso. Io non so come la pensate voi, ma personalmente in tutte le occasioni in cui sento spalancare per l’ennesima volta questi fetenti tombini platonici mi incazzo come una biscia. Penso sempre: ma ancora qua stiamo? Ancora a raccontarci queste puttanate sulla superiorità della neocorteccia sul sistema limbico? Della razionalità versus l’istinto?  Ma Dio bonino, se il cervello è fatto di corteccia superiore E di altre parti che sono invece più connesse alla nostra reattività istintiva, chi è che stabilisce che una deve essere superiore all’altra, tanto più che in termini evolutivi è la neocorteccia l’ultima arrivata, e quindi a stretto rigore semmai quella che avrebbe più bisogno di fare gavetta?  In ogni caso, sempre in termini strettamente evolutivi, se la Natura ci ha lasciato in dotazione l’emotività perfettamente attiva facendo scomparire invece, che ne so, la coda e il 90% dei peli  che ricoprivano il corpo, non sarà che forse coda e peli sono effettivamente sacrificabili mentre il sistema limbico e l’emotività magari servono ancora a qualcosa? Intendo proprio evolutivamente. Ora sia chiaro che questa potente illuminazione non è mica mia, ci mancherebbe. Ci sono parecchi neuroscienziati accademicamente titolati che ormai lo dicono da diverso tempo. Le emozioni servono. Non sono il ricamino di merletto che decora l’abito della nostra coscienza che impiccia e non scalda. Sono strutture empiricamente funzionali alla sopravvivenza. Che poi al limite potremmo anche lasciar perdere le neuroscienze e farci questo discorso a livello di puro buonsenso, un ingrediente che come lamento spesso è abbastanza assente da tanta programmazione di ricerca con pretese di assoluta scientificità, e non se ne capisce il motivo. Ma voi ve la immaginate una vita senza emotività? Riuscite a credere che potreste esserne appagati? Vi convince un ragionamento secondo cui l’emotività è una scoria arcaica della vostra coscienza di cui potreste serenamente fare a meno e che impedisce alla razionalità di rifulgere nel pieno della sua potenza? Perché a me fa venire i brividi.

Insomma sarà un premio nobel, non discuto. Però secondo me all’occorrenza dice anche delle solenni stronzate. Con licenza parlando.

 
 
 
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Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

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